Una granduchessa per Bari
La storia vera di una principessa, poi granduchessa russa, legata alla città di Bari.
Maria Catalano Fiore
Un bel tassello da inserire nella Storia di Bari, sulla sua Chiesa Russa, in particolare, e su una Grande Principessa, poi diventata Granduchessa, cognata dello Zar Nicola II Romanov.
Una storia emersa da non molto, secretata dopo la rivoluzione bolscevica, il primo conflitto mondiale ecc….. Una storia dal finale tragico, ma molto importante per quel che ha apportato alla Città di Bari, e al mondo, quale esempio di carità prima e santità poi.
Su suggerimento di un amico, un ritaglio di giornale con una citazione di Padre Gerardo Cioffari a tutt’oggi uno dei maggiori studiosi della storia di san Nicola, Presidente dell’Accademia di studi Nicolaiani, ubicata nel complesso della Basilica di Bari e ovviamente qualche giornata di approfondimento su fatti, personaggi e luoghi, ed il puzzle si è ricomposto.
Dobbiamo fare un passo indietro e presentare questa Principessa Elisabetta d’Assia- Darmstadt, nata in Germania (1864- 1918), diventata Granduchessa di Russia sposando il Granduca Sergej Alessandròvic Romanov, quinto figlio dello Zar Alessandro II di Russia. Anche sorella maggiore di Alex d’Assia, poi diventata Alessandra Romanov, ultima Zarina di tutte le Russie.
Leggendo le descrizioni dei contemporanei, era talmente bella da togliere il fiato, ma anche affabile, cordiale, intelligente, parlava speditamente più lingue, sempre serena e sorridente, nonostante tutto. Sino a che la vita di suo marito si spezzò tragicamente e la fa sprofondare nella preghiera. Elisabetta però, resta lucida, non si fa coinvolgere negli strani misticismi del visionario sedicente Grigorij Rasputin. Elisabetta il suo misticismo lo dedica ad azioni ed opere che la porteranno sino alla santità.
Elisabetta è la seconda figlia di una coppia molto affiatata Ludwing Granduca d’Assia e la Principessa Alice di Gran Bretagna, figlia della Regina Vittoria. Vivono nel loro Castello in Germania in modo molto semplice e quasi spartano, pur essendo molto ricchi. Hanno 7 figli, tutti devono badare alle loro cose, rifarsi i letti, le ragazze ricamare e cucirsi i vestiti da sole. Studiano e parlano fluentemente inglese con la madre, tedesco con il padre, francese in società.
La loro bella famiglia va in frantumi, colpita da difterite nel 1878. Elisabetta si salva, ha solo 13 anni e rimane sola con la sorella Alex ed un fratellino. Vengono accolte amorevolmente dalla nonna Vittoria con la quale passeranno lunghi periodi.
Man mano Elisabetta diventa sempre più bella, non le mancano certo le proposte di matrimonio da parte di vari regnanti che rifiuta tassativamente. la regina Vittoria comincia a preoccuparsi ma poi scopre che Elisabetta è innamorata di un cugino da parte di padre, il serio e riservato Granduca Sergej figlio dello zar di Russia.
Anche Sergej è rimasto orfano, l’unione è molto ben vista dalle varie famiglie, tranne dalla Regina Vittoria che nutre delle perplessità. Il matrimonio viene celebrato a san Pietroburgo il 15 giugno del 1884. Elisabetta scopre il lusso assurdo della Russia zarista. I festeggiamenti e banchetti e balli ed altro per le sue nozze durano tre settimane. In queste settimane nasce un altro idillio: l’erede al trono Nicola è colpito al cuore da Alex, sorella minore della sposa (che diventerà poi Alessandra).
Purtroppo non avranno figli; da alcune cronache pare che il matrimonio non sia stato mai consumato, ma loro apparivano felici così. Sergej era Governatore generale di Mosca, vivevano nel palazzo del Cremlino.
Purtroppo il glaciale Sergej usava maniere inflessibili, a volte molto dure e sanguinarie, per governare. Il 18 febbraio 1905 Sergej fu assassinato a colpi di pistola, in macchina, rientrando a casa. Quel giorno Elisabetta rimase impietrita, si rifiutò di piangere. Si pensò ad una forte reazione emotiva. L’assassino venne preso e impiccato immediatamente. Elisabetta indossò il lutto e divenne vegetariana. Nel 1909 vendette tutti i suoi gioielli, compreso l’anello nuziale. Con la notevole cifra ricavata avviò due opere notevoli una per il popolo facendo costruire il Convento delle sante Marta e Maria di cui divenne la Badessa, uno all’estero per onorare la memoria del marito che la Russia aveva rifiutato.
Il Convento fu, in seguito, ampliato con l’aggiunta di un Ospedale, una Cappella, una farmacia ed un orfanatrofio sul vasto terreno da lei acquistato. Lavorava instancabilmente per i poveri e gli ammalati di Mosca. Nel 1918 con l’inizio della primavera bolscevica, lei come tutti gli altri membri della famiglia reale venne esiliata negli Urali.
Il 18 luglio 1918, il giorno dopo della fucilazione dello Zar Nicola II e della sua famiglia, Elisabetta, una sorella laica del Convento ed altri 5 Granduchi e Principi della famiglia Romanov furono gettati vivi in un profondo pozzo. Morirono di una morte lunga e dolorosa.
Si narra che per più di 5 giorni gli abitanti dei dintorni del pozzo sentirono urla, preghiere, pianti e lamenti, ne furono così impressionati che un abitante del posto disegnò la scena. La guerra civile ormai infuriava, solo anni dopo vennero recuperati i corpi e seppelliti in Chiesa.
Prima di questi avvenimenti, comunque, grazie all’appoggio dello zar Nicola, suo cognato, diede avvio all’opera che ci interessa più: la costruzione della Chiesa Russa a Bari.
Ma perchè Bari? In un primo momento Elisabetta aveva pensato di destinare quei fondi al restauro della Chiesa di san Nicola a Myra, in Turchia. Un posto che comunque veniva sballottato tra varie dominazioni e religioni Ortodossa ed Islamica. Quindi pericoloso e poco accessibile ai fedeli Russi. Quindi, pensandoci, quale posto poteva essere più adatto della città di Bari? I Russi avevano da sempre rapporti commerciali con Bari, a Bari c’era sia il porto che la ferrovia e un domani l’aereoporto, e poi a Bari c’erano le vere spoglie di San Nicola. La distanza da Myra all’incirca la stessa, ma quest’ultima oltre ad essere mal collegata era anche pericolosa.
Dopo una consultazione con il cognato, lo zar Nicola II, e un architetto, un sopralluogo da parte di questo o comunque di un tecnico la cosa diventa fattibile verso il 1911. Viene, poi scelta una vasta area, fuori del perimetro cittadino, ma servita da tram che la collegavano al centro e alla Basilica, con con le spoglie del santo.
L’area in oggetto si trovava al centro del quartiere Carrassi, un’area borghese in espansione. Cominciarono le trattative, fu stipulato l’atto e si pose la prima pietra il 22 maggio 1913. Che lo facesse lo Zar Nicola II in persona, pare alquanto improbabile, già impegnato in patria per gli sconvolgimenti che si stavano preparando.
Piuttosto è sicura la presenza di un componente della famiglia reale Oleg Costantinovich, granduca e cugino di primo grado dello zar, che torna ancora a Bari (questo è documentato) il 16 luglio 1916 per vedere come procedevano i lavori trattenendosi sin al 25 luglio.
I lavori più importanti sono sicuramente terminati entro la fine del 1914. La Chiesa è sicuramente pronta ed anche la zona seminario per i Popi ortodossi, in via di completamento, già pagati, la casa di accoglienza per i pellegrini, l’asilo per i bambini ed un dispensario medico. Questi ultimi, requisiti nel 1937, acquistati per pochi spiccioli, sono stati gestiti dal comune di Bari sino a una trentina di anni fa. La diatriba, sul reale possesso continua sino al 2007. Il discorso si riprende con la venuta a Bari di Vladimir Putin, che constata la situazione abbastanza strana. Il comune di è già appropriato di una parte del grande parco, resa edificabile una larga fascia, ma la Chiesa ed il suo complesso possono essere restituiti. la riconsegna simbolica delle chiavi avviene due anni dopo con il primo Ministro Dimitrij Medvedev.
Torniamo alla povera Elisabetta, che questa sua opera non è mai riuscita a vederla, nè nessuno dei poveri appartenenti alla famiglia Romanov. In questo brutto episodio della Rivoluzione Russa, mi sono sempre chiesta perché la Regina Vittoria, nonna di Elisabetta ed Alessandra non le abbia mai ne avvisate del pericolo incombente, che altri reali conoscevano e se ne parlava, ne abbia mosso un dito per evitare una morte così cruenta. Non erano Russe, poco entravano in politica, potevano essere tranquillamente esiliate…….
Tornando ad Elisabetta, quando i rivoluzionari Bianchi si ritirarono portarono con loro la bara di quella che ritenevano già una Santa per quanto aveva fatto per poveri ed ammalati. La bara fu poi portata sino a Gerusalemme dove aveva espresso desiderio di essere sepolta.
Nel 1990 la Chiesa Ortodossa dichiarò Santa Elisabetta Feorodvna e martiri quelli morti con lei.
La Chiesa Ortodossa, fuori dalla Russia,ha canonizzato Elisabetta Feorodvna nel 1998. La Corte Inglese in quegli anni ha deciso di istallare sul portale dell’Abazia di Westminster tutti i nuovi grandi martiri del XX secolo. La regina Elisabetta II ha deciso, in accordo con il parlamento e con la Chiesa di includere anche quella sua Prozia tanto generosa, ma sfortunata. La sua Statua, come si vede, è vicina a quella di Martin Luther King.
Elisabetta ne porta anche il nome e suo marito Filippo è pronipote proprio di quel Granduca, tedesco, Ludwing d’Assia Darmstadt, padre di Elisabetta, parentela tedesca che ha creato parecchi intoppi al momento del suo matrimonio e poi dopo nei rapporti con la Germania.
Ecco, meglio inquadrata la statua della Santa, con il suo nome originario Elizabeth. Quasi un riconoscimento postumo di parentela con Elizabeth d’Assia- Darmstadt.
La città di Bari dovrebbe conoscere questa storia e sapere la vera finanziatrice di quel nostro gioiello urbano.
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