Trump c/ giustizia americana: 1 a 1, palla al centro
Respinto dalla Corte Suprema un ricorso per escluderlo dalla prossima presidenziale, ma a New York si è avviato il processo per frode
Gianvito Pugliese
Ormai tra il ribelle Donald Trump e la giustizia americana è lotta senza quartiere. L’ultimo duello si è svolta tra Washington, D.C., nella della Corte Suprema americana e New York nel tribunale di Manhattan.
Provo a sintetizzare i due interessantissimi fatti giudiziari che coinvolgono il Tycoon.
La “sua” Corte Suprema, ovvero quella che, con le sue nomine, Trump squilibrò a favore dei Repubblicani (6 a 3 dal precedente 5 a 4) e che. inspiegabilmente, Joe Biden non ha mai provato a riequilibrare, utilizzando le due nomine presidenziali a sua disposizione, ha respinto una causa che mirava a gambizzarlo, escludendolo dalla prossima corsa alla Casa Bianca, a ragione del suo ruolo d’istigatore all’insurrezione nell’attacco a Capitol Hill.
Il massimo tribunale Usa -riferisce stamani l’Ansa- “ha bocciato, infatti, il ricorso di John Anthony Castro, uno sconosciuto candidato alle primarie dei repubblicani, basato sul 14esimo emendamento della Costituzione. Istituito dopo la guerra civile, l’articolo stabilisce che un funzionario che abbia giurato di difendere la carta “deve essere escluso da cariche future se è stato coinvolto in un’insurrezione” o se “ha dato aiuto” agli insurrezionalisti.
Superfluo commentare. I fatti di Capitol Hill sono noti e come si possa mettere in dubbio la partecipazione di Trump, quale ispiratore di quella insurrezione, senza infangare irrecuperabilmente la massima espressione giudiziale americana, non riesco a spiegarmelo.
Passiamo all’altra vicenda giudiziaria: quella dinanzi al tribunale di Manhattan.
Scontato che, anche a New York, Trump si sarebbe difeso attaccando le istituzioni a dispetto dell’evidenza dei fatti e delle prove esibite. Ormai il ritornello è noto: chi osa interessarsi dei suoi fatti pubblici, non lo fa certo per amore di giustizia, ma solo per danneggiarlo politicamente. Talvolta aggiunge che è un delitto non appoggiarlo, a prescindere dai suoi precedenti, perché con lui Presidente la guerra in Ucraina finirebbe in due giorni, economia ed occupazione salirebbero alle stelle. Manca solo che aggiunga, che in pochi giorni trasformerebbe gli Stati Uniti nel Paradiso terrestre. Dio, infatti, non potrebbe osare negarglielo.
Donald Trump, infatti, ha attaccato violentemente il procuratore generale di New York e il giudice a cui spetta giudicare del suo processo per frode civile iniziato ieri. La pubblica accusa (un avvocato statale) sostiene che l’ex presidente ha incassato utili per più di 100 milioni di dollari, mentendo al fisco in merito alla consistenza e redditività del suo enorme impero immobiliare.
Letitia Jame, procuratore generale, chiede una multa di almeno 250 milioni di dollari ed un divieto permanente a carico di Trump e dei suoi figli Donald Jr ed Eric di gestire attività commerciali a New York. Chiede, anche, un divieto di cinque anni a gestire gli immobili commerciali a carico di Trump e la Trump Organization.
Riferisce Reuters che “la testimonianza nell’aula del tribunale di Manhattan è iniziata dopo le dichiarazioni di apertura, con Donald Bender, socio di Mazars USA e contabile di lunga data per le attività di Trump, come primo testimone dello stato.
Dopo aver attaccato in maniera volgare e violenta il procuratore generale è passato ad occuparsi del giudice, Arthur Engoron, che guida il processo a Manhattan. “Questo è un giudice che dovrebbe essere radiato dall’albo”, è stato il commento più garbato di una serie inenarrabile, ed ha aggiunto: “Questo è un giudice che dovrebbe essere fuori sede“.
Il procuratore generale, oltre che per la frode fiscale, per coverso ha accusato l’ex Presidente di Trump aver “gonfiato i suoi beni e il suo patrimonio netto dal 2011 al 2021 per ottenere prestiti bancari favorevoli e premi assicurativi inferiori”.
Il giudice Engoron, riferisce ancora Reuters, “ha annullato i certificati aziendali per le società che controllano i pilastri dell’impero di Trump e ha affermato che nominerà dei curatori fallimentari per supervisionare il loro scioglimento“.
“Più di 150 persone, incluso Cohen, – ex avvocato e faccendiere di Trump che ha deposto che si è rivoltato contro il suo ex capo, quando si è reso conto che l’obiettivo era raggiungere il numero che il signor Trump voleva – potrebbero testimoniare, anche se gran parte del processo potrebbe essere una battaglia tra esperti che esprimono opinioni su documenti finanziari” .
L’elenco delle grane giudiziarie del Tycoon non finisce quì. Riferisce sempre Reuters che “è stato accusato penalmente a Washington per i suoi sforzi volti a rimediare alla sconfitta alle elezioni presidenziali del 2020, in Georgia per le iniziative volte a invertire i risultati elettorali, in Florida per la gestione di documenti riservati dopo aver lasciato l’incarico e a New York per pagamenti in denaro nascosti. ad una porno star”.
Come da copione Trump ha sempre negato ogni addebito e si è dichiarato non colpevole. Per poi aggiungere che è tutta una macchinazione politica per impedirgli di governare.
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