Trudeau invoca poteri di emergenza
Tenta di porre fine alle proteste
Gianvito Pugliese
Da ieri il primo ministro canadese Justin Trudeau ha attivato i poteri di emergenza, usati raramente in Canada. Fa il tentativo di porre fine alle proteste e, soprattutto, di riaprire i valichi di frontiera statunitensi che i manifestanti hanno chiuso, oltre a paralizzare parti consistenti di Ottawa.
La legge canadese sulle emergenze, permette al governo di tagliare i finanziamenti alla protesta e di rafforzare le forze dell’ordine provinciali e locali, integrandole con la polizia federale.
Trudeau: “I blocchi stanno danneggiando la nostra economia e mettendo in pericolo la sicurezza pubblica. Non possiamo e non permetteremo che le attività illegali e pericolose continuino”.
Le proteste del “Freedom Convoy”, partite dai camionisti canadesi transfrontalieri, che si oppongono all’obbligo vaccinale ed alla quarantena, sono state una calamita per i contrari alle politiche di Trudeau su qualsiasi cosa, dalle restrizioni pandemiche a una tassa sul carbone. Le proteste dei camionisti hanno contagiato i loro colleghi anche in Israele, Francia, Australia e Nuova Zelanda.
I manifestanti hanno bloccato l’Ambassador Bridge -una rotta commerciale vitale tra Windsor, Ontario e Detroit- per ben sei giorni. Domenica la polizia è riuscita ad allontanare gli occupanti. Anche altri valichi di frontiera più piccoli, in Alberta, Manitoba e British Columbia, sono stati bloccati.
Per i manifestanti, accampati davanti al parlamento canadese, gli ultimi passi del governo sono stati eccessivi: “È una misura estrema che non è necessaria“.
Le misure finanziarie dell’emergenza proclamata mettono le piattaforme di crowdfunding sotto controllo dell’antiterrorismo, impongono alle banche canadesi di congelare i conti che finanziano i blocchi (in gran parte provenienti dagli Stati Uniti), mentre vengono sospese le assicurazione sui veicoli utilizzati per bloccare la circolazione.
Un sito web con sede negli Stati Uniti, GiveSendGo, è diventato il principale canale di denaro per i manifestanti, dopo che la piattaforma di crowdfunding tradizionale GoFundMe ha bloccato le donazioni al gruppo. Un tribunale dell’Ontario la scorsa settimana ha ordinato a GiveSendGo di congelare tutti i fondi a sostegno del blocco, ma ha affermato che il sito non si sarebbe conformato, per cui saranno presi gli opportuni provvedimenti sanzionatori.
Secondo alcuni l’approccio della polizia alle manifestazioni è stato troppo permissivo, Trudeau ha, infatti, deciso di utilizzare ufficiali federali per sostenere le forze provinciali e locali.
Nella provincia occidentale canadese dell’Alberta, la polizia ha sciolto un gruppo armato e pronto alla violenza per sostenere un blocco a un valico di frontiera con gli Stati Uniti.
L’uso delle misure di emergenza entro sette giorni è sottoposto all’approvazione del parlamento canadese. Il partito di sinistra dei Nuovi Democratici ha affermato che sosterrà il governo di minoranza liberale di Trudeau e che approverà le misure.
Ora, permettetemi due parole di commento. Quale interesse ha Donald Trump a finanziare cospicuamente il Freedom Convoy ed ha rendersi promotore di raccolte fondi in favore? Non lo vedo, storicamente, tanto solidale con i camionisti. A dare una spiegazione plausibile e rispondere compiutamente alla domanda viene in soccorso un editoriale pubblicato il 7 febbraio Yuri Shvets, ex spia Kgb: “Trump risorsa russa per 40 anni”. Il titolo già dice molto, ma la lettura dell’articolo e le accuse circostanziate e supportate da prove a sostegno, unite al rigoroso silenzio del tycoon in proposito, confermano che non sono “fantasie denigratorie”, ma tremende realtà che saranno foriere di nuove contestazioni, forse anche di Alto tradimento, per l’ex Presidente.
E “cui prodest?”, “a chi giova?”, domanda che, un criminologo che si rispetti, si pone sempre al cospetto di un delitto. Chi aveva in questo momento nel mondo intero maggior interesse a destabilizzare States e Canada? Non mi sembra una risposta difficile. E Putin potrebbe essersi avvalso della spia dormiente (ma non troppo) per indebolire i suoi principali avversati del momento.
Sono prevenuto? Non credo. Trump non mi piace? E’ vero, ma non perché repubblicano, ma per tutti i difetti che ha e che non ne fanno certo una bella persona. Al punto che, la sorella, magistrato, lo descrive come un’essere ignorante all’ennesima potenza e cattivo fin da bambino come pochi. E se mettete insieme l’aiuto che Putin gli diede, durante l’elezione che lo portò alla Casa Bianca, vinta, contro Hilary Clinton, di stretta misura e nonostante avesse ottenuto diversi voti in meno dell’avversaria, non è che ci siano ostacoli per chi vuole davvero capire. L’hackeraggio accertato del computer della Clinton per mano di informatici russi completa il quadro e la racconta tutta.
Certo quando confronto l’opposizione canadese sullo stato di emergenza di sicurezza pubblica con quella italiana sull’emergenza sanitaria la voglia di fare i bagagli e trasferirmi in Canada si affaccia, poi la reprimo per amore del mio Paese e perché sono pure freddoloso. Siate garbate, signore lettrici e lettori, non chiedete quale delle due motivazioni viene prima.
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