Suoniamo il colore

Quarto appuntamento, divenuto una rubrica fissa del giovedì mattina per la Terza Pagina de La Voce News, con un articolo in esclusiva dell’eccelso flautista Roberto Fabbriciani (in foto di copertina, in un concerto per il Festival dell’Accademia Chigiana).

Roberto Fabbriciani

In un pomeriggio di maggio, a Milano, passeggiavo nel centro città dopo una prova al Teatro alla Scala. Era il 1969. Non avevo una meta precisa, solo distrarmi, desideroso di conoscere quella città fascinosa che ancora mi era poco nota. Vedo un capannello di persone all’ingresso di un bel palazzo. Incuriosito mi avvicino e, d’istinto, mi unisco a loro, quasi per gioco. Le persone entrano ed io con loro. Saliamo una elegante rampa di scale e, in un ingresso, ci accoglie una giovane signora sorridente in divisa scura che ci invita ad entrare. Subito un grande quadro pieno di colori attira la mia attenzione. A sinistra e a destra sale illuminate con tanti altri quadri, una mostra dedicata ad un’artista contemporaneo. Ero molto impressionato da tutta la situazione, rapito fissavo il quadro, affascinato dal gioco dei colori senza chiedermi chi fosse l’autore. Nel frattempo tutte le persone si erano sparse nelle varie sale e sempre più lontano mi giungeva il brusio delle loro voci. Rimasto solo, senza distogliere lo sguardo da quello che ormai era il “mio quadro”, apro la custodia che avevo sottobraccio e comincio a suonare il flauto. Suonavo leggendo il quadro come se fosse una partitura. Mi sentivo guidato da quei colori, dal loro intersecarsi, dal loro riaprirsi creando immagini fantastiche che io traducevo in suoni. Non so dire per quanto tempo ho suonato, ricordo solo il silenzio intorno a me improvvisamente rotto da un applauso che mi riporta alla realtà. Un signore distinto mi stringe la mano, era Pietro Consagra, autore del quadro. Io imbarazzato, volevo giustificare la mia intrusione, il Maestro non mi fa parlare, si complimenta e mi ringrazia. Anni dopo ho ricevuto, molto più in piccolo, un omaggio somigliante a quel quadro che tanto mi aveva colpito in quel tiepido pomeriggio milanese. Sul quadro la seguente dedica “a Roberto Fabbriciani – flauto”.

La musica è suono e, tuttavia, il supporto privilegiato del fare musica e del tramandare un’idea musicale è la partitura. Nella tradizione colta suonare è anche interpretare un segno. Il timbro è il colore di uno strumento ed è una delle caratteristiche del suono.  Il suono è pieno di colori, di sottili nuance, di infiniti universi: il suono diventa colore e il colore diventa suono. Vassily Kandinsky abbinava il blu, che è il mio colore preferito, al suono del flauto, e anche i musicisti futuristi, nel loro delirio innovativo e nel loro sfrenato antiaccademismo, parlavano di suono giallo. Identificare ed esprimere i colori, le luci, le ombre, le forme con i suoni ha interessato ed affascinato molti compositori ed interpreti. E’ un esercizio creativo ed è un invito alla libertà. Nel mio percorso artistico quello “strano” incontro con il Maestro Consagra, è stato un punto di partenza a cui sono seguite altre esperienze di interazione con grandi artisti figurativi. Ho lavorato con Emilio Vedova, con Alberto Burri di cui ho interpretato il “Viaggio” e il “Cretto”, con Gabriele Amadori. Nelle nostre performance Gabriele dipingeva ispirandosi alla musica che io suonavo, a mia volta ispirato dal suoi colori e dal suo gesto pittorico. Sinergia delle arti, non certo una novità pensando a Richard Wagner, ma sicuramente un esaltante e coinvolgente modo di vivere e comunicare l’arte.

Un pensiero affettuoso all’artista, mio caro e stimato amico Daniele Lombardi, scomparso nel 2018. Con Daniele, compositore, pianista e pittore, esperto conoscitore ed estimatore del futurismo musicale, abbiamo realizzato concerti, registrazioni e performance in musei, all’interno di mostre, in piazze e in luoghi unici. Un percorso in direzione del suono, del segno, del gesto e della visione, sempre in una comunione d’intenti, in una sinergica vibrazione.


Daniele Lombardi Circonvoluzione 1 (particolare)
Daniele Lombardi Circonvoluzione 2 (particolare)

 Ricordo il fantastico universo visivo-sonoro della pittografia musicale del grande compositore Sylvano Bussotti e del più giovane Luigi Esposito. Già negli anni sessanta, Earle Brown e John Cage, con il quale ho avuto straordinarie occasioni di collaborazione, avevano teorizzato una metafora dello spazio per la quale il progetto grafico di una composizione poteva essere considerato una mappa immobile con un suo valore visivo autonomo rispetto al successivo percorso temporale del suono. La consapevolezza di questa poetica che progetta e valorizza la duplice dimensione esecutiva – libera e coatta – svela aspetti semantici molto diversi. Il risultato sonoro rappresenta una sintesi tra determinazione e indeterminazione. Un percorso offerto all’esecutore che realizza il rapporto di collisione tra calcolo e caso, tra indicazione certa e codificata e libera interpretazione di un segno grafico che rende l’esecutore improvvisatore e co-autore.