Attilio Fontana sempre più inguaiato.
Attilio Fontana, in foto di copertina, governatore della Lombardia, tentò di bonificare al cognato 250 mila euro. Operazione bloccata e segnalata che oggi gli costa un avviso di garanzia.
Gianvito Pugliese
Nella vicenda della Dama Spa, la società di forniture il cui capitale al 10% fa capo a Roberta Dini, moglie del Governatore lombardo, Attilio Fontana, e per il 90% al fratello della stessa, Andrea Dini, spunta un bonifico di 250 mila euro che Fontana avrebbe tentato di fare in favore del cognato, per compensarlo della perdite nell’operazione di alienazione di 75.000 camici e 7.000 set sanitari venduti per 513.000 euro alla Regione il 16 aprile a trattativa privata e, dunque, senza concorrenza. Un’inchiesta di Report avrebbe indotto, secondo gli inquirenti la coppia Attilio Fontana-Andrea Dini a rinunciare alla vendita, trasformandola, con uno storno, in donazione. La difesa di Dini (ed indirettamente di Fontana) era consistita inizialmente nel sostenere che si era trattato di una donazione che i collaboratori avevanoeerroneamente scambiato per una vendita. Poco credibile, atteso che solo dopo l’inchiesta giornalistica era stata stornata la fattura relativa, ma utile processualmente, fino a prova contraria, ad ingenerare un ragionevole dubbio.
Ma la prova della esattezza della tesi investigativa la fornisce proprio il tentativo di Fontana di effettuare quel bonifico, bloccato per la mancanza di una convincente causale e per la posizione “sensibile” del soggetto disponente, il Governatore Fontana. Il legale di Fontana Jacopo Pensa, ha, infatti, dichiarato all’Ansa ” “Quando (nrd. Fontana) è venuto a sapere della fornitura, per evitare equivoci gli ha detto (ndr. al cognato) di trasformarla in donazione e lo scrupolo di aver danneggiato suo cognato lo ha indotto in coscienza a fare un gesto risarcitorio”. Ma se per Fontana era un risarcimento nei cofronti del cognato per le perdite ed i mancati guadagni conseguenti alla trasformazione da vendita in donazione dei suddetti camici e set sanitari, significa, inequivocabilmente, che la vendita c’era stata e la trasformazione in donazione, solo una banale copertura del presunto misfatto.
La milanese Unione Fiduciaria, incaricata il 19 maggio da Fontana del bonifico, secondo Il Corriere, bloccò il pagamento per le ragioni dianzi spiegate. Seguì una “Sos-Segnalazione di operazione sospetta” all’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia, che la girò alla Guardia di finanza e Procura di Milano raggiungendo il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, che coordina le indagini, assieme ai pm Furno, Scalas e Filippini.
Sbaglierò ma Fontana ed il suo legale hanno fornito la prova inconfutabile che la vendita ci fu e che fu mascherata, trasformandola in donazione, per il rischio che Report la rendesse di dominio pubblico.
Ovviamente Salvini, per il quale, quando la giustizia indaga un leghista, diventa mala-giustizia -se poi indaga lui è solo spreco di denaro pubblico-, facendo finta di non capire, anzichè chiedere a Fontana di fare un passo indietro -perchè il garantismo è un fatto (e noi lo siamo sempre, comunque e con chiunque), ma per i pubblici amministratori s’attenua, in modo inversamente proporzionale all’importanza dell’incarico ricoperto-, s’indigna pubblicamente che patrioti lombardi siano indagati per una donazione alla sanità lombarda. No comment!
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