Ugo Tognazzi l’arci-italiano
Descrivere un mattatore, dissacrante, profetico, con l’occhio lungo. Un uomo che amava la vita, godersela, le donne, il cibo e soprattutto essere circondato di amici è ben difficile. Adesso siamo tutti chiusi e bigotti.
Maria Catalano Fiore
Il 23 marzo SONO 100 anni dalla nascita di Ugo Tognazzi.
Cento anni dalla nascita di un MATTATORE ATIPICO. Un mattatore per il quale si è formata “L’Associazione Culturale Ugo Tognazzi”, associazione senza fini di lucro, con il solo intento di mantenere vivo il suo ricordo, coinvolgendo attivamente anche il pubblico. La sua sede è la “Casa Museo Ugo Tognazzi” a Velletri (Roma) email amicidiugotognazzi@gmail.com.
Ottavio Ugo Tognazzi attore, regista, comico e sceneggiatore italiano, sicuramente uno dei volti più importanti della Commedia all’Italiana, era nato a Cremona il 23 marzo 1922 e deceduto a Roma il 27 ottobre 1990 a soli 68 anni.
La sua bravura, nonostante il successo ed i premi vinti, pare la stiamo apprezzando solo adesso, solo adesso stiamo cogliendo tutta l’ironia per il mondo italiano. In occasione dei cento anni dalla nascita Ignazio Senatore pubblica un utile biografia “Ugo Tognazzi, la vita, i film, il teatro, la televisione e altro ancora”. Una rassegna precisa della sua vita e della sua carriera con una introduzione del regista Pupi Avati che lo ha diretto in uno dei migliori film sul calcio italiano: “Ultimo minuto”.
A causa del lavoro del padre, Gildo, ispettore assicurativo, vive l’infanzia in varie città per rientrare a Cremona nel 1936, dove, ancora 14 enne, comincia a lavorare come contabile nel salumificio Negroni, gli studi deve purtroppo lasciarli. Nel tempo libero recita nella compagnia del dopolavoro aziendale.
Nel 1940 viene chiamato alle armi e si dedica a organizzare spettacoli di varietà per i commilitoni. Dopo l’armistizio rientra a Cremona dove trova lavoro come archivista. Nel 1945 decide di trasferirsi a Milano dove partecipa ad un provino per dilettanti e viene scritturato nella compagnia teatrale di Wanda Osiris. I tempi però non sono più favorevoli alle compagnie di avanspettacolo, la “Divina”, dopo non molto, scioglie la compagnia. Per il Giovane Tognazzi rappresenta una gande delusione. Entra in una nuova compagnia teatrale, quella di Erika Sandri, che lo porta in giro per il Paese e lancia il suo nome.
Nel 1950 esordisce al Cinema con un film diretto da Mario Mattoli “I Cadetti di Guascogna” a fianco di Walter Chiari.
Nel 1951 conosce Raimondo Vianello con cui forma una copia comica di grande successo in Tv dal 1954 al 1959.
Il ruolo decisivo per il suo decollo fu lo zelante graduato delle Brigate nere protagonista de “Il Federale” di Luciano Salce, 1961, personaggio indimenticabile dal nome Primo Arcovazzi. Con questo personaggio Tognazzi comincia a fare una scrematura della semplice comicità da rivista ed a caratterizzare, anche pesantemente, vari tipi di italiani.
Gli anni 60 sono per lui un trionfo, bastano i titoli per accendere la memoria collettiva “La Marcia su Roma”, “L’Ape Regina”, “I Mostri”, “La vita agra”, “Io la conoscevo bene” sino al 1965, lavorerà con i più grandi registi vincendo la Palma d’Oro al Festival di Cannes, che vincerà ancora nel 1981 con “La tragedia di un uomo ridicolo” di Bernardo Bertolucci.
Nella sua carriera oltre a tutti gli altri lavori, ha al suo attivo quasi 150 pellicole, molte passate alla storia.
Nel suo straripante curriculum ci sono vere e proprie maschere entrate nel costume come il “Conte Mascetti” nella trilogia di “Amici miei”, di Mario Monicelli del 1975, con la sua “Supercazzola” metafora perfetta di un paese.
Soprattutto con Mario Monicelli e Marco Ferreri Tognazzi dissacra tutto il dissacrabile: la famiglia tradizionale, il consumismo, la società dello spettacolo, il consumismo e persino la morte.
Le nostre grandi “Supercazzole” dette tutt’ora da politici, virologi, giornalisti, opinionisti pseudo-esperti di quello o quell’altro.
Nel momento in cui va in voga la contestazione lui invece interpreta ruoli di funzionario dello Stato come nel “Il commissario Pepe” di Ettore Scola, 1969, in cui si incarna tutta l’ipocrisia della Provincia, la mediocrità condotta con misura ed ironia, altro esempio il 39enne annoiato in “La Voglia Matta”, 1962, di Luciano Salce, che si lascia irretire da una ragazzina, magistralmemte interpretata da Catherine Spack, che si rende ridicolo pur di sentirsi ancora vivo e non stereotipato nel ruolo dell’ingegnere benestante, scapolo, ma con amante, dalla vita comunque piatta.
Cosa dire poi della magistrale interpretazione nella trilogia de “Il Vizietto”, 1978, di Eduard Molinaro? Dietro la caricatura dell’omosessualità si sente una profonda tenerezza: oggi però nessuno avrebbe il coraggio di girare ed interpretare un film del genere, soprattutto con la reputazione di noto donnaiolo con famiglia allargata e vari figli.
Cinque sono i suoi film da regista ed interprete come “Sissignore” 1968, “Cattivi pensieri”, 1976 ecc… a questi si deve aggiungere la serie televisiva “Francesco Bertolazzi investigatore”, 1970 scritta da Age e Scarpelli, attivata da Tognazzi, in sei episodi.
Poi ci sono le “Zingarate” reali di Ugo Tognazzi, personaggio pubblico, in prima pagina su tutti i quotidiani, da Paese Sera in poi, arrestato come Capo delle Brigate Rosse. Riesce a coinvolgere anche Vianello e Salce, che ignari finiscono davvero in commissariato.
E’ chiaramente un falso costruito per burla che scatena i polemisti di mezza Italia. Siamo nel 1979, nel pieno degli anni di piombo, e lui, invece di trovare qualcosa sulla satira o a discolpa o di intelligente, replica candidamente ” Rivendico il diritto alla Cazzata”.
In lui uomo c’era molto della terra padana in cui era nato e in cui capitava di incontrarlo nei borghi più remoti dal salumiere o a gustare qualcosa in giro. Sua grande aspirazione e passione era cucinare ed avere tanti amici attori e registi intorno. Compra dei terreni a Velletri e vicino a lui i suoi amici, si forma una specie di “Villaggio Tognazzi” che si allarga di anno in anno.
Nella sua cucina un enorme frigorifero, a vista, zeppo di roba, un attaccamento ai piaceri della tavola e della vita. Scrive libri di cucina e dice “Ho la cucina nel sangue, certo globuli rossi e globuli bianchi, ma anche una discreta percentuale di salsa di pomodoro. Ho il vizietto del fornello. Sono malato di spaghetti e…..conosco le entrate di servizio e i cuochi dei migliori ristoranti d’Europa……L’olio che soffrigge è musica per le mie orecchie. Il profumo di un buon ragù lo adopererei anche come dopo barba. Dopo aver preparato una cena la mia più grande soddisfazione è l’approvazione degli amici commensali.”
Nel 1966 il campo da tennis di villa Tognazzi diventa sede di un torneo riservato a gente del Cinema e del Teatro, della televisione e giornalismo. Sembrava una schermaglia fra amici, poi diventò consuetudine, continuò per 25 edizioni con un ambitissimo trofeo lo “Scolapasta d’Oro”. Questo appuntamento di fine agosto diventò importantissimo come momento di aggregazione, come condivisione di spaghetti o di un bicchiere di vino.
Ambitissimi gli inviti, spesso con pernottamento nelle varie case, persino Luciano Pavarotti si cimentava, pur di mangiare prima, durante e dopo:
Renato Rascel rabbioso, Sergio Fantoni, Alessandro Haber, Raimondo Vianello con le sue frecciate e scherzi, Vittorio Gassmann, quasi un fratello con il suo stile impeccabile, Arbore, Nuti, Verdone, Luciano Salce ironico, Giuliano Gemma con tecnica approssimativa come Michele Placido, Antony Quenn e Philippe Leroy immersi nei fuochi finali d’artificio. Per una settimana tutto il villaggio diventava il suo regno. Sfide che terminavano ritrovandosi a Venezia per il Festival del Cinema.
Una vita sentimentale, di pari passo molto movimentata, come la sua carriera. Dalla love story con la ballerina Pat O’Hara nasce il primo figlio Ricky, poi all’altare, dopo una serie di relazioni con starlette straniere, sarà, nel 1963, l’attrice norvegese Margaretha Robsham. Da lei Tognazzi avrà un secondo figlio Thomas, ma sul set di “Un fischio al naso” del 1966, conosce l’attrice Franca Bettoja, che sposerà nel 1972 e dalla quale avrà due figli Maria Sole e Giammarco.
Quando Tognazzi comincia ad avvertire stanchezza e depressione, nonostante gli aiuti e la vicinanza della famiglia e degli amici soprattutto Vittorio Gassmann e Luciano Salce, la depressione avrà il sopravvento sino all’aneurisma cerebrale.
Ancora difficile tracciare un suo ritratto tanto professionale quanto privato, in questo aiutano sempre i suoi 4 figli tutt’ora legatissimi tra loro ed alla sua memoria.
Tognazzi sarà sempre universale per il suo talento satirico e perché ha sempre affermato che “Anche ridere è una cosa seria”.
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