Il caffè con il lettore
Dalle stalle alle stelle e la stella odierna è il Collega Franco Locatelli (in copertina) col suo pezzo sulla Parentopoli di destra
Gianvito Pugliese
Oggi il caffè lo consumiamo dopo la pennichella post pranzo, carissime amiche ed amici lettori. Il tema da trattare merita che ne si chiacchieri a mente fresca inebriati dall’aroma della nostra bevanda preferita.
Ma ancor più merita l’Autore che ci offre lo spunto alla nostra riflessione. Parlo. o meglio scrivo di Franco Locatelli, attuale direttore del quotidiano economico First Online, al quale è sbarcato dopo essere stato per oltre un ventennio capo redattore ed editorialista del prestigioso Sole 24Ore, il top dell’economia in Italia. Un grande giornalista di enormi esperienza e capacità. Il titolo del suo articolo la racconta già tutta: “Parentopoli e il familismo amorale della destra al Governo”. Provo a sintetizzarlo col Vostro aiuto.
Il taglio dato da Locatelli è chiaro fin dall’avvio dell’articolo. Locatelli, da grande economista e conoscitore dell’economia non tergiversa, né è aduso a smussare. Centra subito il bersaglio. Gli economisti di vaglio sono così e lo affermo a giusto titolo essendo stato, tra l’altro, docente di Scienza delle Finanze e diritto finanziario all’Ateneo Aldo Moro di Bari, per cui economisti di valore ne ho conosciuti diversi a cominciare dal mio docente di Economia, Carlo Pace.
Locatelli apre così: “Chi pensava che il familismo amorale scoperto negli anni Cinquanta nel Sud d’Italia dal famoso sociologo americano Edward Banfield fosse finito con l’arrivo della destra al Governo deve ricredersi“, e prosegue “Il prevalere degli interessi familiari dei politici al Governo su quelli della collettività e sui valori etici sono anche oggi pane quotidiano in una rinnovata stagione di Parentopoli“.
Ed a riprova del suo assunto chiama a testimone “le cronache degli ultimi giorni” che “raccontano di svariati casi di figli di ministri o di alti vertici della Repubblica assunti o nominati in società pubbliche”. E Locatelli fa nomi e cognomi: “L’ultimo riguarda Geronimo La Russa jr, uno dei figli del Presidente del Senato Ignazio La Russa, designato dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, nel cda del Piccolo Teatro di Milano, una delle più prestigiose istituzioni culturali del capoluogo lombardo. Nei giorni scorsi stupore hanno destato anche le assunzioni di Filippo Tajani, figlio del ministro degli Esteri Antonio Tajani, e di Marta Giorgetti, figlia del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in società di emanazione della Federazione italiana gioco calcio, la Figc“. E cosa fa la premier in pectore (oggi è Primo ministro e basta, il premier è cosa diversa), mi chiede una lettrice? Risponde Locatelli: “Di fronte all’insorgere delle polemiche e agli evidenti sospetti di raccomandazione politica è scesa in campo la stessa premier Giorgia Meloni per sostenere che “il cognome non può precludere le possibilità delle persone” anche quando sono figli dei politici” .
Locatelli tira le somme: “Precludere il lavoro certamente no, ma precludere nomine e assunzioni in società pubbliche a figli e parenti di uomini di governo è il minimo che si possa chiedere per chi sappia che cos’è l’etica della responsabilità e abbia anche solo un po’ di stile e di buon senso. Non è moralismo ma correttezza istituzionale. La Parentopoli della destra non cancella certamente il ricordo di quella praticata in passato dal centrosinistra e basterebbe pensare ai criteri di assunzione della Rai per rendersene conto, ma di sicuro non assolve chi, dai banchi dell’opposizione, ha per lunghi anni predicato la purezza dell’attività politica per poi inciampare, alla prima occasione, nelle debolezze familiari. I figli, si sa, sono “nu piezzo e core” come dicono a Napoli, ma il familismo resta amorale e la Parentopoli resta disgustosa, di destra o sinistra che sia”.
Altro che sintetizzare, come si fa per un logorroico, come me, a sintetizzare un campione della sintesi. Infatti, ho finito per riprodurre tal quale il 90% ed oltre del pezzo di Locatelli.
Il rapporto La Russa-San Giuliano pare risalire a vecchia data, aggiungo, allorché lo scafato Ignazio fece carte false (dicono i cosiddetti bene informati) per permettere a San Giuliano, la cui candidatura a direttore del tg2 era stata bocciata, se ben ricordo all’unanimità, dal comitato di redazione della rete Rai, di esercitare ugualmente quella funzione a dispetto della volontà dei Colleghi Rai, il cui parere è vincolante. Fu un operazione degna del napoletanissimo gioco delle tre carte. Non mi dilungo a spiegarvi come di bypassò quel parere negativo, perché lo trovo superfluo ai fini del nostro ragionamento.
Ma caro Locatelli, ciò che conta non è se fu Larussa (nel qual caso oggi San Giuliano si sdebiterebbe) o altro potente fratello d’Italia a permettere a San Giuliano di raggiungere il suo obiettivo a dispetto della moralità professionale, finita sotto le scarpe. Siamo entrambi direttori di testata e sappiamo bene che non si può fare bene questo mestiere se non si è né stimati, né graditi dalla maggioranza dei propri redattori. Ciò che voglio dimostrare e che anche prima il casto, puro e duro partito della Meloni non disdegnava le quote di “influenza” e Rai due, col tempo, da essere assegnata alla Lega (i tempi di Paragone, conduttore in prima serata) era passata in appannaggio ai fratelli d’Italia, che non si risparmiavano nulla pur d’imporre i propri paria. Naturalmente, quando hai il potere, come Locatelli ci ha ricordato, le occasioni si moltiplicano e basta non avere “il prosciutto sugli occhi, frutto dell’appartenenza politica” per averne piena contezza. Anche perché costoro, al pari, e secondo me anche più degli altri, proprio per la loro formazione politica, non hanno alcun pudore a mostrarci come esercitano il potere esclusivamente nel proprio interesse personale. Il “me ne frego”, in politica non l’ho inventato io.
Peccato, Locatelli. che un economista della sua statura e credibilità non abbia sottolineato, numeri alla mano, di quanto sia mostruosamente salito il debito pubblico con l’avvento del governo di destra-centro, autodefinito “del cambiamento”, definizione meloniana che accento in toto, aggiungendo però un chiaro e netto, sull’esempio di Locatelli, “in peggio”.
Prima di chiudere, care amiche ed amici, permettetemi di ricordare, a me stesso prima che a Voi, che negli ultimi due editoriali del Caffè… si siamo occupati di altrettanti articoli freschi di “stampa” e sorrido accorgendomi che abbiamo invertito un vecchio, detto che abbiamo riscritto come “dalle stalle alle stelle”.
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