U’ Cuggne a la bares’: una istituzione
Il Fast food, oggi molto di tendenza è semplicemente un modo di consumare pasti velocemente, anche camminando, una pratica usuale da secoli e secoli, con qualche piccola curiosità. Le foto “storiche” in copertina sono state gentilmente fornite da Felice Giovine, figlio di Alfredo, uno tra i cultori del linguaggio e degli usi baresi che ringraziamo.
Maria Catalano Fiore
U’ cuggne o guggne non è una parolaccia, ma una istituzione! Una bella pagnotta ripiena, altro che fast food o altro, rappresenta da tempo immemorabile una colazione salutare, una pausa pranzo, uno spezza fame necessario per chi lavorando tutto il giorno, è costretto a cenare a casa solo la sera.
U’ cuggne non è altro che un bel pezzo di pane svuotato della mollica, poi farcito di “mmiscke” a dovere e poi tappato bene con la stessa mollica. U’ mmiscke era costituito da provolone, mortadella e quant’altro dettava la fantasia; incartato bene e vai….ad affrontare la giornata lavorativa. Certo non lo adottavano i signori in giacca e cravatta, ma non lo disdegnavano di certo, soprattutto, se a farcirlo erano delle ottime “brasciole” al ragù.
Procediamo con ordine seguendo dei miei ricordi, ed anche, delle indicazioni di Alfredo Giovine, cultore della Lingua e tradizioni baresi e trascritte da suo figlio Felice:
Da fine 800 sino alla fine del secondo dopoguerra per “Cuggne alimentare” si intendeva il pane con le “Alici du sprone” (Alici salate) con eventuale arricchimento di formaggio piccante per “Tra u Triusche” (favorire la sete di vino). U Guggne era “du cas’e ddugghie ca u preparav che tutte u sentimente a ll’acconde”. Cas’e e ddugghie, letteralmente cacio e olio, era il salumiere, panettiere che lo preparava (con amore e a regola d’arte al cliente).
Molto interessante appare (ma con lunga spiegazione) come questo termine Cuggne proviene dal termine spagnolo “Cunete”, a sua volta dal latino “Congius” (barilotto) riferito alla forma del pane ed alla sua imbottitura.
Anche in Calabria si usa il temine “Cugnettu”, in Lucania “Cugnitidd”, ecc.. Tra il 1915 ed il 1920, con lo stabilizzarsi della figura dei panificatori, prende vita l’usanza che il panettiere (anche salumiere ecc..) prepara u’ Cuggne per i suoi avventori. Il vecchio Mercato coperto di Piazza del Ferrarese, oggi riqualificato, diventa una vera “Capitale r’ Cuggne ca mmiscka, con una vera gara nel confezionare i Guggne migliori ed a buon prezzo.
U’ Guggne era destinato alla gente “di fatica”, pellegrini, pendolari, lavoratori vari che lo consumavano a grandi bocconi, per gustarlo meglio e completare con una bella sorsata di “Champagne dei poveri” ovvero l’Acqua dell’acquedotto che sgorgava, bella fresca, dalle fontanelle pubbliche dette “Cap de Firr”.
Perché questo ricordo? forse perché mi rievoca anche i Cuggni che una volta si preparavano, usualmente, per andare al mare…..per mezza giornata, altro discorso era soffermarsi sino al pomeriggio.
Anni fa, era costume, e in molte zone della città lo è ancora, la mattina, verso le sette, mandare le bambine, anche di 5/6 anni, a prendere il pane appena sfornato e il latte della Centrale. Purtroppo la Centrale del latte (in Via Orazio Flacco) non esiste più, ma quel latte era davvero buono, si consegnava il vetro del giorno prima e si ritirava quello fresco, fresco davvero, appena pastorizzato, non c’era bambino che non sollevava piano il coperchio di alluminio che sigillava la bottiglia per farne un bel sorso, cosa che magari detestava fare a casa.
Vicino casa, su via Campione, non lontano dal Policlinico di Bari, vi era un panificio-salumeria-latteria dove già di primo mattino si esplicavano vari riti: oltre al latte si ritirava il pane appena sfornato e profumato per le famiglie, con aggiunta di un paio di rosette per chi andava a scuola, un po’ di mortadella, il latte, ecc…. a volte alternando con tranci di focaccia bella calda….
Anche la rosetta con mortadella a Bari ha ancora un suo perché, non era mai solo mortadella (con pistacchi, mi raccomando), ma vi era un’aggiunta di un velo di provolone “Auricchio”, due melanzane sott’olio, due olive, e poi dipendeva dai gusti, funghetti, carciofini ….“insaporitori”, bella incartata con doppio strato e pronta per entrare in cartella, sperando di non N’zivare (ungere) niente, per affrontare la mattinata scolastica.
Dalle varie cartelle si sprigionava un odorino niente male…Io avevo sperimentato una mia tattica, appena arrivata nel mio banco, disponevo, sul sottostante ripiano, i libri da un lato, i quaderni dall’altro, al centro un vuoto per collocare degnamente la rosetta, con l’involucro appena aperto, in modo che un pezzettino per volta, con molta eleganza, lo portavo in bocca, ovviamente cercando di non farmi sorprendere dalla suora di turno. Si ahimè frequentavo una tra le scuole più esclusive di Bari e le mie compagne, avevano in cartella il “Buondì Motta” o prelevavano la “focaccina” dal distributore. Mamma ovviamente dava le 50£ sia a me che a mia sorella più piccola (detta la Callas, poiché emetteva acuti se contraddetta), ma sinceramente quelle focaccine della macchinetta, fredde, untuose, confezionate, senza odore e sapore, a volte stantie del giorno precedente rappresentavano solo uno status da puzzetta sotto il naso, non mi facevano impazzire, meglio la mia rosetta con mortadella, frittata, salame lucano o il trancio di focaccia calda che spariva velocemente….
Ma la cosa folkloristica mattutina, che mi piaceva molto, di quella bottega era, aspettando il mio turno, osservare i vari operai, infermieri, impiegati ecc… che si facevano preparare U’ Guggne. Sino ad una decina di anni fa, quasi ogni panetteria produceva un tipo di pane chiamato “Panettone” era un tipo di pane commerciale, dalla forma leggermente allungata, del peso di mezzo kilogrammo, che solitamente veniva diviso in due, era bello alto e soffice, si toglieva la mollica e si farciva: la farcitura era generalmente fatta con ingredienti commerciali “u mmisckie” ed affidata alle mani della commessa di turno, mortadella appena affettata, olive, melanzane sott’olio e quant’altro era disponibile a costi contenuti. L’interlocutorio poi era molto carino: “U’agnedd li si livat li nuzz all’auive, ci no angappn n’gann!” (Mia cara hai denocciolato le olive, potrei strozzarmi) oppure: “Uè li si pust do milingian? ma chidd bon no chidd modd modd du u’ann passat” ( hai aggiunto due melanzane sott’olio, ma buone, non mollicce perché vecchie..)” e via discorrendo: “Colin, u mest, li uè du pap russ’ o nu muers d’ prvolon Auricchio?” (Signor Nicola oggi gradisce due peperoni con un velo di provolone Auricchio?) “Sein la sor, ma no cud jiuscant ca mett secch! ( Si grazie, ma aggiungi l’Auricchio dolce, quello piccante, poi, mette sete) e via discorrendo….sino ad approdare alle mattinate in cui si spadellavano le frittate con le cipolle, o le parmigiane… Come venivano farciti bene quei mezzi panettoni e con che gusto venivano addentati, già appena fuori dal negozio, un vero tripudio di odori e folklore esclusivamente barese.
Ogni tanto, di mattina, qualche operaio mancava, ma questa assenza aveva un solo motivo, la moglie, o la mamma o la virtuosa suocera sicuramente, il giorno prima, generalmente la domenica, aveva preparato il ragù con le “brasciole “e tenute da parte un paio con relativo ragù. Allora il pane adatto era quello casereccio, tipo Altamura, con la scorza più compatta, scavato a dovere e riempito di brasciole e un po’ ragù….una vera poesia. Tanto di cappello alla brava massaia e una punta di invidia da parte di altri.
Anche u’ Guggne con la frittata aveva un suo perché e richiedeva vera arte culinaria: l’uso della cipolla bianca di Zapponeta, non quella rossa di Acquaviva, che dopo essere stata un poco a bagno, doveva essere tagliata finemente, passata in padella con un goccio di olio e uno di acqua, per appassire, poi si aggiungevano le uova appena sbattute con un pizzico di sale e uno di pepe, si lasciava andare, sino alla doratura, e poi, gli effluvi raggiungevano anche il Policlinico…. da qualche reparto, una piccola fuga era giustificabile…..
E du Guggne con il polipo lesso o al sugo vogliamo parlare?
In questo caso rasentiamo le stelle Michelin. E’ il panino fast food per eccellenza di Bari, spesso vengono da fuori per gustarlo. Rinomati i chioschi sul lungomare cittadino o “N’terr a la Lanz”, posto dove si può gustare il vero “Crudo barese” di tutti i tipi, accompagnato da pane, focaccia semplice o farcita e soprattutto da una bella Peroni ghiacciata!
Ed ovviamente degli ottimi panini al Polpo! Ma non li descrivo, venite a Bari e venite a gustarli, nessun indirizzo specifico, basta dirigersi verso il mare da San Girolamo a San Giorgio ovviamente passando da San Nicola.
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