Gabrielli: “Non esistono liste di proscrizione”
E precisa: “Il bollettino? Non contiene nulla sulla sicurezza nazionale”
Gianvito Pugliese
“Nessuna lista di proscrizione” assicura il sottosegretario Franco Gabrielli, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Il tema dell’apposita conferenza stampa è il bollettino sulla disinformazione nel conflitto russo-ucriano, desecretato ieri.
“Questa vicenda impone delle riflessioni e riguarda l’utilità.
Nel bollettino non si raccontano cose riguardo la sicurezza nazionale. L’attività è di ricognizione su fonti aperte. Non ha nulla a che vedere con schedatura o dossieraggio. Ognuno di noi ha una sua storia. Alcune insinuazioni non riconoscono il valore di quello che si è fatto”.
Gabrielli ha proseguito: “ La diffusione del documento è gravissima. Il fatto che un documento classificato sia stato dato ai giornalisti è un motivo di grande sconcerto. Ci troviamo in un campo delicato. Le opinioni vanno sempre rispettate. Cosa diversa sono le fake news che possono far parte di una strategia di un certo tipo”.
Certamente, è inammissibile che un giornale fosse in possesso del documento (e ne divulgasse i contenuti) uno o due giorni prima che fosse consegnato ad Adolfo Urso, Presidente del Copasir, e quindi ai suoi componenti. Bene fa Gabrielli a far capire che su questa fuga di notizie si indagherà, per perseguire il o i responsabili, ma ritengo sia invece giusto diffidare di quei politici o personaggi pubblici che stanno urlando alle streghe a proposito di violazione del diritto di pensiero e di espressione dello stesso.
Gabrielli ha chiarito benissimo che diffondere fake può essere reato, maggiore o minore a seconda degli obiettivi perseguiti; i no tav, no vax, no green pass ci hanno ricoperti di fake news, ed ora lo fa certamente la propaganda russa. Una cosa è esprimere la propria opinione, sacrosanto diritto, altro utilizzare notizie false per influenzare l’opinione pubblica. Se poi conto poco o nulla ed influenzo altrettante persone, non muta la sostanza rispetto all’influencer accorsato/a capace di orientare finanche decine di migliaia di follower. E che i Servizi si occupino di questioni che attengono la sicurezza dello Stato, già vittima di attacchi informatici di hacker di chiara matrice russa, ci pare consono ai loro compiti istituzionali e pienamente legittimo e doveroso.
Se poi chi urla allo scandalo, al vilipendio della costituzione, in realtà teme che si scoperchi qualcosa che avrebbe voluto tener nascosto, il discorso cambia ed è bene ricordare a questi signori che anche il “concorso esterno” è un reato piuttosto grave.
E se “concorso esterno” crea dubbi nei non addetti ai lavori, spieghiamo subito. Essere mafioso, certamente è un reato, perseguire i fini della mafia o agevolarla è compito precipuo del mafioso, ma l’aiuto può venire anche da un non affiliato ed in questo caso si configura il “concorso esterno”, che non è limitato al fenomeno mafioso.
Nel caso della propaganda russa o, meglio, del regime dittatoriale del Cremlino, una cosa è appartenere occultamente ed essere sul foglio paga dei servizi russi, e, dunque, a tutti gli effetti “una spia”, altra prestarsi, per qualsivoglia interesse o utilità, a diffonderne le fake disseminate a profusione allo scopo di convincere i tanti disinformati in circolazione della vergognosa persecuzione occidentale ai danni della povera Russia. Qui il confine da stabilire è tra spionaggio e “concorso esterno” al medesimo.
E se qualcuno obietta che stiamo scrivendo di fantascienza, lo preghiamo di spiegarci, cortesemente, perché a Bergamo nel marzo 2020 in piena crisi Covid al seguito di due epidemiologi russi Natalia Y. Pshenichnaya e Aleksandr V. Semenov, vicedirettrice dell’Istituto centrale di ricerche epidemiologiche l’una e appartenente all’Istituto Pasteur di San Pietroburgo l’altro, arrivarono 102 militari, i cui incarichi non furono mai chiariti e di cui si sospettò fin dall’epoca una diffusa operazione di spionaggio, che oggi comprendiamo consistita nel reclutamento di “simpatizzanti” o se preferite spie, e forse entrambi.
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