Bari sui media nazionali, purtroppo per l’osceno “trenino” al Petruzzelli

Proviamo a ragionarci sopra e dirla tutta senza sconti per nessuno

Gianvito Pugliese

Il nostro giornale ha la redazione centrale a Bari. E’ barese, dunque, ma solo a modo suo. Ispiratosi, forse presuntuosamente, alla baresità di Radio Bari, della scuola di Benedetto Croce a Casa Laterza e dell’école barisienne, i tre momenti più significativi della storia culturale barese del ‘900, tenta di vedere e raccontare i fatti del mondo (e non puramente e semplicemente quelli locali) come li avrebbero visti e raccontati i personaggi che dettero vita a quei fermenti, che pur spentisi nel tempo hanno lasciato un seme nel dna dei baresi colti, che non sono tantissimi. Non confondiamo “colti” con “eruditi”, mele e pere sono frutti diversi. Un ultimo flash: presentando il giornale il 3 febbraio 2020, presente il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Puglia e Basilicata, Piero Ricci, che ringrazio nuovamente, dissi che avremmo tentato l’impresa omerica di dare principalmente spazio alla cultura ed, anzitutto, ai creativi ed alle loro opere. Così finora è stato con almeno un paio di articoli al giorno, pensati e dedicati a loro. Due grandi sfide: confrontarsi con le grandi testate, non limitandosi territorialmente, privilegiare cultura e creatività in un mondo che sembra amare la cronaca violenta e pruriginosa.

Tutta questa lunga premessa, se Vi ho annoiato mi scuso, per dirVi, care lettrici e lettori che mi occuperò del “trenino ben augurante” al Petruzzelli, in ragione del fatto che è oggi è sotto l’attenzione dei media, al punto che se ne è occupato una grande agenzia di stampa. La prima parte di questo editoriale sarà dedicato alla ricostruzione del fatto nella versione dell’agenzia, poi ragionerò con Voi e scriverò, spero, alcune cose inedite, frutto del mio essere cresciuto, fin da bimbo, nel Petruzzelli.

Cominciamo. L’autorevole Agenzia di Stampa è l’Agi che nella sua prima pagina di stamane ripropone un suo articolo del giorno 6 dal titolo “La polemica sul trenino al Petruzzelli di Bari la notte di Capodanno“. Proverò ora a riassumere, ma per chi fosse interessato alla lettura integrale ecco il link.

La foto postata dall’Agi, si vede il pubblico che balla ammassato e senza protezioni

L’articolo prende spunto dalla richiesta di chiarimenti del sindaco Decaro su quanto accaduto al Petruzzelli, in diretta nazionale su Canale 5, la notte del 31 dicembre. La maggioranza di spettatori che balla in platea, senza mascherina e distanziamento, finisce occasionalmente sulla foto di copertina postata dall’Agi, e già le norme anti Covid sono andate a farsi benedire, poi l’apoteosi dell’inosservanza e della “coattaggine”, “il trenino” tipo matrimonio di serie 0 o 00, come la farina. Decaro è presente, lo vede, cerca di fermare almeno il top, cioè il trenino. Tentativo vano e chiede “al sovrintendente della Fondazione che gestisce il teatro, Massimo Biscardi, l’avvio di un’indagine per individuare chi, a ridosso della mezzanotte, in spregio alle norme anti-Covid, ha improvvisato il ‘trenino beneagurante’ che ha attraversato la platea”.

Piccolo particolare non sottolineato: è Decaro il Presidente della Fondazione Petruzzelli. Biscardi si dovrebbe occupare più di scelte artistiche e condividere con Decaro la responsabilità amministrativa. Andiamo avanti. Una nota dell’Ufficio stampa di Decaro, in realtà quello del Comune, vien diffusa: “La necessità di fare chiarezza su quanto accaduto ha spinto il sindaco a richiedere una verifica puntuale delle immagini della serata che, con tutta la loro portata diseducativa e scorretta, in un momento in cui si richiede sobrietà e rispetto nei comportamenti individuali e collettivi, hanno provocato sdegno e comprensibili polemiche, rischiando di compromettere il successo di una iniziativa che aveva come obiettivo quello di promuovere la città e il suo teatro su canali radio-televisivi nazionali”, e prosegue: ” Già seduta stante, durante la serata, lo stesso sindaco accortosi dalla visione dei monitor tv, di quanto stava accadendo, aveva richiesto con fermezza di ripristinare l’ordine in sala“.

Biscardi risponde subito che l’inchiesta della Fondazione ha accertato le responsabilità di alcuni operatori della ditta esterna, addetti al servizio di sala e accoglienza per il trenino. Alla società, la Fondazione ha in queste ore formalmente contestato l’inadempimento contrattuale con relativa applicazione della penale non valutando accettabile le giustificazioni fornite su quanto accaduto.  Fine dell’articolo. Troppo comodo lo scarica barili sui “fessacchiotti di turno”,

Decaro è presidente dell’Anci, cioè Sindaco dei sindaci. Dovrebbe ricordare la vicenda che è costata la carriera politica al Sindaco di Torino Chiara Appendino. Due morti in piazza a Torino il 3 giugno 2017 per colpa di giovani criminali che. per rapinare alcuni spettatori. avevano utilizzato spay urticanti, simulando un attentato terroristico. Nella calca di spettatori che cercavano di mettersi in salvo, ci scapparono due morti e circa mille e cinquecento feriti, di cui otto gravi. L’Appendino non si è ricandidata per quella vicenda e la sua carriera politica, aldilà delle frasi di circostanza, sembra terminata.

Caro Sindaco, la tua responsabilità oggettiva in quell’evento c’è tutta. Sei tu in quanto Sindaco la massima autorità in materia di pubblico spettacolo, eri tu, in quanto presente, il capo della polizia in quella circostanza. Avevi disposto la presenza di Forze dell’Ordine? E se si perchè non le hai fatti intervenire già dai balli sfrenati in violazione delle norme Covid?

Ed ancora sei Tu, caro Antonio, che avvalendoti del sovrintendente Massimo Biscardi e dell’Assessore alla Cultura, Ines Pierucci, stranamente silenziosa in merito, avresti dovuto rifiutare la proposta Mediaset, per l’inopportunità di tenere quel tipo di spettacolo dozzinale da piazza in un teatro quale il Petruzzelli. Probabile che né tu, nè i tuoi collaboratori sapete che la funzione di un teatro elevato prima a teatro di tradizione e poi a Fondazione lirico-sinfonica ex lege 800/1967 è quella di tutelare e diffondere la cultura musicale nel territorio di competenza, coordinando e promuovendo anche le attività musicali minori? E’ questa la tutela della cultura musicale, spettacolino di Mediaset con presentazione della Panicucci? Questo avrebbe dovuto e potuto far crescere Bari? Mai visto tanto deteriore provincialismo. Certo, con la legge Corona gioco in casa essendo stato annoverato tra i quattro-cinque maggiori esperti di Diritto dello Spettacolo a livello nazionale. Resta, comunque il fatto che non mi pare proprio che stiate adempiendo, tu e Biscardi, a quel compito ed a quel ruolo.

Anche se l’avessi fatto tenere in piazza, luogo più consono, non è che l’immagine culturale di Bari se ne sarebbe giovata, anzi. D’altro canto le scelte in anni pre-Covid con cantanti neomelodici, pur di fama, a chiudere l’anno barese, erano forse addirittura peggio. Piaccia o meno la canzone neomelodica è assurta a inno della camorra. Questione di gusti, anzi di buon gusto.

Ho letto articoli che ti accusano di “blasfemia” per aver permesso quello spettacolo al Petruzzelli, tempio della cultura, e che ti condannano a prescindere da trenini e balli da discoteca. Ti parrà strano. ma spezzo ora una lancia in tuo favore, ricordando a certi individui “raglianti”, autoproclamatisi detentori della cultura ed esaltati dalle pagine locali di prestigiose testate, due cose che o ignorano proprio, o non riescono a correlare, o non trovano comodo ricordate. Scegliete Voi.

Prima: proprio il tempio della cultura, fu adattato, anche materialmente, mentre era teatro di tradizione, in un cinema di infimo ordine e dalle pellicole scadenti. Si faceva cinema negli intervalli tra gli spettacoli della stagione lirica prodotta, dei concerti della Fondazione Piccinni (che è stata la vita dei miei genitori prima e mia dopo), di rari spettacoli teatrali (ricordo la commedia musicale “Rinaldo in campo”, principale interprete Domenico Modugno). Orbene i distributori cinematografici volevano per le proiezioni della pellicola tutto il tempo e nessuna interruzione. Quindi il Petruzzelli, nonostante la straordinaria capienza, non era appetibile e gli scaricavano le pellicole peggiori e più dozzinali. Poi c’era l’uso “particolare” del cine-teatro ad opera delle coppiette che, con l’aggiunta di una piccola mancia al costo del biglietto, ottenevano l’uso esclusivo di un palco. All’epoca, pochi avevano l’auto con cui appartarsi. Vi lascio immaginare il sonoro dalla sala, che si univa a quello della pellicola, talvolta sovrastandolo. Frequentavo spesso il Petruzzelli-cinematografo perché da ragazzo godevo dell’ingresso gratuito ed a caval donato non si guarda in bocca. Tornando dal faceto al serio. Per aumentare la capienza ai fini cinematografici fu tagliata la ribalta e arretrato di un paio di metri ed oltre il proscenio rispetto a quello, fino ad allora intatto dalla sua inaugurazione che risale al 1903. L’acustica fu definitivamente pregiudicata. Ma i “colti baresi” parlarono sempre di acustica eccezionale, non si sono mai accorti di enormi zone affette da totale sordità del teatro.

Seconda: chi, invece ha sempre avuto un’acustica eccezionale è il Teatro Comunale Piccinni, il teatro più antico della città. Ebbene il tempio della prosa e della mucica da camera, spettacoli adatti alle sue ridotte dimensioni, era sistematicamente smontato delle poltrone della platea ogni anno a Carnevale. in occasione del “Veglione della Stampa”, spettacolo di pubblico, con ridicoli cappellini prevalentemente conici e trombette di carta, si cui si parlava per mesi interi nella Città, che commentava l’evento dell’anno, con aggiunta di pettegolezzi su corna e rapporti clandestini connessi.

Cortesemente, salomoni (o salmoni?) della cultura local, memorizzate queste due faccende, la prossima volta, raglierete meno forte, magari.

A Bari non è che non ci sia gente colta e ambienti, sia pure molto ristretti, in cui se ne coltiva la crescita. Ma più passa il tempo più diventano mosche bianche. Gianrico Carofiglio, il più noto scrittore locale, che per inciso fu per qualche mese Presidente del Petruzzelli e forte della sua esperienza di ex Pm se ne scappò di corsa. Il Petruzzelli, infatti, fu poi coinvolto nello scandalo del suo potente direttore amministrativo, Vito Logo, condannato per reati commessi nell’ambito della gestione del Teatro. E nessuno si era mai accorto di nulla. Dovrebbero adottare l’inno “omertà, dolce chimera sei tu!”. E non è da meno il prof. Luciano Canfora o lo scrittore Raffaele Nigro, nativo di Melfi, ma che è vissuto ed a lavorato a Bari, dove si è formato. Ed accanto a questi tre moschettieri delle cultura barese, c’e un ottimo reggimento di veri colti, che non hanno fatto carriera e fortuna, grazie alla diffusa avversione del potere barese, sia quello economico che politico, verso i colti ed i preparati. Una sorta di alieni da guardare a vista.

E così mentre da un lato quel reggimento, deluso e disgustato, si ritira in buon ordine e diserta a ragione le stagioni artistiche dozzinali prodotte e distribuite in loco, dove un circuito teatrale è un barraccone mefitico, gli enti regionali per la cultura affidati a scarpari, capaci solo di arti su cui meglio stendere un velo pietoso. Dal furto al voto di scambio. Per rimanere in tema, un teatrino che si ammanta di cultura a dozzine. magari dozzinale è più appropriato, sforna ad ogni piè sospinto spettacoli, scritti quando va bene da docenti di scuola, che il teatro, quello vero, dovrebbero imparare a frequentarlo, prima di scriverlo. Porcate immonde. Pubblico: docente, allievi e familiari costretti, poverini. Poi si inventano le presenze di scambio tra docenti e la sala diventa più frequentata. E se ti giri nel campo delle arti visive e figurative quasi peggio, se fosse possibile, dopo che la critica è stata monopolizzata per decenni, con un’operazione di potere da ultima provincia dell’impero. L’affiancano comunelle che gestiscono contenitori dalle vicende inenarrabili. E se pensiamo a quel conservatorio di musica “Niccolò Piccinni”, che divenne fra i primi del Paese con la direzione del grande Nino Rota, che attirò a Bari fior fior di musicisti, ci viene la pelle d’oca. Ai concerti, anche quelli di un certo livello, delle migliaia d’iscritti, per diventare futuri musicisti, neanche la più pallida ombra. Circa duemila dispersi, che ricompaiono, ma a piccoli gruppi, solo per i saggi Mica colpa dei ragazzi se i loro insegnati, che tremano al pensiero di un confronto con i concertisti veri, anziché spingerli nella sale da concerto ad ascoltare ed apprendere, li disincentivano. Risultato una musica per clan: ogni musicista in carriera dispone più o meno di una cinquantina di fans, che in parte lo seguono se si esibisce. Numeri da piangere nella sale, salvo la furbata di farne il collage di quattro o cinque, una bestemmia per un recital, ma che intanto ti mette insieme forse duecento persone. Successo storico per il critico, che dell’insalata mista sul palcoscenico non se ne è accorto. A lui basta e avanza l’appaltino della “guida all’ascolto” che confeziona per il furbo organizzatore, lautamente finanziato da Stato, Regione, Comune, talvolta Europa, e prossimamente su questi schermi anche dal Condominio. Film ovviamente del genere Horror.

Dopo tutta questa filippica cambierà nulla? Temo di no, non perché non creda nel mio giornale, che negli ambienti artitico-culturali ha una penetrazione senza eguali, o perché non creda a quanto appena scritto. Le leve del potere sono in mani che con la cultura non hanno assolutamente a che vedere, lontani anni luce, optavano ed optano per sostenere chi parla la loro lingua in tutti i sensi, dal do ut des, al livello terra terra di quanto prodotto e distribuito.

Se questo è il progresso, “aridatece er puzzone”.

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