Tumore seno: il successo di terapie ormonali dato da RNA
La scoperta dell’IRCCS Candiolo
Lidia Petrescu
Ogni anno in Italia si registrano 55.000 nuove diagnosi di carcinoma mammario e il tipo di tumore più frequente con il 70% dei casi è il cancro con recettori ormonali positivi nel quale gli ormoni, in particolare estrogeni e progesterone, in pratica il combustibile delle cellule tumorali che ne stimolano la crescita. Dopo un intervento per le donne in post menopausa con carcinoma al seno positivo ai recettori ormonali, il passo successivo è intraprendere la terapia ormonale adiuvante. Purtroppo, nel 30-40% dei casi, la presenza dei recettori per gli ormoni non è sufficiente a garantire l’efficacia della terapia ormonale: il tumore, infatti, sembra in grado di “aggirare l’ostacolo” e di aprirsi nuove vie per proliferare, dando luogo a gradi diversi di resistenza alle cure. In questi casi, per bloccare lo sviluppo della malattia occorre quindi ricorrere anche alla chemioterapia, con i suoi temuti effetti collaterali e con un impatto importante sulla qualità della vita. Per questo è cruciale disporre di uno strumento capace di segnalare quale donna risponderà alle terapie ormonali e chi invece dovrà sottoporsi alla chemio.
“Studiando l’azione di un micro-RNA tumorale – cioè di un particolare frammento di RNA – già da tempo indagato da parte dei ricercatori per la sua capacità di regolare l’espressione di alcune proteine coinvolte nello sviluppo dei tumori, abbiamo osservato che quando esso è presente in quantità elevate all’interno delle cellule, il tumore risponde meglio alla terapia ormonale spiega Filippo Montemurro, coordinatore della ricerca clinica sui tumori della mammella. “Questa piccola molecola è inoltre in grado di rendere le cellule tumorali sensibili all’azione degli ormoni persino quando sono prive dei recettori degli estrogeni”.
L’osservazione che a diversi livelli di miR-100 corrisponde una diversa sensibilità alla terapia ormonale è stata confermata dai risultati dello studio clinico pilota Breast Cancer Project 1, nell’ambito del quale 90 donne con tumore operabile hanno ricevuto una terapia ormonale pre-chirurgica per tre settimane. “La ricerca ha mostrato che valori elevati di miR-100 sono associati ad una migliore prognosi in pazienti operate e trattate con terapia ormonale adiuvante – spiega Montemurro – tale effetto, verosimilmente, dipende dalla capacità di miR-100 di sopprimere geni coinvolti nella resistenza al trattamento e nella proliferazione delle cellule tumorali. Sulla base delle informazioni ottenute dall’analisi del tumore prima dell’inizio della terapia pre-operatoria e dopo l’intervento chirurgico è stato quindi creato un algoritmo che, tramite la valutazione combinata del livello di miR-100, dell’indice di proliferazione Ki67 e della presenza di altri geni, assegna al tumore un punteggio che ne indica il grado di sensibilità alla terapia ormonale. Una vera e propria ‘firma predittiva” di tumori ormono sensibili con buona prognosi i cosi detti “luminali A” che per ciascun paziente aiuterà a identificare la terapia più efficace”. L’analisi è eseguita sul materiale ottenuto dalla biopsia preoperatoria del tumore e quindi non implica alcun ulteriore prelievo. A seconda dei risultati la paziente potrà essere inserita in un trattamento ormonale nel periodo di attesa dell’intervento chirurgico. L’analisi sul pezzo operatorio ottenuto poi dall’intervento chirurgico permetterà di valutare l’efficacia della terapia ormonale sul blocco della proliferazione del tumore e permetterà di validare definitivamente la firma predittiva con miR-100.
A questo punto si potrà stabilire la risposta delle pazienti con tumore al seno alle terapie ormonali, aprendo così la strada alle migliori possibilità di cure personalizzate.
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