Crisi: evoluzioni

La crisi, aperta dalle dimissione delle ministre di Italia Viva, comincia a compiere i suoi primi passi-

GP

Ogni crisi di governo ha una sua storia, a dire il vero che diverge solo per i dettagli e. spesso, per la conclusione, ma alla fine nulla di nuovo all’orizzonte, in fondo i tituali sono più o meno gli stessi.

Confesso che mi annoia e rattrista dover seguire e descriverne, l’evoluzione, forse perchè ne ho viste troppe in un Paese, come l’Italia, che le crisi di governo le ha consumate come, hot dog o hamburger in America.

Resta il fatto che siccome da quando l’uomo è uscito dalle caverne, scegliendo la via delle aggregazioni sociali, che ci siano governanti, piacciano o meno, è assolutamente indispensabile ed ineludibile.

Chi ipotizza forme diverse in realtà vuole solo l’anarchia, che per una società civile è suicidio collettivo e null’altro. Dunque. seguiamo. anche questa.

Il Premier, che poi è pià corretto definire Presidente del Consiglio, visto che in Italia il Premier semplicemente non esiste, dal momento che non viene direttamente investito dall’elettorato, ed è solo una sintesi giornalistica, ha dichiarato che presto andrà in Parlamento per comunicazioni sulla crisi, Ha quindi riferito di essere salito al Colle per comunicare al Presidente Mattarella, che ne ha preso atto, delle dimissioni delle Ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti e del sottosegretario Ivan Scalfarotto. Ha precisato anche di aver assunto l’interim del Ministero dell’Agricoltura.

Il Quirinale, a sua volta, confermata la visita di Conte, rende noto che il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto relativo alle dimissioni dei rappresentanti di Italia Viva nel Conte II.

Conte sarà alla Camera lunedì per comunicazioni sulla crisi. L’ora dovrà fissarla dal presidente Fico, sentita la Casellati, come è stato concordato nella capigruppo della Camera.

Il primo a rompere gli indugi è Luigi Di Maio:Noi siamo stati molto chiari, chi stacca la spina, chi mette in difficoltà il governo non è più un interlocutore, e questa situazione di instabilità sta danneggiando l’Italia anche davanti alla comunità internazionale” . Cioè, con Renzi il dialogo è definitivamente chiuso.

Immediata la replica di Renzi: “Se io sto fuori? Io sto fuori. Se loro hanno i numeri, questa è la democrazia parlamentare che vince. Tanto di cappello. Ma se i numeri non ce l’hanno si andrà al Quirinale e si farà un altro governo“. Renzi non parla mai di possibili elezioni: o già prima delle dimissioni avrva in tasca un accordo per il nuovo governo o cerca solo di allontanare lo spettro di elezioni che lo vedrebbe cancellato insieme al suo partito che a stento raggiunge il 3% e scommetterei che sta perdendo consensi ulteriori in questi giorni. La sovraesposizione mediatica non sempre giova, l’altro Matteo del Parlamento docet.

Francamente estemporanea l’iniziativa di tredici parlamentari pentastellati che hanno presentato nell’assemblea del movimento un documento con sette punti da mettere nel “nuovo contratto d governo”. I punti vanno dal no alla dad, al no al Mes, al no ai prestiti del Recovery fund, con l’equivalente emissione di titoli di stato, partita Iva ed impresa di cittadinanza. Troppo facile ironizzare: ma non si sono accorti che il contratto di governo è morto col governo giallo verde? E poi, ma di che parlano, non c’è una maggioranza, non ci sono i numeri, non c’è un governo, Dopo che te lo sei discusso in assemblea che fai? Lo consegni alla fiera dei sogni? Siamo seri, se possibile in un Paese in cui politica e serietà sembrarno davvero incompatibili.

Il Pd, da partito consumato di lungo corso, che affonda le sue radici nei partiti della prima repubblica, è abbastanza realista. Con il defilarsi di Italia Viva i numeri son venuti meno, ed i cosiddetti responsabili non ci sono o non sono disponibili a far da ruota di scorta. Le elezioni a giugno si avvicinano, meglio prepararsi all’evenienza. Prendono atto che i sostegni al governo sono solo rumors, troppo ipotetici e che, stante l’incompatibilità tra pentastellati e renziani, le elezioni sembrano lo sbocco principale della crisi. Salvo qualche esponente, anche autorevole, nessuna condanna ai renziani. E’ chiaro che vogliono tenere aperte le porte per il ritorno all’ovile dei figliol prodighi.

Andrea Orlando è uno dei pochi che accusa Renzi di danno irreversibile al Paese e afferma di non considerarlo assolutamente un interlocutore credibile. Nessuno lo contraddice. Porta aperta alle donne e uomini di Italia Viva, non a Renzi.

Di Maio non butta la spugna e crede nei “costruttori: Intanto si propongono per il sostegno il segretario del Psi Enzo Maraio e il Senatore Riccardo Nencini e Di Maio auspica e crede che non rimarranno soli.

Il vertice del Pd al Nazareno conclude solo per un bel no ad ipotesi di collaborazioni con la destra sovranista e nazionalista e a supporto suggerisce lo spettro Trump.

Bruxelles chiude questa prima panoramica. Chiede rassicurazioni sul Recovery fund. Non intende aspettare l’esito di una crisi per loro inspiegabile.

Ed a proposito della inspiegabilità per Unione europea mi viene di aggiungere che anche per tantissimi italiani lo è. Quì si fa fatica a sopravvivere tra virus che incalza ed economia che ci affama. E’ evidente che, chi ci sta trascinando in una crisi al buio, questi problemi non li ha e non se li pone. Faccio fatica a vederli come rappresentanti del popolo sovrano,

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