In Libia la tensione si taglia col coltello

Miliziani armati circondano la sede del governo. I Miliziani: “Niente elezioni”

Gianvito Pugliese

Uomini armati della milizia della Brigata Al-Samoud ha circondato a Tripoli l’ufficio del primo ministro libico, Abdul Hamid Dbeibah (in foto di copertina). Non un attacco alla persona, ma al governo e le istituzioni, tant’è che poco dopo il presidente del Consiglio presidenziale, Mohammed al Menfi. è stato costretto a richiedere l’intervento dei militari regolari a protezione della sua abitazione.

Si è, quindi deciso, di portare in un “luogo sicuro” tanto il presidente al Menfi che gli altri membri del Consiglio. I servizi di sicurezza sono, infatti, venuti a conoscenza dell’intenzione dei miliziani di assaltare le case di tutti i componenti il Consiglio presidenziale.

Secondo Al Arabiya, l’emittente degli Emirati Arabi Uniti, che trasmette da Dubai solo notiziari e programmi d’approfondimento giornalistico, la scintilla che ha fatto scoppiare il fuoco sarebbe stata la destituzione del comandante del distretto militare di Tripoli, Abdel Basset Marwan, e la nomina al suo posto del maggiore generale Abdel Qader Mansour.

La notizia è condivisa anche da altri media, che hanno fatto sapere che parti della capitale libica sono rimaste prive di elettricità.

Il leader della milizia della Brigata Al-Samoud ha dichiarato: “in Libia non ci saranno elezioni presidenziali e chiuderemo tutte le istituzioni statali“.

La temuta guerra civile in Libia è iniziata. Troppi anni di immunità concessa a gruppi armati, che vivono di attività criminali. Tolleranza di azioni turpi ed illegali quotidiane da parte dette “truppe regolari”, vedi il sequestro di pescherecci in acque internazionali ad opera della guardia costiera libica o i campi di detenzione dei migranti, dove si consumano violenze quotidiane a danno dei carcerati. Costoro, lo sa tutto il mondo, che si gira dall’altra parte e fa finta di ignorare, sono costretti per sopravvivere a pagare, tramite le loro famiglie rimaste nel Paese d’origine, esosi riscatti. Gli scafisti, che si riproducono come conigli, uno ne arresti ed altri cento ne arrivano, sono solo l’ultimo anello di una catena criminale. C’erano tutte le premesse perché quell’enorme polveriera, che si chiama Libia, esplodesse. D’altro canto un Paese, che solo un dittatore violento come Gheddafi riusciva a controllare, ha nel dna di quelle bande armate che sono le milizie tutti gli anticorpi per allontanare un regime democratico e libere elezioni da cui potrebbe nascere un Paese che pretenda ed ottenga giustizia e legalità.

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