Ue: rinviato il voto sullo stop ai motori diesel e benzina dal 2035
Il voto che prevede lo stop dal 2035 alla vendita di auto nuove diesel e benzina è stato rinviato a data da destinarsi. L’Italia conferma il voto contrario, insieme ad Ungheria e Polonia. Pichetto Fratin: rinvio positivo, Italia in prima fila. In copertina immagine della nostra lettura dell’accaduto.
La redazione
Il primo commento del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica dell’Italia, Gilberto Pichetto Fratin: “Rinvio positivo, Italia in prima fila“!
Il Coreper, organismo dell’Unione europea composto dagli ambasciatori permanenti presso l’a stessa UE, ha rinviato nuovamente il voto, previsto per oggi sul divieto dal 2035 della vendita di auto nuove diesel e benzina. E’ il secondo rinvio dopo quello del 1° marzo.
Il punto è stato tolto anche Dall’agenda del Consiglio europeo del 7 marzo, in cui era prevista l’approvazione finale l’argomento è stato cancellato e rimandato a una futura sessione del Consiglio in data da destinarsi.
Daniel Holmberg, portavoce della Presidenza di turno, svedese, del Consiglio Ue: “Il Coreper tornerà sulla questione a tempo debito”.
Il regolamento, sottoposto oggi all’approvazione del Coreper, che prevede il divieto di vendita di auto nuove con motori endotermici (principalmente diesel e benzina) dal 2035, era stato sottoposto al giudizio del Parlamento europeo e approvato -in linea di principio- con il voto contrario della Polonia e l’astensione della Bulgaria. Alla Polonia e all’Ungheria si è allineata l’Italia, che aveva dato il suo assenso e si è allineata a due dei quattro Paesi di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria). Non si è pronunciata la sola Germania.
Gilberto Pichetto Fratin: “Il nuovo rinvio in sede Ue sulla decisione riguardante lo stop ai motori termici al 2035 tiene giustamente conto di una forte resistenza di alcuni Paesi europei, con l’Italia in prima fila, a un’impostazione del Regolamento troppo ideologica e poco concreta. L’Italia ha una posizione molto chiara: l’elettrico non può essere l’unica soluzione del futuro, tanto più se continuerà, come è oggi, ad essere una filiera per pochi. Puntare inoltre sui carburanti rinnovabili è una soluzione strategica e altrettanti pulita, che consente di raggiungere importanti risultati ambientali evitando pesanti ripercussioni negative in chiave occupazionale e produttiva“.
Ed ha concluso: “La decarbonizzazione del settore dei trasporti, che resta obiettivo prioritario deve tenere conto delle peculiarità nazionali e di tempistiche compatibili con lo sviluppo del settore dell’automotive. Ci auguriamo che questa pausa consenta anche ad altri paesi e alle stesse istituzioni europee una ulteriore riflessione su un tema così importante per cittadini e imprese“.
“Essere in prima fila” con in seconda Ungheria e Polonia, con i loro problemi in ordine ai diritti civili, non è che inorgoglisca molti italiani, fuori dai palazzi del potere di questa maggioranza. Diciamolo con un poco di onestà: l’occupazione non c’entra nulla, perché non cambia il numero di operai addetti alla fabbricazione, se costruisco un’auro elettrica o diesel, né cambia assolutamente nulla nell’indotto. Cambia l’inquinamento, che non sembra sia una preoccupazione di questa maggioranza e cambia il fatto che molti finti imprenditori, che da sempre dimostrano interesse solo per il profitto, infischiandosene altamente del futuro aziendale o del benessere sociale (Taranto docet), non sono disponibili ad investire alcunché per adeguare le proprie fabbriche ed aziende alla produzione del futuro ed del mondo globale.
Sarebbe opportuna una riflessione sul fatto che “sic stantibus rebus” (la Treccani lo traduce con “stando così le cose”), dall’1.1.2035 il mercato europeo si chiude alla produzione italiana dell’auto e dei mezzi industriali, salvo che non si voglia considerare mercati floridi Ungheria e Polonia. Desta meraviglia peraltro che la Meloni, esclusa recentemente dalla cena all’Eliseo di Macron e Scholz con Zelenskiy, abbia reagito sostenendo, parafrasiamo: “Li erano solo due capi di stato, qui ce ne sono venticinque”. Gli alleati ora sono due, i contrari 24, in attesa della decisione della Germania. Decisamente repentino, come cambio di rotta, ma ormai a di rotta e marce indietro ci stiamo abituando.
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