Un occhio sull’economia del Paese
Le agenzie di rating, dichiara il Mef, “confermano la solidità della linea di politica economica perseguita dal Governo”. Ma Confcommercio teme il caro bollette
La redazione
Capofila Fitch, le agenzie di rating, sottolinea il Ministero dell’economia e delle finanze -Mef (in foto di copertina): “Confermano la solidità della linea di politica economica perseguita dal Governo e l’esigenza di proseguire con vigore sulla strada delle riforme e degli investimenti, secondo il piano concordato con l’Europa”.
Entrando nei dettagli, Fitch ha alzato il rating a ‘BBB’ da ‘BBB-‘ con outlook stabile. Il 22 ottobre S&P aveva confermato il rating ‘BBB’ e a distanza di una settimana Dbrs aveva mantenuto il giudizio a BBB (alto).
Ma Fitch va parecchio oltre. Ha alzato la stima del Pil italiano per il 2021 al +6,2%. La crescita economica trimestrale, sottolinea l’agenzia, è stata del 2,7% e del 2,6% ,rispettivamente nel secondo trimestre e nel terzo trimestre di quest’anno, “ben al di sopra dell’intera zona euro”.
L’agenzia prevede che il “Pil raggiunga il livello pre-pandemia nel primo trimestre del 2022” e che si attesti nel 2022 al +4,3% e nel 2023 al 2,3%. “L’alto tasso di vaccinazione e la vaccinazione obbligatoria dei dipendenti dovrebbero mitigare l’impatto economico dell’ultima ondata pandemica”, sostiene Fitch, che ravvisa nel “forte rimbalzo economico” dell’Italia un “miglioramento” dei conti pubblici.
Fitch stima, quindi un indebitamento al 5,5% del Pil nel 2022 e al 4,5% nel 2023, grazie alle misure di sostegno all’economia e a una “robusta crescita” delle entrate. Il rapporto debito/pil dovrebbe scendere sotto il 154% del Pil entro la fine del 2021, dal picco del 155,6% toccato alla fine del 2020, e a circa il 150% del Pil entro il 2025.
Fitch osserva anche che “il Parlamento italiano deve eleggere un nuovo presidente della Repubblica entro febbraio 2022, quando il mandato settennale di Mattarella terminerà”, Poiché il premier Draghi “è un potenziale candidato, le elezioni presidenziali potrebbero avere un effetto diretto sul futuro del governo di unità nazionale. Il governo ha un’ambiziosa agenda di riforme strutturali, legata al Piano di ripresa e resilienza. Poiché le elezioni parlamentari sono previste per marzo 2023 e l’attuale governo di unità nazionale è sostenuto da partiti ideologicamente diversi, l’attuazione delle misure di riforma potrebbe rallentare nel 2022 e sarà più incerta dopo le elezioni parlamentari”.
Un’analisi come possiamo constatare approfondita e motivata che non lascia nulla al caso.
Di contro Confcommercio fa un’attenta analisi delle spese degli italiani per l’imminente Natale. Per i regali di Natale – afferma la Confederazione dei commercianti- spenderemo “pro capite 158 euro rispetto ai 164 euro dello scorso anno, -8% rispetto al 2019 e oltre il 36% in meno rispetto al 2009. Nel complesso 6,9 miliardi rispetto ai 7,4 miliardi dello scorso anno, con l’inflazione e i rincari delle bollette che rischiano di ridurre ulteriormente la quota di tredicesima destinata a queste spese.
Non crediamo che lo studio, che ha richiesto tempi di acquisizione ed elaborazione dei dati, abbia potuto tener conto della recente bocciatura in Consiglio dei Ministri della proposta Draghi di un contributo di solidarietà per il caro energia da parte dei soggetti con reddito superiore ai 75,000 euro.
Potremmo sbagliare, ma dopo la bocciatura della proposta in cabina di regia ed una opposizione di Lega, Forza Italia e Italia Viva talmente vivace da indurre Draghi a cassare la norma dalla discussione in Cdm, con un fondo di solidarietà che ammonta a soli 800 milioni il Paese potrebbe essere indotto a ridurre ulteriormente le spese natalizie, con buona pace di quel rilancio dell’economia e degli scambi che sono alla base della politica economica di Mario Draghi e, solo in teoria, del suo governo arlecchino.
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