Il caffè con il lettore
“Putin attaccherà il prossimo inverno”. L’allarme degli 007: l’Europa nel mirino
Gianvito Pugliese
Carissimi/e graditissimi/e ospiti del caffè, oggi ci sarebbe da parlare dell’argomento, secondo me del giorno, di un piano di Putin per attaccare a breve l’Unione europea, ed in tal modo la Nato. Un argomento che mi chiama in ballo in prima persona. Fu il nostro giornale, ovviamente ignorato dai salomoni della grande stampa nazionale, ad anticipare diverso tempo fa sia le mire di Putin, svelate da Dmitrij Anatol’evič Medvedev. che il legame di subalternità di Trump a Putin, svelato dall’ex agente Kgb, Yuri Shvets.
Secondo il quotidiano Bild, che dispone di informazioni da un servizio segreto europeo non precisato, “Mosca potrebbe attaccare i territori dell’Unione nell’inverno tra il 2024 e il 2025, approfittando del momento in cui gli Stati Uniti saranno “senza leader” a cavallo tra le elezioni e l’insediamento del nuovo presidente. Washington, dunque, arriverebbe in aiuto degli alleati con un certo ritardo. Il funzionario dell’intelligence sentito dal tabloid ha inoltre affermato che il Cremlino spera in una rielezione di Donald Trump, perché “sotto di lui tutto può accadere”.
Jacek Severa, capo della Direzione per la sicurezza nazionale polacca aveva già lanciato un allarme simile “per una possibile azioni militare russa contro l’Europa e, di conseguenza, la Nato”, aggiungendo che “I Paesi del fianco orientale dell’Alleanza atlantica dovrebbero prepararsi alla guerra entro tre anni“, Dello stesso tenore le dichiarazioni di Boris Pistorius ministro della Difesa tedesco, secondo cui “prossimi obiettivi del Cremlino saranno la Moldavia e i Paesi baltici“. Pistorius ora si sta battendo per la reintroduzione in Germania della leva obbligatoria “in modo da far tornare la nazione ad essere “kriegstuechtig”, ovvero “pronta ad affrontare una guerra”.
La Repubblica federale tedesca ha preso sul serio la minaccia del Cremlino. Entro il 2027 trasferirà quattromila soldati in Lituania. Un’intera brigata sarà stazionata stabilmente lungo il confine con la Federazione.
E l’Unione europea non minimizza. Josep Borrell, alto rappresentante della politica estera dell’Ue dichiara di temere per il futuro della guerra. Al Guardian ha dichiarato: “Putin non può accontentarsi di una vittoria territoriale limitata e di un pezzo di Ucraina e lasciare che il resto dell’Paese appartenga all’Unione europea. Non rinuncerà alla guerra, soprattutto non prima delle elezioni americane, che potrebbero presentargli uno scenario molto più favorevole. Dobbiamo quindi prepararci a un conflitto di alta intensità per molto tempo”. Borrell invita a fare attenzione al “pericolo proveniente da una grande potenza che minaccia la nostra democrazia”…”se non cambiamo rapidamente rotta, se non mobilitiamo tutte le nostre capacità, lasceremo che Putin vinca la guerra in Ucraina“.
Peter Schroeder, ex analista della Cia esperto di politica estera russa, ha definito “molto probabile” l’utilizzo da parte di Mosca di un’arma atomica contro uno Stato membro della Nato. Di avviso contrario l’attuale direttore dei servizi segreti William Burns, secondo il quale il leader russo utilizza “una retorica intimidatoria senza avere l’intenzione di dare seguito alle sue parole“.
Concordo, francamente, con le considerazioni finali che ne da la mia amata Reuters, secondo cui: “La maggior parte delle risorse belliche del Paese (ndr. la Russia) sono confluite lì (ndr,. in Ucraina) e aprire un fronte con il mondo occidentale sarebbe un suicidio. Con gli eserciti della Nato in stato di massima allerta, inoltre, l’armata russa non potrebbe neanche contare sul fattore sorpresa. In questo possibile scenario da terza guerra mondiale bisogna considerare anche la Cina, alleata di Putin ma desiderosa più di tutto di continuare a fare affari in un mondo politicamente stabile. Vista la dipendenza russa dal denaro ricavato dalla vendita di beni e carburante a Pechino, è improbabile che la Federazione voglia rischiare di trovarsi con i propri soldati sul suolo europeo e le casse vuote.
La contrarietà cinese alla guerra, che a Taiwan continua a fare “ammuina”, come dicevano i borboni quando muovevano le truppe per fare scena ma senza la minima intenzione di attaccare, non va sottovalutata e può essere determinante nel gettare acqua sul fuoco bellico dello zar Vladimiro I il piccolino (lo zar Pietro I era “il grande”). E’ l’alleato su cui Putin continua a sperare ed aizzare. La Cina ha una politica interna che non mi piace assolutamente, ma ciò non toglie che sa curare a meraviglia i propri affari, come Marco Polo scoprì fin dall’undicesimo e dodicesimo secolo. E se Putin è un astuto negoziatore, i cinesi sono maestri da sempre nell’arte di dire una cosa e pensare, e poi realizzare, esattamente l’opposto. Con la differenza che Putin è leggibile, i cinesi, maestri storici di quell’arte assolutamente ermetici.
Una immagine ci chiarisce tutto: ricordate il mentore di Xi Jinping portato via da due della sicurezza al Congresso nazionale del Partito comunista cinese. Pochi minuti prima era stato accolto da Xi con baci e abbracci, Per inciso il vecchio mentore è deceduto “per cause naturali” entro una settimana. Evidentemente il tradimento del suo Xi lo aveva ferito a morte. Questo sono nel bene e nel male e Putin che sim è legato mani a piedi all’alleato cinese, ha dimostrato di essere in realtà un disperato sprovveduto.
Sbaglierò, ma due i fattori determinanti per Putin e l’attacco all’Europa, oltre alla preventiva vittoria in Ucraina, che non vedo possibile. La voglia cinese di prosperare con affari ed esportazioni in un clima favorevole e le elezioni americane: se il suo amichetto Donald Trump prevalesse, Putin disporrebbe di una sua marionetta alla White House ed il discorso cambierebbe radicalmente.
A domani.
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