Vito Palumbo: Tutto a posto
Vito Palumbo, Responsabile Comunicazione e relazione esterne dell’ AQP, ci regala un altro fondamentale episodio legato alla storia e vita dell’Acquedotto Pugliese.
Maria Catalano Fiore
Venerdì 12 novembre, presso Il Museo Civico di Bari, Strada Sagges 13, verrà presentato l’ultima opera letteraria di Vito Palumbo “Tutto a posto- 23 novembre 1980” Adda ed. 2021 nella Collana Civiltà e culture del Mezzogiorno.
Un’opera che, come le precedenti racconta brani importanti della storia dell’Acquedotto Pugliese. Vito Palumbo ha già pubblicato con Adda varie opere interessanti.
Vito Palumbo ha ripercorso le origini di tutta la storia legata all’acquedotto e non solo, da quel suo primo libro: “La terra delle Fontane” Adda 2015, un repertorio delle famose “Cap de fierr” e dei suoi bozzetti di vita vissuta. Cap de fierr la celebre fontanina dell’Acquedotto pugliese, oggetto d’arredo importate di tante piazze e piazzette. Ovviamente il testo è arricchito da numerose immagini d’epoca. Un contributo dovuto a chi, in soli 9 anni dal 1906 al 1915 ha compiuto un’impresa grandiosa. A quel suo ideatore l’ing. Camillo Rosalba a cui è dedicata una strada, ma nessuno sa chi sia.
Di seguito “Quel ponte unì l’Italia” Adda 2017, racconto della sua costruzione attraverso varie visuali e contesti e comunque un racconto di chi, Camillo Rosalba, inseguendo un sogno e sfidando tute le difficoltà dell’epoca c’è riuscito aldilà di ogni ragione che consigliava di non provarci neppure.
E’ evidente che ci sono storie che si devono raccontare, storie che non possono rimanere sepolte nel tempo. Storie che oggigiorno diamo per scontate, ma che cento anni fa non lo erano e non solo allora….sino agli anni 60/70 in molti borghi meridionali non c’era acqua corrente in casa….
Poi mente le cose si stavano assestando, un terremoto, il 23 novembre 1980, il più devastante dell’era moderna, si è portato via Caposele. Caposele piccolo centro dell’Irpinia che ospita la sorgente del più grande acquedotto d’Europa.
Questo grave sisma di magnitudo 6.9 colpì una vasta zona Campana, la Basilicata, in modo totale e l’area garganica della Puglia, causando danni incalcolabili: furono migliaia le vittime ed i feriti, circa 300.000 persone rimasero senza un tetto. A Caposele, all’epicentro del terremoto ci sono anche “le sorgenti del’ Acquedotto Pugliese”.
Da questo punto in poi si dipana questa storia che Palumbo racconta sotto forma di un romanzo.
Un romanzo che si svolge tutto in una nottata e che racconta i vari disastrosi eventi a partire dalle 19.34. Caposele piccolo centro Irpino che ospita la sorgente del più grande acquedotto d’Europa è spazzata via.
“Tutto a posto” è la frase che come un mantra i sopravvissuti si ripetono incontrandosi, “Tutto a posto” è una domanda, una rassicurazione, un tutto in un momento povero di parole e discorsi.
Nicola, Fortunata e Beppe combattono una battaglia impari. I fatti narrati sono realmente accaduti. Troppo caldo quel novembre, dopo uno spazio-tempo interminabile Beppe osserva il Campo Sportivo pieno di gente messa in salvo.
Nicola cammina nel bosco pensando a Fortunata, tenace e forte che aiuta gli altri, che cerca di rincuorare chi ha perso la casa, cerca di infondere ottimismo in chi ha perso tutto, di rendersi conto di essere comunque sopravvissuti. Fortunata è il nome dato alla neonata rimasta sepolta tre giorni sotto le macerie dell’Ospedale di sant’Angelo dei Lombardi, che nonostante tutto urla la sua presenza nella vita.
“Tutto a posto” si ripete e lo sussurra l’uomo che a Lioni, un paesello poco distante, ha perso in un attimo la moglie e i tre figli seppelliti dalle macerie della loro casa, lo ripete e intanto, incapace di vivere rinuncia a vivere, non se la sente di continuare.
Storie vissute non solo a Caposele, ma che si intrecciano in tutti i paesi della vasta area colpita dal sisma: storie tragiche o momenti di sollievo, storie di vita vissuta. Storia anche della consapevolezza di tutti di dover difendere quell’acquedotto così importante di cui non si può perdere la funzionalità.
Un Libro sicuramente avvincente poiché, nonostante siano passati ben 41 anni, l’operazione di ricostruzione è semi ferma, chi ha potuto ha difeso il suo, e lo spopolamento dei borghi, soprattutto lucani è stato devastante.
Ma si sa le cose vanno cosi……ma a Caposele gli abitanti sono stati eroici, hanno compreso che dovevano difendere a tutti i costi quell’acquedotto, il Sud colpito e devastato non poteva sopravvivere senza acqua e lo ha fatto spesso proprio attraverso l’uso di quelle fontane “Cap de fierr” indistruttibili ed estremamente utili.
Caposele, l’Irpinia, la Lucania tutta e la Puglia Garganica ringraziano ancora quanti si sono prodigati e Vito Palumbo per aver trascritto e diffuso questo episodio storico importante nella sua drammaticità.
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