Sidney Bechet

….”un solitario, un battitore libero che preferì le esibizioni da solista “….

Antonio de Robertis

 Nato a New Orleans nel 1897, Sidney Bechet apparteneva alla stessa generazione di Armstrong ed era, almeno apparentemente, accomunato dallo stesso destino, segnato dalle origini umili.

Armstrong l’aveva sovvertito grazie a un evento negativo, ribaltato a suo favore da circostanze favorevoli. Bechet fu invece salvato dallo spirito d’indipendenza, che lo spinse a uscire dal ghetto e ad avventurarsi, per anni, in viaggi ininterrotti nei quattro angoli d’Europa.

Di lui così ha scritto Charles Delaunay: “Contrariamente alla maggior parte dei grandi musicisti di jazz, Sidney Bechet fu un solitario, un battitore libero che preferì le esibizioni da solista per non essere schiavo di un capo orchestra, conservare la libertà d’azione e appagare la propria smania di viaggiare.”

Si unì a compagnie di rivista come musicista e attore; suonò il clarinetto e il sassofono nei luoghi meno battuti dai jazzmen; una volta, persino a Buckingham Palace, ma fu anche processato, imprigionato e a volte espulso dai paesi in cui si trovava.

Negli anni Trenta tornò negli Stati Uniti e cominciarono a conoscerlo anche i critici e i colleghi; ma la nascita del bebop e l’affermazione della nuova generazione, con Charlie Parker in testa, lo spinsero a pensare che per uno come lui, così legato alla tradizione, non ci fosse più posto. Così, nel maggio 1949 tornò in Europa, esattamente a Parigi, per partecipare a un grande festival del jazz organizzato da Delaunay alla Salle Pleyel.

Con suo sommo stupore, perché intimamente convinto di essere un musicista comune, la sua esibizione fu invece un trionfo: il “la” alla parte più fortunata della sua carriera.

Oggi possiamo dirlo: gli anni Cinquanta, per il jazz in Europa, furono gli anni di Sydney Bechet.

La deliziosa Petite Fleur, elegante e “fiorita”, uno dei suoi pezzi forti, è stato il primo caso di hit jazz, la prima composizione del genere a piazzarsi ai primi posti della Hit Parade; precisamente, fu la settima assoluta del 1959.

Quando uscì la graduatoria dell’anno, Bechet era già morto, da pochi mesi.

A consuntivo, può essere considerato uno dei più grandi clarinettisti e sassofonisti dello scorso secolo. Seppure nato nella città considerata come la culla del jazz, possiamo considerarlo nostro, europeo; e non solo perché, in una sorta di ritorno alle radici, ha chiuso l’esistenza in Francia. Come interprete, infatti, Sidney Bechet è un caposcuola dallo stile unico, assolutamente inconfondibile, che unisce la ruvidità dell’emissione del suono alla fluidità del fraseggio. Seppure figlio del sud rurale statunitense, aveva innata, nel sangue, l’eleganza delle origini francesi; ma il suo vero tratto distintivo di esecutore era il “vibrato”, soprattutto evidente, marcato, nei brani in cui lo strumento solista è il sax soprano, dal timbro che ricorda il canto di una voce femminile. Le note allora suonano come un’invocazione quasi commovente, come nel caso, appunto, di Petite Fleur.

Purtroppo, non c’è traccia di esecuzioni live di questo gioiello. Dunque, bisogna accontentarsi di ascoltare guardando una foto di Bechet, ma l’emozione che le note ci trasmettono è la ricompensa più bella per la nostra disponibilità.

Petite Fleur

Woody Allen, che è anche clarinettista di talento, ha inserito un’altra splendida perla della collezione Bechet, Si Tu Vois Ma Mère, nella colonna sonora di uno dei suoi film più belli e suggestivi: Midnight in Paris, commedia sofisticata, intessuta di fantascienza. La sequenza commentata dalla musica di Bechet, priva di attori e dialoghi, è una lettera d’amore per Parigi. 

Gli ingredienti per restare coinvolti ci sono tutti: il fascino della Ville Lumière esaltato dall’occhio della cinepresa diretta da Allen, le origini francesi di Bechet, la voce vibrante del suo sassofono soprano.

Anche di Si Tu Vois Ma Mère non esistono esecuzioni dal vivo, ma ce n’è una che accompagna un breve giro, per immagini,  in una delle città più belle del mondo: il posto ideale per decretare il successo definitivo di uno dei jazzisti più importanti del Novecento. Paradossalmente, il più europeo fra i nati nel profondo Sud.

Si Tu Vois Ma Mère

Paradosso nel paradosso, Sidney Bechet, il musicista più indipendente e refrattario al lavoro di gruppo in orchestra, è quello che più di ogni altro ha influenzato Ellington, probabilmente il band leader più importante, che a lui deve molto, in termini di senso dello swing e gusto per il fraseggio elegante. Diciamo pure, europeo.

Per commenti, precisazioni ed interventi potete utilizzare il “Lascia un commento” a piè dell’articolo, o scrivere alle e-mail info@lavocenews.it della redazione o direttore@lavocenews.it, per seguirci su facebook potete mettere cortesemente il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivervi al gruppo lavocenews.it grazie.