Continua il dramma birmano
La polizia spara all’impazzata sui manifestanti. Ucciso durante l’interrogatorio un leader dell’opposizione.
GP
Non si arresta, anzi cresce la violenza con cui la Polizia cerca di impedire ai manifestanti contro il regime dittatoriale istaurato il 1° febbraio dalla giunta militare di protestare.
La Polizia non ha più alcuna remora e spara sistematicamente nel tentativo di disperdere i manifestanti che scandiscono lo slogan ‘Cacciamo il dittatore”. Cioè il capo della giunta militare, Min Aung Hlaing. Nella notte la polizia ha proceduto ad arrestare gran parte dei leader del principale partito votato alle elezioni, la Lega nazionale per la democrazia (Lnd), il partito di Aung San Suu Kyi, capo dello stato fino al 31 gennaio e premio Nobel per la pace.
Ed uno dei leader della Lnd, Khin Maung Latt, di 58 anni, è stato ucciso dalla polizia come riferiscono dall’opposizione: “E’ stato picchiato e poi portato via da casa sua, e non è sopravvissuto al duro interrogatorio al quale è stato sottoposto”.
Si procede a grandi passi verso la guerra civile. I militari ignorano le condanne rivolte loro dalle comunità internazionali ed ormai dopo le barbarie commesse attraverso la polizia sanno che se perderanno il potere per loro è la fine. Hanno commesso crimini che il popolo birmano non lascerà impuniti.
Sbaglierò, ma Stati Uniti ed Unione Europea dovrebbero, una volta per tutte assumere una iniziativa dura e senza precedenti contro regimi di questo genere. Non limitarsi alle sole sanzioni economiche verso il Paese incriminato, ma estenderle anche a tutti i governi che li appoggiano. Solo costringendoli a rimanere soli è possibile ottenere che i massacri cessino e i popoli e la democrazia vengano rispettate.
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