Situazione complicata nelle carceri italiane
A causa delle misure di contenimento del contagio da Covid-19, si sono scatenate numerose e violente le rivolte in molte carceri italiane
Vito Longo
Negli ultimi giorni si sono susseguite le proteste e le rivolte nelle carceri italiane, per una volta, senza distinzioni di nord e sud.
Le misure, resesi necessarie, per contenere il contagio da Coronavirus stanno mettendo a dura prova la resistenza delle strutture carcerarie e dei poliziotti, rendendo dura la vita anche ai detenuti. Molti di loro, infatti, sono tragicamente deceduti o in gravi condizioni. Molti operatori, invece, sono stati sequestrati e aggrediti e le varie strutture messe a ferro e fuoco e devastate.
Tutto parte dalle misure annunciate dal governo che ha reso tutta Italia “zona protetta”.
La situazione, dopo diversi giorni, è sempre più tesa. A Modena si registra il bilancio più grave, con sei detenuti deceduti. Tre di loro hanno perso la vita proprio nel carcere di Modena mentre altri tre nelle carceri dove erano stati trasferiti. Cinque detenuti sarebbero morti per un’overdose da psicofarmaci, sottratti durante un assalto all’infermeria interna al carcere.
La situazione al momento più complessa è quella che si registra nella nostra Puglia, nel carcere di Foggia, uno dei più affollati d’Italia, dove diversi reclusi sono ancora latitanti, mentre altri sono stati catturati, quasi tutti in territorio diverso dal capoluogo foggiano.
A Milano, invece, i detenuti si sono arrampicati sul tetto della struttura di San Vittore. La rivolta, organizzata da una quindicina circa di detenuti, è poi rientrata.
Ovunque, in Italia, comunque, si registrano danni ingenti alle strutture, tubature dell’acqua danneggiate o completamente distrutte, materassi dati alle fiamme e confusione, la stessa che, a tutti i livelli, la sta facendo da padrone.
Anziché provare a mediare tra le posizioni, per quanto alcune siano difficili da comprendere, “macchiate” anche dalla maniera nella quale sono state rivendicate, dal ministro Bonafede ci si aspettava un intervento deciso e più incisivo. Va bene condannare con fermezza gli atti criminali manifestatisi in queste ore, ma non può bastare.
È legittimo che i detenuti abbiano paura, così come è doveroso restare in guardia, visto che molti avrebbero potuto approfittarne, come è anche accaduto, della situazione per provare ad evadere, ma l’intervento a gamba tesa del ministro della Giustizia ha ottenuto solo l’effetto di esacerbare ancora di più il clima. Privare le proteste di esseri umani, per quanto le loro scelte di vita siano state sbagliate, di legittimità solo perché criminali, non è offrire un buon servizio alla collettività.
Benché sia riuscito a distinguere le situazioni, tenendo a mente il giusto modo della maggioranza dei detenuti di mostrare preoccupazione per la nuova situazione imposta dal Covid-19, l’intervento del Guardasigilli doveva servire a rassicurare e a garantire tranquillità soprattutto per salvaguardare l’integrità delle nostre forze armate, non a gettare benzina sul fuoco accendendo gli animi già incandescenti dei principali attori di queste proteste.
Oltre che sbagliato è stato anche fuori tempo, visto che Alfonso Bonafede ha sentito l’esigenza di intervenire solo dopo che i danni si erano già consumati in gran parte delle strutture carcerarie, risultato, anche, dell’iniziale lassismo del ministero che erroneamente ha ritenuto bastasse la sorveglianza interna a far rientrare la situazione che andava esplodendo.
Al netto di errori e ritardi, comunque, il ministero di via Aldo Moro ha predisposto una serie di misure che andiamo di seguito a ricapitolare:
assunzione di personale penitenziario;
tensostrutture destinate al pre-triage (valutazione dei casi più urgenti nel ricorso all’assistenza medica);
fornitura di oltre 100.000 mascherine;
tamponi per i detenuti;
responsabilità in capo ai direttori di diffondere e sensibilizzare la popolazione carceraria e non al giusto rispetto delle norme;
estensione dei colloqui parentali, a distanza, per i detenuti, anche aumentando le possibilità di ricorrere a questo privilegio data l’emergenza;
Il tempo ci racconterà l’efficacia di queste misure in un periodo che sta mettendo alla prova tutta Italia. Sarà un’ulteriore occasione per valutare la capacità del ministro Bonafede, uno dei più criticati, soprattutto per la riforma della prescrizione, di essere capace o meno di rispondere alle esigenze della giustizia in Italia.