Giorno 520

Lo stato della “guerra totale, convenzionale, simmetrica e ad alta intensità”, senza veli e senza sconti per nessuno.

Orio Giorgio Stirpe

La cosa che più mi disturba nel dibattito sulla guerra, è la completa mancanza di senso delle proporzioni che vedo tanto nel 90% dei testi quanto nel 99% dei commenti ad essi.

Questa è una guerra totale, convenzionale, simmetrica e ad alta intensità: niente in essa avviene rapidamente, in quanto i potenziali militari complessivi in gioco sono enormi e ogni spostamento di equilibrio avviene con un’inerzia immensa dovuta alla massa di uomini e mezzi in gioco. Aspettarsi sviluppi rapidi è infantile.

Capisco che questo possa avvenire al comune cittadino che cerca di informarsi senza avere (grazie a Dio!) alcuna esperienza pregressa sull’argomento non avendo mai vissuto un conflitto simile, ma trovo fastidioso e addirittura preoccupante come questo modo di ragionare e di discutere sia proprio anche di commentatori professionisti, supposti esperti e perfino alcuni colleghi.

Ormai sono rassegnato a leggere sulla stampa titoli oltraggiosi per il manifesto intento di colpire l’immaginazione; titoli che poi vengono rivenduti privi di articolo su internet a sostegno di teorie fra le più strampalate, anche quando poi l’articolo in realtà era magari stato scritto in maniera più che dignitosa dal giornalista esperto e non si rifletteva affatto nel titolo stesso. Ma quando sono sedicenti esperti o anche colleghi e analisti ad esprimere dubbi e perfino giudizi pesanti sulla lentezza presunta delle operazioni ucraine mi scappa proprio la pazienza.

Un anno e mezzo dopo il disastro della campagna di Francia del maggio 1940, la Gran Bretagna era ancora in ginocchio davanti all’Asse, a dispetto degli aiuti massicci che stava ricevendo dagli Stati Uniti e perfino del fatto che nel frattempo la Germania avesse anche aggredito l’URSS… E stiamo parlando dell’Impero Britannico, che poteva contare sulle risorse di India, Canada, Australia e metà Africa, e che in partenza non era così inferiore al suo avversario quanto lo era l’Ucraina di fronte alla Federazione Russa.

Alla fine gli inglesi hanno vinto, ma solo dopo l’intervento diretto degli Stati Uniti e comunque dopo altri trenta mesi (due anni e mezzo): mesi necessari a riconquistare un poco alla volta e ad alto costo tutto quello che la Germania nazista aveva occupato nei primi mesi di guerra.

L’Ucraina ha compiuto un miracolo militare nell’assorbire, contenere, arrestare e respingere l’attacco del secondo esercito più potente del mondo; pretendere che dopo un anno e mezzo dovrebbe anche travolgere l’invasore con un’operazione-lampo è semplicemente ridicolo.

Le battutine dei filo-russi italiani (quelli che irridono al “piccolo comico”) e anche quelle dei cosiddetti “imparziali” (quelli che dicono che “Putin ha torto, però…”) sull’offensiva che “non parte” e che quindi “è già fallita”, rivelano una superficialità sconcertante ed un rifiuto di analisi che appare addirittura infantile.

L’atteggiamento sembra quello di chi, avendo altre cose più importanti da fare, si è stancato di assistere ad un evento epocale e ha fretta di dichiararlo concluso per poter passare ad altro.

Ci sono poi i cosiddetti “esperti”, soprattutto appartenenti alla corrente “geopolitica” nazionale, che si scervellano a cercare motivazioni sotterranee volte a spiegare come in realtà esista una sorta di complotto fra grandi potenze per prolungare all’infinito un conflitto che in realtà non conviene a nessuno… Oppure che – al contrario – l’Occidente si sia stufato dell’Ucraina e intenda porre termine rapidamente alla guerra con una trattativa diretta con Putin, che lascerebbe quindi l’autocrate al potere e condannerebbe i governi occidentali alla sconfitta alle prime elezioni.

Assurdi, entrambi gli scenari.

La realtà è molto più prosaica, lineare e drammatica allo stesso tempo, ed è la stessa ormai da quasi un anno.

Putin si è giocato tutte le possibilità di accordo diplomatico con le “annessioni” dei quattro oblast ucraini di confine: con quello strappo al Diritto Internazionale ha reso impossibile per sé porre fine al conflitto con un accordo che non preveda la cessione completa di tali oblast alla Federazione Russa. Nel contempo però l’Ucraina non può ovviamente accettare ciò nel momento in cui controlla oltre il 50% del territorio di tali oblast e sta anzi lentamente erodendo il controllo russo su di essi. Le costituzioni di entrambi i paesi in guerra proibiscono la cessione di territorio nazionale, e nessuno dei due governi sopravvivrebbe all’infrazione di tale norma. Inoltre dal punto di vista occidentale, il Diritto Internazionale non sopravvivrebbe alla sua infrazione da parte della Russia, con conseguenze a cascata assolutamente inaccettabili: di qui la determinazione a NON cedere alle richieste russe e quindi a sostenere l’Ucraina fino in fondo. Se così non fosse, i governi occidentali non avrebbero accettato il mandato di arresto dell’ICC nei confronti di Putin e non avrebbero consentito ai rispettivi Parlamenti di dichiarare il suo regime “sponsor del terrorismo”: per loro sarebbe impossibile ormai discutere alla pari con Putin, ufficialmente ricercato internazionale e sponsor del terrorismo.

L’idea che Biden, Suniak, Macron o Meloni possano mai tornare a discutere con Putin come se niente fosse stato è assurda: perderebbero la faccia davanti ai rispettivi elettorati.

A livello strategico, l’Occidente sosterrà l’Ucraina fino al totale ripristino della sua integrità territoriale: non solo in quanto i suoi capi di governo continuano a ribadirlo costantemente, ma soprattutto in quanto non possono fare altro.

A livello tattico, l’Ucraina ha fatto tantissimo: a un anno e mezzo dall’invasione, ha rovesciato la situazione militare, assunto l’iniziativa e avviato una controffensiva in mancanza di superiorità aerea o di vantaggio numerico, e il fatto stesso che questo sia possibile è indice della superiorità qualitativa raggiunta dalle sue forze di terra.

I russi ormai sul terreno si difendono sostanzialmente con la pura forza dei numeri: numero di soldati sacrificabili, di cannoni con cui fare fuoco a massa e di mine da spargere sul terreno per rallentare al massimo l’avanzata avversaria.

Ovviamente questi numeri sono ancora molto elevati, ed è infantile continuare a ripetere continuamente “e allora, questa controffensiva?”. Con questi numeri occorre fare i conti, con metodo e pazienza: il che significa che ci vuole tempo e occorre assorbire perdite.

Le trincee e le fortificazioni campali russe fanno abbastanza schifo dal punto di vista tecnico, ma ci sono, e sono tante. I campi minati sono quasi esclusivamente speditivi, e questo è dimostrato dal fatto che spesso ci saltano sopra gli stessi russi, che evidentemente non li hanno registrati a dovere; però sono campi minati enormi. Per aprirvi un varco occorre un sacco di tempo, e si subiscono perdite: è inevitabile.

Nel 1942, l’8^ Armata britannica impiegò quindici giorni a sfondare i campi minati italo-tedeschi di El Alamein, subendo perdite gravissime: disponeva però di un’assoluta superiorità numerica e soprattutto del completo controllo del cielo.

Nel 2023 l’esercito ucraino ha premuto finora per un mese e mezzo allo stesso modo contro campi minati anche più estesi, ma senza disporre di superiorità aerea o numerica sul terreno: aspettarsi in queste condizioni una sorta di “guerra lampo” è assurdo.

Cerchiamo quindi di riassumere ciò che sta succedendo.

Gli ucraini per riuscire a sfondare il fronte e ottenere un risultato decisivo impiegando la propria massa di manovra meccanizzata di circa una quindicina di Brigate, devono prima ottenere una serie di effetti sulle forze nemiche: effetti che la NATO otterrebbe sostanzialmente con l’aviazione, ma che gli ucraini devono necessariamente ottenere con le forze di terra, e quindi più lentamente e ad un costo maggiore.

Devono colpire i posti comando e tagliare le vie di rifornimento attraverso il Targeting di precisione da effettuare con missili e artiglieria, devono logorare le riserve russe attirandole in incessanti contrattacchi sul davanti, e soprattutto devono pazientemente aprire varchi e corrodere gli immensi campi minati stesi dai russi impiegando le Brigate in prima schiera (sostanzialmente di fanteria leggera rinforzata a rotazione da singoli battaglioni pesanti delle Brigate di manovra che così si addestrano sui nuovi materiali senza logorarsi troppo).

Le azioni delle Brigate in prima schiera si sostanziano in attacchi di plotone per infiltrazione diurna attraverso aree urbane o boschive, laddove ci sono meno mine; i campi aperti, più intensamente minati, sono sminati lentamente di giorno solo quando le aree urbane e boschive che li circondano sono sotto controllo.

Per evitare che gli ucraini possano sfruttare tali situazioni, i russi contrattaccano con le riserve, e gli ucraini hanno modo di infliggere loro perdite contenendo tali contrattacchi: ecco come succede che i russi subiscano perdite uguali o superiori pur essendo sulla difensiva.

Al momento in alcune zone (Robotyne e Staromayorske) gli ucraini hanno superato la seconda delle tre cosiddette “linee” di fortificazioni e campi minati russi. In altre sono ancora di fronte alla prima. Il punto in cui prevedono di effettuare lo sfondamento principale e quello secondario ancora non è chiaro, e non dovrà esserlo fino all’ultimo momento.

Ci sono indicazioni secondo cui la massa di manovra starebbe cominciando a muoversi… In questo caso l’obiettivo sarebbe a sud, verso Berdyansk; ma non è detto che sia così, in quanto gli ucraini sono bravi nel mascherare le proprie intenzioni.

È ancora presto per vedere risultati decisivi; ma lo è anche per gridare al fallimento della controffensiva: lasciamo che siano i russi a gridarlo, visto che ormai è l’unico modo che gli resta per cercare di fare danni ai loro avversari.

L’orso Vladimiro ormai è diventato afono a forza di gridare quante perdite hanno subito gli ucraini e quanto fallita sia la loro controffensiva: non diamogli una mano ripetendo anche noi le stesse stupidaggini…

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