Crisi Russia – Ucraina
Mario Draghi e Vladimir Putin, telefonata sulla crisi ucraina: “gas assicurato per l’Italia”. Intanto navi da guerra russe transitano nel canale di Sicilia
Giovanna Sellaroli
La conversazione telefonica tra il nostro Presidente del Consiglio Mario Draghi e Vladimir Putin, intercorsa nella mattinata di ieri, dovrebbe portarci un minimo di tranquillità. Almeno così sembra, stando a quanto emerso dalla telefonata, in cui è prevalso l’impegno per una soluzione della crisi.
Putin, mentre avverte gli USA con parole sibilline: “Staremo attenti, non ci tireremo indietro sulle minacce di sanzioni”, tranquillizza il nostro Paese, confermando l’intenzione di Mosca di “Continuare a sostenere stabili forniture di gas all’Italia”.
Da parte sua il Presidente Draghi ha sottolineato l’importanza di attivarsi e impegnarsi per una de-escalation della crisi russa-ucraina, al momento ad alta tensione. Intanto, si parla di un altro faccia a faccia tra Emanuel Macron e il Presidente della Russia, un dialogo in realtà mai cessato (si sono già parlati dall’inizio della crisi, due volte), ma che non ha prodotto nessun risultato, Putin non ha fatto neppure un leggero passo indietro, rimanendo un dialogo tra sordi.
Una tranquillità del tutto apparente, perché il quadro politico è molto complesso e frammentto e “Agli occhi di Putin l’Ue non conta, il presidente russo vuole negoziare solo con gli Stati Uniti”, scrive oggi sull’Internazionale Pierre Haski e aggiunge: “Il problema è che il progetto politico (ndr. della Francia) non piace ai partner europei di Parigi, che temono un piano machiavellico della Francia per indebolire la Nato, e soprattutto Putin non ha colto l’invito francese e ha voluto imporre la sua architettura utilizzando un argomento piuttosto convincente: i carri armati.”
A preoccupare è anche la reticenza del governo Scholtz, che mette in mostra tutta la debolezza della Germania all’interno del blocco occidentale. Una difficoltà, del resto, che è lo specchio riflettente di tutta l’Unione Europea, priva di un progetto comune e unitario in politica estera.
E la tranquillità è del tutto apparente anche per noi italiani, soprattutto da quando ben sei navi della flotta militare russa hanno varcato Gibilterra e si sono allineate nel canale di Sicilia. Secondo la ricostruzione fornita dal quotidiano “La Repubblica”, si tratta di navi da guerra per il trasporto di truppe e mezzi corazzati sulla terraferma. Una flotta che potrebbe puntare in direzione della Crimea, per rafforzare il contingente russo in vista di un possibile assedio delle forze di Mosca intorno all’Ucraina.
Matteo Giusti giornalista di Limes ed esperto di geopolitica, racconta così a noi de La Voce News e a tutti i nostri lettori, l’escalation di questa ennesima crisi russa-ucraina che non è scoppiata all’improvviso, ma deriva da un conflitto mai sopito che risale al febbraio 2014.
D. Matteo Giusti cosa ci fanno navi da guerra nei nostri mari? Cosa ci dobbiamo aspettare?
“Quando le sei navi da guerra russe sono apparse nel canale di Sicilia navigando baldanzose vicino alle cose italiane è stato un clamoroso colpo di scena. Lo Stato Maggiore della Difesa russa ha subito spiegato che in tutto il mondo sono in atto una serie di esercitazioni delle proprie forze navali a livello globale e che la navigazione resta in acque internazionali non violando la sovranità dei paesi. Ma resta un’indubbia prova di forza dello “zar” Putin. La Nato si è detta preoccupata di questa ennesima mostra di muscoli da parte di Mosca che sta digrignando i denti in metà globo. Il fronte più caldo resta naturalmente quello ucraino dove da settimane la Russia ammassa truppe e minaccia il governo di Kiev. Gli Stati Uniti si sono detti pronti a tutto per difendere l’integrità dell’Ucraina che già in passato è finita più volte nel mirino delle mire espansionistiche di Putin. Nel Donbass, una regione orientale dell’Ucraina, i russi finanziano e aiutano i separatisti e nei giorni scorsi mercenari russi hanno ferito un militare ucraino alzando ancora una volta la tensione nell’area. La Crimea, dove probabilmente sono dirette le navi da guerra russe, è stata e resta un altro campo di battaglia fra oriente ed occidente perché anche i secessionisti hanno approfittato della guerra per correre fra le braccia di Mosca. L’imperialismo russo si era già prepotentemente manifestato nell’appoggio incondizionato alle angherie del dittatore bielorusso Lukashenko. Forte dell’appoggio del suo amico personale Putin, l’uomo forte di Minsk aveva dirottato voli di linea per arrestare un oppositore e aveva imprigionato tutti coloro che si erano opposti a lui arrivando a tenere elezioni che la comunità internazionale si era rifiutata di riconoscere. Le mosse geopolitiche di Putin non si limitano all’Europa orientale perché dietro la repressione del governo del Kazakistan c’è la mano russa. Nel grande paese centro-asiatico l’intervento di un contingente militare a guida russa in risposta alla chiamata del presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev ha posto fine ai disordini scoppiati nelle settimane scorse. Le truppe sono state inviate dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), un’alleanza militare guidata da Mosca che comprende sei paesi ex sovietici. Il grosso dei 2.500 soldati schierati appartiene alla 45a brigata dell’esercito russo, formata da forze speciali già utilizzate in passato in vari teatri di guerra, come la Cecenia, l’Ossezia del Sud e la Siria. L’intervento a guida russa ha confermato il ruolo chiave di Mosca come principale garante di sicurezza in Asia centrale. Un nuovo capitolo del cosiddetto Grande Gioco che nel 1800 aveva visto l’impero zarista contrapporsi all’Impero Britannico. I militari russi sono presenti in quasi tutte le ex repubbliche sovietiche e il primo partner commerciale resta sempre la “Grande Madre Russia”. Non va assolutamente dimenticato il ruolo che Mosca ha giocato e continua a giocare in Siria, dove il suo appoggio al regime di Assad ha salvato il dittatore siriano dalla fine che hanno fatto Saddam Hussein in Iraq e Muammar Gheddafi in Libia. Vladimir Putin si muove su tutto lo scacchiere mondiale e la sua longa manus ha preso possesso di interi giacimenti in diversi paesi africani. Utilizzando la non ufficiale compagnia di ventura Wagner Group, la Russia è militarmente presente in Libia, Repubblica Centrafricana, Mali, Guinea e da pochi giorni anche in Burkina Faso, minando fortemente la presa della Francia in Africa Occidentale dove si sta sgretolando quella che veniva Francafrique. Mosca ha scelto una politica mondiale molto aggressiva giocando su tanti tavoli diversi e non disdegnando lo scontro diretto con la Nato, l’Europa o gli Stati Uniti. Putin ha però cercato spesso sponda con Pechino evitando diretti conflitti di interesse e addirittura organizzando esercitazioni militati congiunte con l’esercito cinese. L’asse Mosca-Pechino è di quelle che possono cambiare gli equilibri mondiali, soprattutto perché giocano con regole tutte proprie. Mosca non disdegna infatti un rapporto franco e diretto con la Turchia del “sultano” Erdogan, che nonostante il precario equilibrio economico, resta un attore importante sia in Medio-oriente che in Africa. Putin non ha chiuso i rapporti anche con l’Iran e pochi giorni fa il presidente iraniano Raisi è volato a Mosca per rafforzare i rapporti ancora una volta in funzione anti-occidentale. La Russia è diventata un gigante geopolitico aggressivo e battagliero che, memore dei tempi dell’Unione Sovietica, rivendica il suo ruolo mondiale”.
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