Col terrorismo non si fa la pace
Le atrocità non giustificano le atrocità, ma chi difende Israele oggi, difende anche le democrazie occidentali
Giovanna Sellaroli
Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, quello che nega uno Stato a 20 milioni di curdi e ne ammazza a migliaia in una guerra civile infinita, ha telefonato a Papa Francesco per denunciare la strage di civili in corso a Gaza.
“Gli attacchi israeliani contro Gaza hanno raggiunto il livello del massacro” ha detto, stando a quanto ha reso noto la presidenza di Ankara. Parlando col Papa, Erdogan ha anche criticato la mancanza di indignazione da parte della comunità internazionale rispetto agli attacchi contro Gaza.
Una telefonata che arriva dopo uno dei più duri attacchi verbali nei confronti di Israele dall’inizio del conflitto con Hamas. Di seguito, annuncia anche la cancellazione del suo viaggio in Israele. “Hamas non è un’organizzazione terroristica, ma un gruppo di combattenti che agisce per la difesa e la liberazione del proprio popolo e della propria terra“, ha detto in un discorso al gruppo parlamentare del suo partito Akp, “I miliziani di Hamas sono combattenti non terroristi … Non abbiamo problemi con lo Stato di Israele ma non abbiamo mai approvato le atrocità commesse e il suo modo di agire, simile a un’organizzazione più che a uno Stato”, ha detto Erdogan ai suoi parlamentari.
Da quale pulpito viene la predica, da Erdogan, un dittatore (così lo definì giustamente Mario Draghi, un signore nei modi che di certo non ha mai sbagliato un’affermazione), l’amico di Putin, quello della stretta sui diritti umani in Turchia, quello della guerra culturale, schierato contro i diritti delle donne. Proprio oggi Human Rights Watch lancia l’allarme: “ I continui attacchi della Turchia nel nord est della Siria stanno aggravando la crisi umanitaria per la popolazione curda”
Una delle tante spine nel fianco per l’Occidente sotto attacco.
Le parole di Erdogan seguono di poco le dichiarazioni di martedì del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres: “È importante – ha detto intervenendo a Palazzo di Vetro – riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione“. Ha poi aggiunto che “…certo, le sofferenze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas“, ma anche che quegli stessi attacchi “non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese“.
Approccio giustificazionista in queste parole non all’altezza del ruolo rivestito e inadeguate alla gravità e all’attualità del momento.
Ricordiamola l’attualità, all’alba del 7 ottobre 2023 i miliziani del movimento terroristico islamista Hamas compiono una barbara operazione contro gli ebrei di Israele; circa 1.400 uccisioni, tantissimi feriti e circa 250 ostaggi sono le cifre di un attacco senza precedenti, per un numero di vittime secondo solo all’Olocausto posto in essere dai nazisti ottanta anni fa.
L’attualità richiederebbe dunque ben altre parole di diverso tenore, e precise priorità che nell’ordine non possono ignorare i seguenti assunti:
Hamas è un’organizzazione terroristica;
Chi è contro la guerra non può giustificare Hamas in via eccezionale;
Tutti gli Stati hanno diritto alla difesa.
È fondamentale rammentare che Gaza non è un territorio occupato, e che dal 2005 non c’è un solo soldato israeliano nella Striscia. Gaza non può essere trattata come regime di occupazione.
Nel 2006 “Hamas”, acronimo di “Movimento di Resistenza Islamica” in lingua araba (Ḥarakat al-Muqāwamah al-Islāmiyyah), vinse le elezioni per il consiglio legislativo palestinese con il 44% dei voti contro il 41% di Fatah.
Un anno dopo Hamas sconfisse Fatah nella battaglia di Gaza (10-15 giugno). I funzionari di Fatah furono fatti prigionieri, giustiziati o espulsi. Dopo aver cacciato Fatah dalla Striscia nel 2007, a Gaza non si sono tenute nuove elezioni. Fatah governa in Cisgiordania, Hamas a Gaza.
In una dichiarazione dell’epoca, Hilary Clinton affermava: “Israele ha lasciato Gaza. Hanno eliminato tutti gli israeliani. Hanno consegnato le chiavi al popolo palestinese e cosa è successo? Hamas ha preso il controllo di Gaza, quindi invece di avere un’economia fiorente con il tipo di opportunità che meritano i figli dei palestinesi, abbiamo un rifugio terroristico che riceve sempre più razzi spediti dall’Iran e altrove”
Di un’attualità sconvolgente.
Gaza risulta essere una prigione a cielo aperto, è stato più volte sottolineato, circondata da Israele; in realtà non corrisponde a verità perché Gaza è circondata da Israele, dal mare e dall’Egitto. Viene descritta come Guantanamo, ma ha una frontiera con l’Egitto, e da tempo usufruisce di aiuti più che sostanziosi dall’Europa. Perché allora non si è creato nulla per la popolazione? E mi chiedo, perché Gaza ha scelto Hamas?
La Striscia riceve grandissimi finanziamenti anche dall’Onu, e allora dove sono finiti questi enormi fondi, aiuti umanitari che avrebbero certamente potuto migliorare la vita delle tante creature innocenti di Gaza, rendere efficienti gli ospedali, e creare le infrastrutture necessarie?
E il carburante? In questi giorni sono partiti più di 7000 razzi lanciati verso Israele, ebbene, serve carburante per queste operazioni di lancio, esattamente quel carburante oggi più che mai necessario per rendere funzionanti i generatori e le strutture ospedaliere.
Il carburante tanto invocato in questi giorni drammatici è finito negli armamenti, Hamas ha costruito un enorme sistema di tunnel (tipo Azovstal) aerati con ventilatori e cisterne in cui stipare carburante. I tunnel sono utilizzabili solo grazie al combustibile.
Hamas è infiltrata, intrecciata indissolubilmente con la società civile e da questa poco distinguibile, mette le sue basi e i suoi arsenali sotto le case, le scuole, gli ospedali e usa i civili come scudi umani. Si muove indisturbata sotto la rete di tunnel, cunicoli scavati sotto la città, labirinti infernali utilizzati in origine per il contrabbando di merci dall’Egitto.
Secondo fonti dell’intelligence statunitense, per oltre due anni, un piccolo gruppo di miliziani di Hamas avrebbe comunicato tramite reti telefoniche private, installate nei tunnel sotterranei per organizzare l’attacco del 7 ottobre.
Il capo, o meglio la capa del Movimento delle Donne di Hamas, ha sostenuto in TV che dopo aver introdotto i bambini di Gaza alla Jihad fin dall’infanzia, tutte le ragazze palestinesi vogliono sacrificarsi in attacchi terroristici contro gli ebrei, ed elogia le ragazze minorenni per questo desiderio di sacrificarsi.
Hamas ha immagazzinato munizioni nelle scuole, ha collocato lanciamissili nelle moschee, ha istituito centri di comando negli ospedali, allora chi dice di amare il popolo palestinese, non dovrebbe forse denunciare i metodi terroristici usati da Hamas con i palestinesi oltre che con Israele?
La gente a Gaza crede in Hamas e nel suo modo di agire.
Si possono eliminare le persone, ma non le idee.
Nel summit per la pace tenuto al Cairo il 21 ottobre scorso, alla fine dell’incontro, è saltata la dichiarazione congiunta, ha pesato il disaccordo tra delegazioni arabe ed europee sulla necessità di inserire nel testo un’esplicita condanna nei confronti di Hamas e una frase sul diritto di Israele a difendersi.
E l’Occidente sta a guardare.
Dunque appare evidente che si nasconda un’idea latente nel mondo arabo che vuole la distruzione di Israele e accetta silente le forme di terrorismo come Isis.
Ihsan Ataya, dirigente della Jihad islamica palestinese, senza ritegno ha testualmente detto: “Il nostro obiettivo è che Israele venga smantellato come Stato”.
Da quando Hamas ha attaccato Israele, si è messo in atto un’accesa campagna di disinformazione telematica come parte della strategia di guerra. Non è la prima volta che una battaglia si sposta sul terreno della propaganda online, i social media giocano un ruolo di primo piano per influenzare l’opinione pubblica, Mosca docet.
Subito dopo l’incursione di Hamas in Israele il Centro per la lotta alla disinformazione ucraino ha dichiarato che diversi canali Telegram vicini alle forze armate russe hanno diffuso numerosi video che mostrano armi di produzione europea e statunitense corredati da didascalie come “Hamas ringrazia l’Ucraina per avergli venduto le armi”.
La velocità con cui è stata rilanciata la notizia di un bombardamento israeliano su un ospedale di Gaza, causando la morte di 500 persone, senza attendere la minima verifica, è il segnale di un pregiudizio, è la spia che nella testa di alcune persone esiste un racconto già scritto. Un pregiudizio nei confronti di Israele così come si tocca con mano ogni giorno l’accanito pregiudizio nei confronti dell’Occidente tout court.
E ciò che più spaventa nella tragedia dell’ospedale di Gaza è la permeabilità dei media occidentali, dalla BBCWorld e New York Times, fino a Bruno Vespa e Sansonetti, e TG nazionali, alla propaganda di un folto gruppo di islamisti palestinesi con propensione conclamata alla menzogna.
Diverse fonti autorevoli, dopo approfondite indagini, hanno concluso che l’ospedale, dove si erano rifugiate decine di famiglie palestinesi, è stato colpito da un razzo destinato in realtà a Israele. Tra le ricostruzioni, quella del The Wall Street Journal, accompagnata da un video, sembrerebbe confermare che si tratti di un razzo lanciato dall’interno di Gaza. L’analisi di immagini satellitari da diverse angolazioni, insieme alle evidenze sul cratere, dimostrerebbe che l’esplosione è stata innescata da un missile difettoso sparato dai militanti palestinesi.
Persino l’autorevole New York Times ha fatto ammenda, scusandosi con i lettori per come ha inizialmente dato la notizia dell’attacco all’ospedale di Gaza, avendo cioè rilanciato solo la versione di Hamas senza verificarla.
Per quasi due anni ci siamo sorbiti la bufala del pacifismo e del “no alle armi”, una sorta di pantomima per coprire l’attacco criminale della Russia all’Ucraina. E poi, in un sabato di ottobre, di fronte ai tagliagole di Hamas che massacrano un numero enorme di pacifici, quelli sì, civili inermi, sterminano e decapitano persino neonati, ecco che il pacifismo senza se e senza ma, diventa ondivago. Il massacro di 1.400 ebrei e il rapimento di 240 persone diventa un atto giustificato, persino osannato in molte piazze dell’Occidente, da quegli stessi che al grido di “no alle armi” vogliono farci credere che sono nel giusto.
In Occidente si è verificato una deliberata rimozione della strage di Hamas. Una preconcetta ostilità antiamericana sta portando a giustificare regimi dittatoriali, teocratici, autoritari e illiberali, tutto nella comodità di espressione delle odiate democrazie.
Gli atti di antisemitismo si sono moltiplicati in questi 20 giorni, “stiamo sdogando l’odio nazista e in troppi se ne stanno in silenzio complice. Sta diventando normale gettare e bruciare la bandiera di Israele o inneggiare alle camere a gas” (ndr. Fonte Libdem europei).
Risuonano più attuali che mai le parole di Primo Levi: ”Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia”
E mentre in Israele il regime democratico sta mettendo in discussione la fiducia in Benyamin Netanyahu, per il suo regime corrotto, da più parti del mondo arabo si inneggia all’annientamento di Israele.
E molti occidentali, che dovrebbero conoscere il valore della democrazia e della libertà, dal calduccio delle loro poltrone, non solo stanno a guardare, ma si rendono anche complici col loro tifo da stadio.
Ai giovani uomini e donne che a Londra stracciano i manifesti dei prigionieri di Hamas con tanta convinzione, vorrei dire bello vivere in una democrazia vero?
E le ragazze che vivono in occidente, le vorrei vedere come reagirebbero se venisse loro riservato il trattamento che gli Ayatollah riservano alle donne iraniane.
La situazione non è mai stata così grave per noi europei, da quasi due anni attaccati dalla Russia e ora dalla guerra in Medio Oriente che potrebbe pericolosamente allargarsi.
L’Occidente è a rischio, la democrazia e la libertà non sono scontate.
Chissà, non aveva mica ragione quella “pazza” di Oriana Fallaci quando scriveva: “Esiste l’Islam e basta. E l’Islam è il Corano. Nient’altro che il Corano. E il Corano è il Mein Kampf di una religione che ha sempre mirato ad eliminare gli altri. Una religione che si identifica con la politica, col governare. Che non concede una scheggia d’unghia al libero pensiero, alla libera scelta. Che vuole sostituire la democrazia con la madre di tutti i totalitarismi: la teocrazia”.
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