Il caffè con il lettore
La liberazione di Ilaria Salis è anzitutto una esigenza umana di rendere giustizia ad una donna in catene, ma é anche motivo di confronto politico e culturale ineludibile
Gianvito Pugliese
Carissime/i ospiti del caffè…, nonostante sia un argomento su cui ieri ho scritto questo articolo , sono convinto che sarebbe opportuno discuterlo insieme e scrivere poi un’editoriale che sia il frutto di quei ragionamenti e delle nostre considerazioni.
Non credo di sbagliare supponendo che lo avere letto tutte/i e che abbiate condiviso almeno alcuni dei motivi che mi hanno indignato e spinto a metter mano a quella denunzia-appello alle massime autorità dell’Europa Unita.
Ma riassumiamo i fatti e ragioniamo per conto nostro. Ilaria Salis, è un’insegnate trentanovenne di Monza attivista per i diritti umani ed anti fascista. E’ accusata dalla procura ungherese, con altri tre imputati stranieri, di tentato omicidio di manifestanti neonazisti. Ilaria fu così violenta, che le due “presunte” vittime non hanno sporto né denunzia, né querela nei suoi confronti. Dunque, non c’è prova alcuna. Un processo che non sarebbe, quindi, dovuto mai nascere se la procura, che detiene Ilaria dallo scorso febbraio in regime di detenzione (in un carcere lager), non avesse voluto inscenare un processo politico per sottolineare che in Ungheria i nazisti sono graditi (il loro leader Orban è tale) e i contrari al nazismo, sono considerati pericolosi criminali, a prescindere, e come tali vanno trattati, sempre e comunque.
Capisco che alla narrazione dei fatti si sono collegate considerazioni, ma essendo avvocato, con oltre mezzo secolo di esperienza, ed essendo stato docente universitario di diritto per una dozzina d’anni, è inevitabile che il comportamento della procura, a mio sommesso avviso, integri il reato di sequestro di persona. Siamo in Europa e la detenzione deve essere motivata e giustificata, ed un manifesto ingiusto processo, e tale è, fa si che la detenzione preventiva sia giuridicamente solo un sequestro di persona e null’altro.
Fossi Antonio Tajani, visto che la Farnesina ha convocato l’ambasciatore ungherese a Roma, gli notificherei la denunzia “per sequestro di persona di una cittadina italiana” da parte del nostro ministero degli esteri, a carico del procuratore ungherese responsabile di quel procedimento, e della catena di comando fino al premier, redatta ed inoltrata alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ma Tajani fa parte del governo Meloni (c… e camicia con Victor Orban e gli eredi dei mongoli) e, già per natura poco portato a gesti coraggiosi, evidentemente chiede timidamente a gentaglia barbara, ciò che dovrebbe urlare. Per inciso la Meloni, “sono una donna, sono una mamma, sono una…” osserva la consegna di un silenzio imbarazzato e vile.
Torniamo ai fatti. Le immagini di Ilaria e gli altri tre detenuti che si sono dichiarati innocenti incatenati ai ceppi mani e piedi, trattati come feroci terroristi stragisti, fa venire il voltastomaco ed un popolo che permette nel proprio Paese una cosa del genere non merita di privilegio di essere annoverato come composto da cittadini europei. E’ razzismo dire che i discendenti dei mongoli sono rimasti uguali ai progenitori? Ebbene, allora sono razzista.
Ieri, dunque ho rivolto un appello accorato alle tre maggiori Autorità dell’Unione europea ad intervenire con la durezza necessaria a farsi capire da Orban e compagnia cantante, unica lingua che comprendono e praticano.
Noi (gli ospiti ed io) vi proponiamo anzitutto di firmare il link che segue della petizione a change.org per la liberazione di Ilaria da una detenzione da lager in Ungheria. https://www.change.org/p/riportiamo-ilaria-salis-in-italia-f5de5240-58ba-4a4d-a2f2-86459aa15310.
Ci uniamo, poi, all’appello del Comitato per la liberazione di Ilaria, al presidente Sergio Mattarella, unico politico rimasto in Italia che abbia gli attributi ed il coraggio di farsi sentire e porre un freno alle manifeste ingiustizie. Il suo appello per il cessare il fuoco a Gaza e optare per due popoli due stati la racconta tutta. E domani, con ogni probabilità, ci occuperemo di quel carabiniere che contesta Mattarella con motivazioni che ci raccontano tutto della sua totale ignoranza dei fatti elementari di uno stato che sarebbe chiamato a difendere.
Ovviamente confermo l’appello alle maggiori autorità comunitarie ed esprimo il più profondo e sentito disgusto per un Paese, il nostro ridotto in brevissimo tempo ad essere forte con i deboli e debole, anzi un’ameba, coi forti.
Maggioranza, premier in pectore e governo da corte dei miracoli, andate a nascondervi, dimettetevi! Fatelo, finché potete, non vi rimane altro.
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