Indagata per caporalato la moglie del capo immigrazione del Viminale
Lui di dimette, Lamorgese accetta le dimissioni
La redazione
Brillante operazione dei Carabinieri di Foggia coordinati dalla Procura del capoluogo dauno, che hanno condotto un’inchiesta sul caporalato, in un territorio in cui purtroppo il fenomeno criminale è largamente diffuso, e che ha portato a cinque misure cautelative, di cui due in carcere e tre ai domiciliari e undici indagati ai quali è stato imposto l’obbligo di firma.
E’ tra questi ultimi è compresa la moglie di Michele di Bari, Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del ministero dell’Interno. Questi, un prefetto in servizio al Viminale, si è dimesso. La Ministro Lamorgese ha accettato le dimissioni.
Prima di esporre dettagliatamente i fatti come emergono dalle ordinanze di conferma delle misure cautelari per mano del Gip di Foggia. riferiamo la dichiarazione del prefetto Michele Di Bari: “Desidero precisare che sono dispiaciuto moltissimo per mia moglie che ha sempre assunto comportamenti improntati al rispetto della legalità. Mia moglie, insieme a me, nutre completa fiducia nella magistratura ed è certa della sua totale estraneità ai fatti contestati”.
I due finiti in cella sono un senegalese ed un gambiano L’indagine, relativa ad attività svolte tra luglio ed ottobre 2020, ha comportato una verifica giudiziaria su più di dieci aziende agricole riconducibili ad alcuni degli indagati.
Andiamo all’ordinanza del Gip. Il magistrato a proposito di Rosalba Livrerio Bisceglia, moglie del prefetto Michele di Bari: “ è consapevole delle modalità delle condotta di reclutamento e sfruttamento“. Utilizzava “manodopera costituita da decine di lavoratori di varie etnie, sottoponendo i predetti lavoratori alle condizioni di sfruttamento” desumibili “anche dalla condizioni di lavoro (retributive, di igiene, di sicurezza, di salubrità del luogo di lavoro) e approfittando del loro stato di bisogno derivante dalle condizioni di vita precarie”. Se le accuse verranno confermate in un eventuale futuro giudizio, non c’è che dire: “Proprio una bella personcina!”.
La Livrerio Biscieglia si rivolgeva abitualmente a Bakary Saidy, uno dei due caporali finiti in carcere. Questi reclutava i braccianti e li portava nei campi “in seguito alla richiesta di manodopera avanzata da Livrerio Bisceglia, che comunicava telefonicamente il numero di lavoratori necessari sui campi, assunti tramite documenti forniti dal Saidy“. Quest’ultimo “riceveva il compenso da Livrerio Bisceglia”.
In una intercettazione riportata nell’ordinanza del Gip: “Porta da Nico tutti i documenti. Devi portare prima perché così io devo fare ingaggi… e poi il giorno dopo iniziate a lavorare”. E’ la Livrerio Bisceglia che da ordini a Saidy.
L’inchiesta ha accertato che il reclutamento avveniva tra gli immigrati delle baracche del ghetto di Borgo Mezzanone (Foggia). Il senegalese ed il gambiano secondo gli investigatori erano “l’anello di congiunzione” tra i rappresentanti delle varie aziende del settore agricolo della zona e i braccianti. Ogni bracciante doveva pagar loro dieci euro al giorno, 5 per il trasporto e 5 per la mediazione. In un documento investigativo si legge: “Caporali, titolari e soci delle aziende avevano messo in piedi un apparato quasi perfetto che andava dall’individuazione della forza lavoro necessaria per la lavorazione dei campi, al reclutamento della stessa, fino al sistema di pagamento, risultato palesemente difforme rispetto alla retribuzione stabilita dal Ccnl, nonché dalla tabella paga per gli operai agricoli a tempo determinato della provincia di Foggia”.
La moglie dell’ormai ex capo dipartimento Immigrazione del Viminale Michele di Bari, indagata è socio amministratore di una delle dieci aziende coinvolte. L’accusa per gli inquisiti è a vario titolo di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Una note in calce. La Lega: “Sbarchi clandestini raddoppiati, 100.000 arrivi negli ultimi due anni, un’Europa su questo tema assente e lontana. E oggi le dimissioni del capo dipartimento dell’Immigrazione. Disastro al Viminale, il ministro riferisca immediatamente in Parlamento”.
Con tutto il rispetto per un partito i cui rappresentanti siedono in Parlament, è una vicenda limpida e trasparente, che coinvolge la moglie di un alto funzionario, forse lui, ma al momento non sembra proprio, non certo il Ministro, ed i cui particolari sono, attraverso l’ordinanza del Gip, di dominio pubblico. Riferire, dunque, cosa e perché? Forse non sanno leggere?
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