Berlusconi: nessun premier prima delle elezioni
Poi si lascia andare alla balla del secolo; “Il Pnrr ottenuto per il mio intervento determinante”
Gianvito Pugliese
Continua senza quartiere la guerra interna nel centrodestra. Forse più che di una guerra, anche alla luce di certe sintonie tra i personaggi, si tratterà di un’ “Operazione speciale politica” messa in campo dal tandem Berlusconi -Salvini per denazificare, pardon, neutralizzare, la temuta alleata, quella Meloni che, da sola o meglio con i suoi Fratelli d’Italia, stando al sondaggio odierno di Piepoli per Rainews24, sopravanza di 3,5 punti la somma dei due alleati, che anche con l’aiuto dei “moderati”, restano indietro anche se di solo mezzo punto.
Mi chiedo e lo domando ai lettori: si tratta di mero maschilismo ed egocentrismo dei due sodali, che indubbiamente li caratterizza, o non piuttosto di una partita mortale, come certi giochi di ruolo diffusi tra i ragazzini sui social, ingaggiata tra alleati per stabilire chi realmente comanderà dal 26 settembre in poi?
“Se Forza Italia avesse un voto in più dei suoi alleati la politica del governo sarebbe ancor più caratterizzata in senso liberale, cattolico, garantista, europeista, atlantista. Al resto penseremo dopo aver vinto le elezioni”. Lo afferma Silvio Berlusconi in un’intervista rilasciata al Foglio, rispondendo al Collega che gli aveva chiesto “se in ossequio all’accordo del centrodestra” sarebbe stato lui il nuovo inquilino di palazzo Chigi “se Forza Italia risultasse nelle urne il primo partito del centrodestra”.
Segue la domanda sull’opportunità (io avrei detto, piuttosto, “il pericolo”) di rivisitare il Pnrr con a palazzo Chigi un governo di centrodestra a guida Meloni, che lo ha già anticipato. Risposta del Cavaliere: “Il Pnrr noi non l’abbiamo semplicemente votato: sono stato io a dare un contributo importante, forse determinante, con i miei colleghi e amici leader nel Ppe, perché l’Italia potesse disporre di tante e tali risorse. Sono molto orgoglioso di aver servito il mio paese in quest’occasione e credo che si tratti di un’opportunità straordinaria da utilizzare al meglio. Se necessario se ne potranno rivedere alcuni dettagli per adeguarli al mutare delle circostanze, ma la sua attuazione rimane determinante per uscire dalla crisi”.
Si passa alla politica estera di un ipotetico prossimo governo di centrodestra e Berlusconi si proclama “il garante” del suo europeismo e atlantismo: ”L’ingresso nel Ppe significa l’adesione a una precisa visione dell’Europa e del ruolo dell’Italia in Europa. Un’Europa basata sui valori giudaico-cristiani, sul modello liberale, sulla sussidiarietà. Io sono certamente molto favorevole all’allargamento dell’area che fa riferimento al Ppe in Italia. Se i nostri alleati vorranno intraprendere un percorso di questo tipo -conclude Berlusconi– noi naturalmente li aiuteremo”.
Non trovo né giusto, né garbato, far riferimento all’età avanzata del leader di FI, ma a cos’altro attribuire il sentirlo parlare oggi (che FI è stimata al 7,5%), come nell’epoca d’oro in cui Forza Italia o il suo Polo delle Libertà viaggiavano intorno al 40% e passa?
Stendiamo pure un velo pietoso sul ” Pnrr ottenuto per il mio intervento determinante”, è che diamine, lo sanno pure i bambini com’è andata.
Resta un dubbio, Berlusconi passa o si spaccia, come preferite, per il moderato che non è mai stato in vita sua? Mi chiedo dunque, non si rende conto delle sue concrete possibilità e peso in quell’ipotetico governo, dove ben che vada finisce penultimo, dinanzi ai moderati (i cespugli di destra da Toti, a Lupi, da Brugnaro a Cesa) o prende in giro l’elettorato illudendolo che sarà lui “il patriota moderato” a governare e non la Meloni, che una storia di moderazione politica non c’è l’ha alle spalle.
Difficile azzardare quale delle due sia l’opzione giusta, ma c’è una certezza, ed è quella che da qui a non più di un paio di giorni Berlusconi negherà di aver detto queste cose, asserendo che il Collega del Foglio lo ha frainteso, che lui non lo ha mai detto e che è solo l’eterno consueto equivoco. Se non mi sono perso qualcosa di ulteriore, l’ultima è stata quando ha detto che appena varato il presidenzialismo Matterella “avrebbe dovuto dimettersi”. Ventiquattro ore, e lui non lo aveva mai non solo detto, ma neanche pensato.
Come diceva il grande Ennio Flaiano, “in Italia la situazione politica è molto grave, ma purtuttavia non è seria“. La tendenza, piuttosto comune, ad ingannare l’elettorato con promesse mirabolanti ed inattuabili rende comica e drammatica la vicenda, al punto che quando a palazzo Chigi c’era qualcuno che aveva risollevato il Paese, anzitutto nell’immaginario collettivo mondiale, si è fatto l’impossibile per espellerlo.
Superfluo ricordare i festeggiamenti al Cremlino quando è accaduto.
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