Danni collaterali.

I famosi danni collaterali, talvolta peggiori della causa.

GP

Mi rifiuto di pesarli, o di pesarne le conseguenze. Non sono un farmacista che deve pesare un farmaco. Sono un giornalista, che deve informare, possibilmente con correttezza ed equidistanza, per quanto sia umanamente possibile.

Questa pandemia è orrenda in sé, non credo si possano dimenticare le fila di camion militari che portavano alla cremazione i nostri fratelli della zona rossa di Bergamo, vite spezzate, che avrebbero meritato almeno una decente sepoltura, ma questo male orrendo le ha private di stringere la mano del congiunto più caro nell’attimo del trapasso e finanche di un funerale.

Ora si sta diffondendo per il Paese, a nord come a sud o nelle isole, i focolai sono dappertutto. Ed arrivano, per non farci mancar nulla, pure i danni collaterali.

Tra maggio-settembre 2020, rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente, i “nuovi poveri”, causa Covid, passano dal 31% al 45%. “Quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta” si legge nel Rapporto Povertà della stessa Caritas. Aumenta la povertà nelle e delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei familiari (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa e, dunque, non pensionate ed assistite adeguatamente.

Nei tre mesi peggiori da aprile a giugno 2020 la Caritas ha assistito 450mila persone. Una su tre non si era mai rivolta prima ad un ente di beneficienza.

Tra le file degli assistiti anche piccoli commercianti e lavoratori autonomi: oltre 2mila di loro hanno chiesto aiuto alla Caritas.

I danni psicologici, temo saranno difficilissimi da sanare. E questo non è “terrorismo”, ma dovere d’informazione, aldilà dei meri numeri e dei soli dati. Aiutare a comprendere, approfondire, fa parte del dovere d’informare.

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