Avere una coscienza?

Il dramma di un piccolo imprenditore, trovato ieri a Napoli impiccato, costringe a porsi diverse domande. Provo a rispondere a qualcuna.

La tragica scomparsa del “piccolo imprenditore” napoletano, trovato impiccato ieri mattina nel suo capannone, ne abbiamo scritto ieri sera, necessita qualche riflessione.

Non è stato il primo e non sarà l’ultimo, che in preda ad una depressione seria, di quelle da cui non si esce da soli, compie il gesto estremo.

La chiesa lo condannava duramente, al suicida toccava la sepoltura in terra sconsacrata. Oggi è meno rigida, comprendendo che una malattia mentale è pur sempre una malattia. Con la depressione non si scherza e se ne sei vittima, non è un gesto del tutto volontario e consapevole.

Ma non è di turbe mentali che desidero parlare con Voi, dovrei essere uno psichiatra, un neurologo, e non ho alcuna competenza in materia. Vorrei tentare di comprendere, aldilà delle motivazioni comuni di determinati gesti, quelle cause specifiche che hanno contribuito in maniera determinante, anche se non esclusiva, alla tragedia. Si perché è un dramma che si aggiunge a quelli del quotidiano bollettino dei morti. Anche quest’ultima è una vittima del coronavirus, ma non solo, sarebbe troppo comodo scaricare tutte le colpe sul virus, sulla pandemia.

Leggere, prima che scrivere, ieri sera della triste notizia, mi ha riportato alla memoria, vizio dei vecchi, quando giovane assistente volontario di scienza delle finanze e tributario nell’Ateneo barese, lessi che (l’amore per i giornali è fra i più stabili della mia vita) nei primi giorni dell’entrata in vigore dell’Iva, un piccolo imprenditore, avanti negli anni si era suicidato, terrorizzato dalle nuove incombenze fiscali appena introdotte nell’ordinamento. Ovviamente io le studiavo quotidianamente, le approfondivo e ne scrivevo. Non mi sembravano, così terrificanti. Ero giovane, passai ad altre letture di quel giornale.

Quest’ultimo dramma lo rileggo in modo diverso. Siamo da troppo tempo in una società che ha perso di vista i valori e del dio denaro ha fatto la sua religione blasfema. Anzi, non siamo più neanche monoteisti. C’è una sorta di triade a cui dedicare ogni sforzo denaro-potere-visibilità. Se non li hai non sei nessuno. Poco importa il come. Ovviamente, purché l’eventuale illecito rimanga ben coperto e l’immagine non sia compromessa.

Se non hai il denaro sufficiente per andare avanti è un problema, davvero, insormontabile. Sto rivedendo mentalmente le immagini sul web, divenute virali, di quel giovane imprenditore che inveiva e prendeva a calci le saracinesche di un’agenzia bancaria di Bari. Quel giovane gestiva tre negozi e gli venivano negati 50€ per sfamare la famiglia. Un passante glieli ha donati. Siamo numeri per le banche, per i gestori dei servizi essenziali e non, per gli uffici fiscali, per i supermercati, un poco ovunque.

Ecco che quando un piccolo imprenditore va nel suo capannone, centro pulsante di una vita di lavoro, fatta di sacrifici e di mille peripezie per andare avanti, e si accorge di non poter pagare i pochi dipendenti e collaboratori, i fornitori, magari il mutuo, le bollette, ecco che il baratro del disastro gli si apre dinanzi. Si chiede chi può aiutarlo e, se la risposta che si da è nessuno, il dramma è ad un passo dal consumarsi. Non ha certo giovato al suo umore l’essere stato chiuso in casa tanto tempo. Qualcuno ha coniato “agli arresti domiciliari sanitari”. Diligentemente ha osservato le disposizioni, più che giuste per non mettere in pericolo se e gli altri. Ed ora?

Ora avrebbe avuto il diritto di trovare un qualche aiuto reale, palpabile, concreto. Ed invece, ha visto una classe politica litigiosa, direi meglio rissosa, dove i confini tra maggioranza ed opposizione si confondono, un’Europa che si sta quotidianamente disfacendo, i grandi, si fa per dire, del mondo “in tutt’altre faccende affaccendati”, una burocrazia sempre uguale, nemica. Riuscito da casa ha trovato banche, istituzioni, con rappresentanti di prossimità dello Stato e degli enti locali, sportelli, fisici e non, con dietro esseri disumani, pardon disumanizzati dalle regole, spesso idiote, ma che se non osservi sei finito. Un sistema che sta mostrando non la fragilità, ma l’incapacità, la disumanità e l’inutilità: prima era nei confronti del diverso, ora di quello che fino a ieri era “l’amato fratello”.

Quel morto dovrebbe pesare e moralmente pesa sui sistematici ritardi di chi il problema di fare la spesa, comprare medicine per se, ma soprattutto per i propri familiari, non ce l’ha e, dunque, non esiste. Lo sbandiera solo per ottenere consenso, ma appena finita la “scenetta”, arrivederci e grazie. Scrivo “dovrebbe pesare” perché per pesare sulla coscienza, una coscienza la si deve avere e dubito assai che sopravviva ancora a certi livelli.

Non sono responsabili solo i politici, o se preferite politicanti, lo sono altrettanto i burocrati e tutti coloro che hanno contribuito a creare un cosiddetto “mondo migliore e progredito”, media in primis, mondo che mentre si sta ecologicamente suicidando e sta trucidando sempre più esseri umani, dove si vede meno, alla prima prova seria, si sfalda. Il re è nudo.

Non mi resta che fare le davvero le più sentite condoglianze alla famiglia di Antonio Nogara, ma io almeno sento la vergogna di fronte a loro e a quella salma (Rip) per il mondo che ho contribuito, nel mio piccolo, a costruire.