Condannati a Taranto per l’inquinamento i fratelli Riva
Condanne più lievi per Nichi Vendola e Giorgio Assennato
GP
La Corte di Assise di Taranto, nel processo “Ambiente Svenduto” sull’inquinamento ambientale prodotto a Taranto dallo stabilimento siderurgico dell’Ilva, ha condannato i due imputati principali, Fabio e Nicola Riva, proprietari del siderurgico tarantino, rispettivamente a 22 e 20 anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Il Pm aveva chiesto 28 e 25 anni di reclusione.
Condannati a 21 anni e 6 mesi di carcere l’ex responsabile delle relazione istituzionali Girolamo Archinà e a 21 anni l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso. Condannato a 17 anni e sei mesi l’ex consulente della procura Lorenzo Liberti e disposta la confisca degli impianti a caldo.
Condannato a tre anni e mezzo di reclusione l’ex Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola reo, per la Corte tarantina, di aver esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far “ammorbidire” la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva.
Condannato a 2 anni Giorgio Assennato, accusato di favoreggiamento nei confronti di Vendola. Secondo il Pm Assennato avrebbe negato le pressioni subite dall’ex governatore finalizzate ad attenuare le relazioni dell’Arpa in relazione ai controlli ispettivi ambientali nello stabilimento siderurgico. Assennato aveva rinunciato alla prescrizione.
Stupisce più di tutto la condanna di Vendola e di Assennato. Il primo aveva fatto dell’ambientalismo una delle bandiere principali della sua primavera pugliese, il secondo era l’uomo chiamato ad attuarlo concretamente. Assennato, aveva rinunciato alla prescrizione, evidentemente sicuro di poter provare nel processo la propria innocenza. Così non è stato.
Una sentenza di primo grado che sicuramente sarà oggetto di appello.
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