Strane verità sul Covid
Da quanto girava in Italia prima che fosse scoperto?
GP
Un vecchio e saggio proverbio recita: “L’unico vero galantuomo è il tempo”. Il galantuomo non mente, dunque, solo col tempo si accerta la verità. Meno probabile riuscirci nell’immediato. Se vogliamo dire la stessa cosa in maniera appena più forbita dobbiamo ricordare che la storia non si scrive il giorno dopo. ci vuole il decorso di diverso tempo per acquisire le verità storiche che l’immediatezza dei fatti tende a confondere per influenze di parte.
Ed un minimo di tempo c’è voluto per avvicinarci alla verità,ma non è detto ancora che siamo in possesso di tutta la verità sul Covid e l’Italia.
Ricordo benissimo che ai primi di febbraio del 2020 il Covid era ancora una “cosa cinese”, non ben definita nella sua pericolosità, che sperimenteremo sulla nostra pelle e che tanti fratelli, troppi. non potranno più raccontare.
Ricordo perfettamente che il quell’avvio di febbraio presentammo il giornale ai colleghi ed al pubblico e di Covid. mascherine, distanziamento nessuno immaginava assolutamente nulla.
Man mano che il tempo è passato abbiamo imparato a fare i conti con questo virus micidiale, altro che poco più di un’influenz,a come ci avevano detto all’inizio. Ma mentre credevamo di aver scoperto ed identificato a Codogno il paziente uno, collocando temporalmente tra il 18 ed il 19 febbraio i primi contagi, col tempo, a ben riflettere mica tanto poi, anche se il 2020 è l’anno psicologicamente più lungo a mia memoria, scopriremo che prima che il virus fu testato a dicembre in un bambino nel milanese, ora che il paziente uno potrebbe essere una donna milanese di 25 anni a cui il 10 novembre fu fatta una biopsia della pelle per una dermatosi atipica.
La scoperta è stata pubblicata sul British Journal of dermatology dai ricercatori guidati da Raffaele Gianotti, dell’Università Statale di Milano, che hanno scoperto il caso.
Giannotti ci spiega che “Sulla base di quanto osservato in questi mesi sui malati di Covid che presentavano lesioni cutanee, mi sono chiesto se non fosse possibile trovare qualcosa di simile prima dell’inizio ufficiale della pandemia. Ed effettivamente lo abbiamo trovato negli esami istologici fatti su alcuni pazienti nell’autunno del 2019.
E’ il caso della giovane donna milanese che manifestò solo lesioni cutanee ed un lieve mal di gola. La sua biopsia, eseguita il 10 novembre, ha mostrato la presenza di sequenze geniche dell’Rna del virus SARSCoV2, ‘le impronte digitali’ del Covid-19 nel tessuto cutaneo. La paziente, contattata successivamente, ha riferito l’assenza dei sintomi dell’infezione da Covid-19, la scomparsa delle lesioni sulla pelle ad aprile e la positività degli anticorpi anti SarsCoV2 nel sangue a giugno 2020.
E’ lo stesso Giannotti a mettere un freno alle certezze che scaturiscono dalla sua ricerca scientifica documentata: “è dunque il caso documentato a livello scientifico più antico della presenza del SarsCov2 ma probabilmente, continuando a cercare, lo troveremmo anche su campioni di ottobre 2019″.
Inutile piangere sul latte versato e recriminare oggi sulla lentezza con cui si è compreso che avevamo in Coronavirus sgradito ospite in Italia da tempo. Ci siamo affannati a trattare i casi esplosi a Codogno come l’unico focolaio da contenere e non era così. Anzi il virus sembra aver avuto almeno quattro mesi, ma forse più. a disposizione per diffondersi a macchia d’olio dato che chi era infetto non lo poteva sapere assolutamente, perchè nessuno lo cercava.
Però la lezione dovrebbe servirci per il futuro: la ricerca scientifica, soprattutto in tema di salute e prevenzione di epidemie va potenziata senza badare a spese. Ne va della sopravvivenza di noi tutti. E non è una bella cosa che dal Paese che ha avuto le prime drammatiche esperienze in materia non sia venuta per tempo una parola di allarme. Certo col senno del poi siamo tutti bravi, ma penso a quanto dolore e morti si sarebbero potuti evitare solo che la Cina avesse avvertito il mondo per tempo e non tenuto tutto nascosto arrivando allo scempio di condannare i colleghi cinesi che ne hanno scritto e parlato, come pure il giovane medico infettato che ne fece menzione e perse la vita.
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