Venere da millenni seduttrice

La Venere Italica di Antonio Canova, in uno studio pubblicato da Attilio Brilli e poi un libro dedicato a Venere. Piacevolmente scorrevole con tante belle immagini e considerazioni.

Maria Catalano Fiore

Sfoglio quotidiani, riviste, mi soffermo su argomenti che mi interessano, purtroppo di leggere un libro non sempre ho il tempo, ma le recensioni sui libri in uscita si, nonché sulle mostre d’Arte in programmazione.

Queste recensioni, ovviamente giudicate super-partes, spesso rappresentano una vera miniera di informazioni sulla Letteratura e sull’Arte, soprattutto in questo periodo in cui è ancora difficile muoversi, visitarle, e purtroppo le offerte più interessanti sono da Roma in su, nel Sud si respira “apatia”, tutti, o quasi, fermi, come pirandelliani “Personaggi in cerca d’autore”.

In compenso si stanno pubblicando bellissimi Cataloghi e Riviste di settore: giorni fa mi sono soffermata sull’ultima opera di Attilio Brilli dedicata al fascino eterno di Venere.

Attilio Brilli (n. 1936) è un docente di letteratura anglo-americana e traduttore, storico soprattutto della “Letteratura di viaggio”, cioè di studi che vanno dalla pratica del “Grand Tour”, “Quando viaggiare era un’arte” del 1995, “Il Viaggiatore immaginario” 1997, Un’opera incredibile sulla pratica del viaggio in Italia dal Medioevo ad oggi “Il Viaggio in Italia, Storia di una grande tradizione culturale”2006 e tanti altri saggi molto interessanti. Da poco in libreria: “Venere Seduttrice” ed. Il Mulino.

Il saggio parte dall’antichità e dalle rappresentazioni della Dea, un simbolo di bellezza ed amore sino al periodo del “Grand Tour”, un gran bel percorso se pensiamo a quanto dell’Italia scriveva Lord Byron che vedeva come il “Giardino del Mondo, la Patria di qualsiasi forma d’Arte e che la Natura concede”. Shelley che constatava l’abbandono dei templi operato una prima volta dalla caduta di Roma, ma soprattutto dall’avvento del Cristianesimo che ha provocato la fuga delle divinità dal mondo.

Di queste divinità quella che aveva più sedotto e turbato è stata sicuramente Venere Dea della Bellezza e dell’Amore di cui Attilio Brilli traccia un bell’escursus, che vaga tra i viaggiatori dell’800 all’Umanesimo con il suo culto per il precedente mondo classico. Tra queste opere e Veneri spiccano “La Venere de’ Medici”, “La Venere di Milo” e la “Venere Landolina.

Tre Veneri importanti: “La Venere di Milo” una delle più importanti statue greche. Una scultura in marmo bianco, alta 202, priva delle braccia e del basamento originale attualmente al Museo del Louvre di Parigi. Opera attribuita allo scultore Alessandro di Antiochia e datata intorno al 130 a.C.

La Venere de’Medici” sempre una statua greca ellenistica, attribuita a Cleomene di Apollodoro conservata nella Tribuna della Galleria degli Uffizi a Firenze. Questa Venere, rinvenuta a Roma, come testimoniato da tal Pirro Ligorio, preso le Terme di Traiano, nella vigna del Vescovo Gualtieri, nel 1566 l’opera fu acquistata da Alfonso d’Este per poi essere ceduta nel 1575 a Ferdinando de’ Medici per essere esposta a Villa Medici a Roma. Nel 1677 fu trasferita a Firenze con altri capolavori per essere esposta negli Uffizi. Nel 1802, con le razzie napoleoniche l’opera venne trasferita a Parigi, ma fortunatamente nel 1816 venne ricollocata nella sua sede fiorentina.

“La Venere Landolina”: La Venere Landolina è una copia romana in marmo di un originale greco della prima metà del II sec a.C., è esposta presso il Museo Archeologico Regionale di Siracusa. Questa Venere venne rinvenuta in un orto da Saverio Landolina Nava, nel 1804, pudica, si ispira alle precedenti. Di questa Venere ne esistono varie copie, tra cui una, più tarda, completa della testa. L’opera ritrae una Venere nascente che si copre con la destra il seno, con la sinistra un panno gonfiato dal vento, rivelando le gambe della Dea.

Nel secolo XIX è a queste veneri che si ispira lo scultore Antonio Canova (1757-1822) nel segno della continuità dell’arte classica ed è proprio ad una Venere Vincitrice che affida questo compito di rinnovare il passato. Ha già scolpito una “Venere Italica” ma……

Antonio Canova: Venere Italica

Venere che ha i tratti di Paolina Bonaparte Borghese, un nome così carico di storia e di mistero. Una Venere che fosse al tempo stesso classica e moderna. Lo stesso famoso critico d’Arte Bernard Berenson (1865-1959), critico e storico di origini lituane, vero cognome Valvrojensky, naturalizzato statunitense, autorità incontrastata nell’attribuzione delle opere d’arte, a Roma, nel 1955, si fa immortalare davanti alla famosa statua della Venere/Paolina estasiato.

Roma 1955, il critico d’arte Bernhard Berenson, osserva la famosa Venere/Paolina del Canova

Dopo questo episodio, di quest’ultimo famoso “viaggiatore per l’arte” il tramonto dei canoni classici avvolge il mondo delle forme. Ma già Berenson mira ad altro, l’arte è andata avanti, le Veneri restano un mito, ma non possono più essere considerate umane.

Fra contemplazione e immedesimazione anche il 900 cerca di far fronte al mito di Venere e non a caso Brilli chiude la rassegna, anche citando delle altre Veneri, quasi con un passo indietro tirando in ballo la spettacolare Venere del Botticelli per ricordare che “Il bello è difficile”, ma gli Dei sono ancora fra noi, a saperli cercare e volerli trovare.

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