Conte si rassegna alla solitudine: “Saremo il terzo polo”

E attacca Draghi responsabile di aver “esiliato la dialettica politica”

Gianvito Pugliese

Ancora una volta Conte ha fatto male i conti. Fino a ieri si stupiva dell’atteggiamento del Pd che, non ritenendolo più assolutamente affidabile, manifestamente aveva escluso i pentastellati contiani dal “campo largo”, che Letta aveva lanciato a suo tempo.

Aveva preso per una minaccia a vuoto l’avviso del Pd, che se non avesse votato la fiducia a Draghi, l’alleanza tra i due partiti sarebbe finita, senza ripensamenti. Non l’ha votata, sentendosi l’eroe del giorno, il Masaniello del terzo millennio, con Lega e Forza Italia, che hanno colto l’occasione per azzannare la preda, un Governo italiano che si permetteva di essere il più autorevole in Europa, un affronto intollerabile sia per Berlusconi, che per Salvini.

Poi, ottenuta la caduta del Governo Draghi, tronfio del successo ha minacciato il Pd di rompere l’alleanza in Sicilia, se a Roma non la si confermava nell’immediato. Quando poi ha capito che non se lo filava più nessuno, ha improvvisamente sbandierato la sua agenda progressista, senza contare che si troverà ad affrontare a giorni, Grillo sul massimo due mandati e Di Battista. storicamente destroide, sponsorizzato come nuovo capo politico dal duo De Masi-Travaglio.

Ed oggi sfodera la nuova linea: “Draghi ha assunto un atteggiamento di estrema risolutezza. Ha ritenuto, pur dopo 18 mesi di governo, che la dialettica politica dovesse rimanere definitivamente esiliata. Il centrodestra ne ha approfittato per attaccarci, insieme a Italia Viva e a Insieme per il futuro: siamo stati bullizzati davanti al Parlamento e a tutti i cittadini, siamo stati messi in condizione di non poter più sostenere questo governo”. Affermazioni in una diretta Facebook. “La campagna elettorale è stata definita dal pensiero unico. Ci sarà il voto utile: o si vota Meloni o Letta, oppure Calenda che si propone, Renzi, Di Maio, Brunetta. Ci sarà una sorpresa, un terzo incomodo: il M5s con la sua agenda progressista e sociale”.

Ed alla fine il colpo di teatro: “Saremo soli, saremo il terzo polo, il terzo campo, il campo giusto”, ha concluso.

Ed in realtà chi ha concluso è quel M5s che partito in questa legislatura con oltre il 33% in entrambe le camere, chiude al momento con un indice di gradimento del 10,1% e, sbaglierò, ma è destinato ad ulteriori trasmigrazioni interne ed emorragie di voti.

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