Femminicidio: ma le vittime (le donne) sono davvero tutelate?
Femminicidio: limiti e rimedi
Gianvito Pugliese
Ho appena riletto un mio editoriale del 16 luglio 2021 sull’argomento. Di solito, quanto rileggo, trovo sempre qualcosa che non va: magari perché nel frattempo ne so un po’ di più o semplicemente perché episodi accaduti nel frattempo rafforzano o diluiscono ragionamenti e conclusioni precedenti.
Quell’editoriale fa eccezione tant’è che non mi limito a mettere a Vostra disposizione care lettrici e gentili lettori il collegamento ipertestuale (cliccando sulla prima riga sulle parole colorate si aprirà quel “pezzo”, ma per comodità ve lo riproduco qui di seguito, salvo in calce annotare due o tre chiose, probabilmente utili.
“Femminicidio: scarsa protezione alle vittime”
Rapporto della commissione d’inchiesta del Senato sul fenomeno
Queste cose le abbiamo (noi della redazione de lavocenews.it) denunciate con forza, talvolta sentendoci come l’uomo che grida nel deserto.
Ricorderete certamente, gentili lettrici e lettori, le grida di manzoniana memoria. Più grida venivano periodicamente emesse, più le pene crescevano, a dimostrazione del fallimento della precedente, più crescevano quei bravi, contro i quali erano indirizzate, che, al servizio dei potenti signorotti dell’epoca, divenivano di fatto intoccabili.
Inutile continuare a discutere sull’opportunità della legge sul femminicidio. Il problema poteva essere risolto con un’aggravante specifica, certamente in molto meno tempo e forse con più efficacia, ma cosa fatta capo ha, dunque, procediamo oltre.
Si legge nella relazione del Senato: “La Convenzione di Istanbul, che prescrive di rendere concreto il diritto delle vittime alla protezione, resta in larga parte ancora disattesa in Italia“. E conclude: “Serve molta più formazione e specializzazione per riconoscere e affrontare con efficacia la violenza contro le donne, sanzionarla, prevenire escalation, sostenere le donne che denunciano”.
Parole pesanti quelle scritte dal legislatore. Parole però quanto mai opportune ma che temo non risolveranno un problema atavico. La prepotenza, la sopraffazione, la violenza affondano le loro radici nella convinzione del criminale di poterle mettere in atto impunemente.
Scopro l’acqua calda affermando che non è l’entità della pena a dissuadere chi sta per commettere un reato, ma la probabilità di essere scoperto o meno. Per farla semplice, occorre dimostrare al prepotente violento che le probabilità di farla franca sono poche o nulla. A quel punto la violenza è vinta, non diversamente.
Alle norme sul femminicidio è sempre poi mancata sul piano operativo regolamenti capaci di rendere quel bene che s’intendeva proteggere concretamente tutelato.
Sembrerà banale, ma mettere in qualsiasi posto delle forze dell’ordine una donna, particolarmente preparata, a raccogliere le denunce per violenza sarebbe il primo importante e concreto aiuto alle vittime e le spingerebbe a denunciare. La vittima della violenza deve superare la vergogna di raccontare quanto subito. Sembra assurdo che se ne vergogni la vittima e non il carnefice, ma purtroppo è così.
E poi non meno importante la protezione della vittima ed il costante monitoraggio della sua incolumità. Nella stragrande maggioranza dei casi la denuncia viene trasmessa a chi di dovere e le forze dell’ordine se ne lavano le mani, salvo a riscoprire la denuncia quando la vicenda ha avuto un epilogo drammatico.
Non posso che apprezzare le conclusioni a cui è giunto il Senato, ma temo che abbia fatto il lavoro a metà. Analisi dei mali, ottima diagnosi, ma la terapia qual’è? Chi deve prendere concrete iniziative di tutela? Credo che una raccomandazione al Viminale di più attenta prevenzione di quel crimine sia il minimo. Poi gli Enti locali potrebbero essere chiamati ad incentivare i servizi sociali, magari creando appositi nuclei specializzati.
Troppo? A me sembra il minimo indispensabile se vogliamo evitare di tornare alle inutili grida.
E vado subito a quelle piccole, ma credo utili integrazioni. Con tutto il rispetto, l’ammirazione e la devozione per la donna, se non altro perchè se i figli li avessimo dovuti partorire noi uomini la razza umana si sarebbe estinta da epoca primordiale. Questa è una. ma esistono anche tantissime altre considerazioni. altrettanto, se non più valide. Scrivevo con tutto il…, se proprio si doveva e voleva creare un nuovo reato, estendere la previsione a tutti i più deboli, dai bambini, ai portatori di handicap invalidanti, dagli anziani ai vecchi, sarebbe stato più sensato. Ma inutile recriminare sul latte versato. Sta di fatto che la prevenzione dei reati, assai più importante della repressione, di basa su priorità delineate dal Ministero del o degli interno/i per tipologia di reati che possono anche variare da un territorio all’altro, tant’è che l’esecuzione ed il coordinamento sono affidati ai Prefetti. Se accanto a rapine, scippi, finanche regolamenti di conti, o furti d’auto, in appartamenti o di beni artistici del patrimonio pubblico o privati, pardon, mi correggo, non accanto ma in cima alla pur utile identificazione delle altre priorità da prevenire e perseguire -che non è fatta, sia chiaro, tirando in aria la monetina, ma tenendo conto dei dati statistici dei reati e delle peculiarità del territorio- non si dispone la vigilanza e la protezione di quanti abbiano denunciato reati di violenza domestica o di stalking, o di quanti sono risultati possibili vittime di reati di quel genere, accertamenti resi possibili dalle denunzie o chiamate dei vicini, dei passanti… è evidente che le forze dell’ordine, assolutamente insufficienti di loro, disperse da un’infinità di “scorte” inutili e di fatto assottigliate da tutto il personale idoneo che, anziché fare ordine pubblico, fa segreteria e fotocopie negli uffici vari, non vengono potenziate e meglio organizzate, si arriverà sempre e solo a delitto consumato e la speranza, ridotta al lumicino della prevenzione è solo la prontezza della vittima di sottrarsi e riuscire in tempo a chiedere soccorso, o di qualche eroe, che disarmato e senza addestramento specifico, proverà a fermare l’energumeno armato di turno.
Senza questo passaggio, al netto delle belle parole che i politicanti in passerella oggi hanno proferito e proferiranno: i più fortunati in tv, i meno intervistati sui giornali, i più sfigati in convegni poco frequentati con dirette facebook o altro, dai numeri pietosi, finita la passerella, tutto come prima, ed alla fine non lamentiamoci noi dei media, un giorno sì e l’altro pure una morta ammazzata fa la sua bella audience, o tiratura o visualizzazione a seconda dei supporti. “Prevenire è meglio che reprimere”. Lo dicevano finanche i nostri padri latini. Mi pacerebbe sottolinearlo all’attenzione del Ministro Matteo Piantedosi, ma siccome il suo motto, che mi risulti, è “non accetto lezioni morali da nessuno“, temo non la prenda bene e magari ottengo l’effetto contrario. E mi spiace perché sono convinto che messa in pratica ridurrebbe sensibilmente i drammi quotidiani attuali.
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