Storia della commemorazione dei defunti nel mondo
Oggi, 2 novembre si commemorano i nostri defunti in tutto il mondo cristiano-cattolico. È una ricorrenza della Chiesa latina celebrata il 2 novembre di ogni anno. L’origine risalirebbe a un rito bizantino antichissimo, dedicato appunto ai morti
Rocco Michele Renna
“Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Dalla Bibbia, Sapienza, 3, 2-3”
Oggi, 2 novembre si commemorano i nostri defunti, la commemorazione di tutti i fedeli defunti, “in latino: Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum”. Comunemente chiamata giorno dei morti, è una ricorrenza della Chiesa latina, celebrata il 2 novembre di ogni anno. L’origine risalirebbe a un rito bizantino antichissimo dedicato appunto ai morti, che si celebrava in un periodo diverso, compreso tra gennaio e febbraio.
Nella storia della Chiesa la prima celebrazione di questo tipo risale al 998 d.C., quando l’abate benedettino Sant’Odilone di Cluny decise che quell’anno le campane dell’abbazia per la prima volta suonassero con rintocchi funebri in memoria dei defunti.
Da Cluny il rito si diffuse in tutta la Chiesa cattolica, la festa sarà riconosciuta ufficialmente solo nel XIV secolo, venne chiamata col nome latino di Anniversarium Omnium Animarum. Da allora in avanti ogni anno il 2 novembre si ricordano i defunti e si vanno a trovare nei cimiteri i propri cari scomparsi.
Il fiore tipico di questa solennità è il crisantemo, il cui significato però esula dalla morte, anzi ha una connotazione positiva, essendo simbolo di gioia e vitalità. In gran parte dell’Asia, infatti, vengono usati per i matrimoni e le più importanti celebrazioni.
Si è diffusa l’usanza di portarli al cimitero perché sono in piena fioritura in questo periodo e poi perché vengono associati alla pace: in tal senso vengono portati ai propri cari estinti augurando loro pace, intesa come fine della sofferenza e resurrezione.
In tutta Italia, esistono modi molto diversi per “festeggiare” questa ricorrenza, in alcune zone la notte tra l’1 e il 2 novembre molte persone mettono in cucina un vaso di acqua fresca per far dissetare i morti, oppure, si lascia un lume acceso un secchio d’acqua e un po’ di pane.
In altre zone, le campane suonano per richiamare le anime e entro casa viene lasciata una tavola apparecchiata e il focolare accesso per “rifocillare” i defunti. Si preparano fave secche e castagne bollite
Gli Americani hanno stravolto una tradizione di tanti anni fa, la notte del 1° novembre, i bambini si recavano di casa in casa, come ad Halloween, per ricevere il “ben dei morti”, ovvero fave, castagne e fichi secchi. Dopo aver detto le preghiere, i nonni raccontavano loro storie e leggende che incutevano paura. Altro che “dolcetto o scherzetto” ed eventualmente vandalizzare la proprietà del malcapitato.
Così in molte altre zone d’Italia il principio era di preparare dolci e cibarie per i morti o per i bambini.
In Abruzzo, oltre al tavolo da pranzo apparecchiato, si lasciano ancora oggi tanti lumini accesi alla finestra quante sono le anime care. Ma un tempo era anche tradizione scavare e intagliare le zucche e inserire una candela all’interno e usarle come lanterne, proprio come ad Halloween.
A Roma la tradizione voleva che il giorno dei morti si tenesse compagnia ad un defunto consumando un pasto vicino alla sua tomba.
In Sicilia il 2 novembre è una festa con molti riti per i bambini. Se i più piccoli hanno fatto i buoni, riceveranno dai morti i doni che troveranno la mattina sotto il letto: si tratta di giochi ma soprattutto di dolci, come i pupi di zucchero (le bambole di zucchero).
Si preparano anche gli scardellini, dolci fatti di zucchero e mandorle (o nocciole) a forma di ossa dei morti e si mangia la frutta martorana, fatta di pasta di mandorle colorata. I risultati sono davvero incredibili e le vetrine delle pasticcerie uno spettacolo da vedere.
Nel resto del mondo “el Día de Muertos” messicano è diventato patrimonio dell’umanità il 7 novembre 2003. Il film d’animazione Disney “Coco”, ad esempio, si svolge proprio durante questa festa!
In America Centrale e Latina nel giorno dei morti, oltre alla consueta visita dei cimiteri, si addobbano le tombe con fiori, e vi si depositano giocattoli (nel caso in cui il defunto sia un bambino) o alcolici.
In alcune abitazioni è ancora consuetudine preparare l’altare dei morti davvero suggestivi e colorati. L’altare è arricchito con immagini del defunto, una croce, un arco e incenso.
Come abbiamo potuto leggere il ricordo dei nostri cari, anche se cambia la forma, è sostanzialmente uguale in quasi tutto il mondo. La cosa strana dell’essere umano è che da vivi litighiamo e poi li commemoriamo da defunti. Sarà ipocrisia?
“𝑸𝒖𝒐𝒅 𝒕𝒖 𝒆𝒔 𝒆𝒈𝒐 𝒇𝒖𝒊, 𝒒𝒖𝒐𝒅 𝒆𝒈𝒐 𝒔𝒖𝒎 𝒆𝒕 𝒕𝒖 𝒆𝒓𝒊𝒔” (ndr. Quel che tu sei anch’io lo fui, quel che io sono anche tu lo sarai). Iscrizione all’esterno della chiesa/cappella funeraria ducale “Santa Maria del Suffragio” della mia città (Gravina in Puglia), eretta a partire dal 1649, per la celebrazione di messe in suffragio delle anime del Purgatorio, dai duchi di Gravina Ferdinando III Orsini e sua moglie Giovanna Francipane della Tolfa, genitori di papa Benedetto XIII.
In effetti tanta gente non pensa che un giorno non saremo più fra i vivi, siamo di passaggio su questo mondo, la bara è come il bozzolo della farfalla che un tempo strisciava sulla terra come il bruco e dopo si libera nell’aere con le ali dello spirito per raggiungere l’Altissimo, per i credenti, o la serenità per gli atei
Lo scrittore Renzo Paternoster scrive così sui social: “Si nasce… e si muore… nell’intermezzo, se non siamo disposti ad amare, almeno non odiamo!”
E noi aggiungiamo che nessuno muore veramente finché vive nel cuore e nel ricordo di chi lo ha amato in vita: ricordiamoci sempre di chi ci ha preceduto, perché ci aspetta nelle braccia del Signore, dove riposa in pace.
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