Triddhi baresi o Pizzua Pizzua o Malinfanti

Termini desueti, magari, o poco ricordati, ma tutti indicano una buonissima pietanza invernale ottenuta con un brodo di erbe ed una pasta sfiziosissima.

Maria Catalano Fiore

Cosa sto citando? Qualcosa di antico, un uso, una pietanza tipica della città di Bari più tradizionalista, ma anche diffusa, con vari nomi, in altre zone italiane.

Qualche giorno fa un amico, Biagio, mi ha chiesto se nonna Camilla aveva cucinato o pensato ai Triddhi. Ovviamente non essendo pugliese pura, non ci aveva pensato, io neppure, anzi ignoravo totalmente di cosa si trattasse. Il mio amico, con calma mi ha raccontato una bellissima ed intrigante storia che io poi, da storica curiosa e golosa, ho ulteriormente verificato sui siti internet della tradizione barese e pugliese.

Uno stupendo fiore di cardo spontaneo

Nelle epoche preistoriche, “la stoc a piggh’ jà da dreta dreta…” (Ndr. tradotto: la prendo alla lontana), per gli uomini uno dei primi modi di approvvigionarsi di cibo, oltre che cacciare animali, è stato quello di raccogliere erbe e sementi per sperimentare, trattare, cucinare, in qualche modo, anche con l’ausilio del fuoco. Addirittura, l’uomo primitivo subisce la sua evoluzione, proprio quando diventa stanziale e comincia a coltivare qualcosa e, quindi, si ferma per attendere la fioritura o maturazione, essiccazione ed altro. Costruisce un riparo…

Questa è la vera origine dei Triddhi: innanzitutto, per l’uso delle erbe spontanee, o ortaggi coltivati, e poi per la produzione, la macinazione e cottura delle sementi come il grano. In questo caso pestato, impastato e cotto su pietre, da un bel po’ preparato, ovviamente, in modo diverso.

Cardi o Cardoni

I Triddhi sono, infatti, proprio un tipo di pasta, derivata da questa tecnica, preparata con semola e prezzemolo o erbette, cotta in un brodo preparato con erbe spontanee nutrienti e depurative.

Per questo motivo questo tipo di piatto era molto in uso già in epoche remote, e soprattutto in periodi post-festivi, oltre che essere usato come piatto caldo e nutriente nella stagione invernale. A questa ricetta si può associare la famosa “Minestra di verdure maritate” in uso in Campania, o del brodo di Cardi con polpettine piccolissime, in uso nel Salento.

Tralasciando ulteriori descrizioni, vediamo in cosa consiste questa pietanza tanto antica e particolare: gli ingredienti sono pochissimi, la difficoltà di preparazione praticamente nulla e il costo….adatto a tutti.

Una minestra “Maritata” campana

Ingredienti per il brodo: innanzi tutto dei cardi selvatici (i nostri territori sono pieni, attenzione alle mani!) oppure coltivati, in questo periodo, si trovano da qualsiasi fruttivendolo, un altro ciuffo di erbe commestibili, un paio di patate, una cipolla, sale q.b., per ottenere un ottimo brodo d’erbe, vegetalissimo.

Per i Triddhi, o Pizzua Pizzua o Malinfanti, come vengono chiamati in alcune zone di Abruzzo e Molise: farina di semola (non rimacinata), 1 uovo per ogni cento gr. di semola, prezzemolo tritato molto finemente, un pochino di sale, formaggio grattugiato a piacere, brodo ottenuto dalle verdure. Per la quantità regolatevi su almeno 90/100 gr. di farina a testa ed un uovo.

Ingredienti per preparare i Triddhi

Preparazione: innanzitutto mondiamo le verdure, i cardi sono spinosi, e laviamole molto bene in acqua fresca con un po’ di bicarbonato; peliamo le patate, tagliuzziamo la cipolla. Mettiamo in una pentola, con un fondo di acqua, prima le cipolle ad appassire, poi le patate, poi man mano le verdure, aggiungiamo altra acqua sino a coprire il tutto, aggiustiamo di sale, lasciamo andare a fuoco medio per un bel po’. L’olio io preferisco non usarlo, o usarlo “a crudo”, dopo, per non disperderne i benefici in acqua.

Mentre il brodo ribolle prepariamo i Triddhi: innanzitutto tritiamo finemente il prezzemolo, e teniamolo da parte.

Impasto per i Triddhi

Su una spianatoia, o in una ciotola grande, poniamo la semola “a montagnetta”, poi allarghiamola e man mano inseriamo le uova intere sbattute un pochino con la mano, aggiungiamo un pizzico di sale, ed il formaggio (se vogliamo), il prezzemolo tritato, impastiamo il tutto, se l’impasto risulta secco, aggiungiamo un po’ del nostro brodo.

panetto

Facciamone un bel panetto, poi dividiamolo in tre/quattro parti, (per semplificare il lavoro) quindi spianiamo l’impasto con il mattarello o, se l’abbiamo la famosa macchina “Imperia” per ottenere una sfoglia piuttosto spessa. Pizzichiamo quindi i Triddhi in modo grossolano e poniamoli su un canovaccio.

Pasta Triddhi pronta

Togliamo dal brodo vegetale gli ingredienti che metteremo in una bella coppa da consumare come secondo o insieme ai Triddhi.

Portiamo il brodo ad ebollizione e in quel brodo cuciniamo i Triddhi, rigiriamoli in modo che non si attacchino fra di loro, occorrono pochi minuti, appena salgono a galla sono cotti!

Cardi, pronti e serviti a parte

Questa volta sarà una pietanza davvero notevole, storica, profumata e particolarmente gustosa, senza dubbio una vera gioia per i vegetariani, ma sicuramente gradita anche ad altri commensali.

Se poi volete farne un piatto indimenticabile anche per i “Carnivori”, seguite la tradizione del Salento ed aggiungete al brodo anche delle piccolissime polpettine ottenute con macinato (anche di petto di pollo se vi piace), semola, uova e spezie.

Brodo di Cardi con Triddhi e polpettine

I vostri Triddhi in brodo di cardi e con polpettine resteranno memorabili. Parola mia, di nonna Camilla e dell’amico Biagio.

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