Il II round fa modesti passi avanti e Putin spegne le speranze di Pace
Concordati corridoi umanitari e parziale cessate il fuoco attorno alle zone interessate
Gianvito Pugliese
L’accordo raggiunto tra la delegazione russa, arrivata sul posto già dalla sera precedente, e quella ucraina, presentatasi al tavolo delle trattative ieri pomeriggio, ha segnato un piccolo passo avanti che aveva aperto il cuore alla speranza dell’umanità.
Non è il cessate il fuoco, chiesto a ragione da Kiev, prima di poter parlare di negoziati di Pace seri, ma di un accordo di massima sui corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili, garantiti da un cessate il fuoco temporaneo nelle aree interessate. Kiev aggiunge che sarà anche permessa la consegna di cibo e medicine alla popolazione dei centri più colpiti. Non è tanto, ma è molto rispetto al nulla del primo round.
Poco prima dal CIO, comitato olimpico internazionale era arrivata la notizia della decisione, in risposta all’invasione dell’Ucraina, di escludere in toto gli atleti russi e bielorussi dalle future Olimpiadi e dalle Paraolimpiadi. Quest’ultime, nella edizione invernale s’inaugurano oggi a Pechino. Fino a ieri si era deciso di aprirle agli atleti russi e bielorussi, ma come neutrali, cioè senza inno, bandiera e medagliere, ma la ferma opposizione della maggior parte delle federazioni che minacciavano di non partecipare ai giochi, con russi e bielorussi ammessi, ha suggerito al Cio, per non mettere a repentaglio la Paraolimpiade, di escluderli in toto.
Si chiede l’Avvenire, dando voce al mondo cattolico, quale migliore scenario per Putin di una “tregua olimpica”? Putin, certamente non ha letto l’avvenire, ma gli risponde gettando una secchiata d’acqua sul fuocherello della speranza di Pace: “Non ritornerò mai indietro rispetto alla mia dichiarazione che Russia e Ucraina sono un unico popolo”. Strana contraddizione, visto che le sue forze armate stanno massacrando civili ucraini (e, dunque, fratelli russi) rei di non piegarsi ai desiderata del novello zar.
Interessantissima, poi, la simbologia che l’Avvenire cesella con certosina abilità. Il secondo round di “negoziati” è stato tenuto nella più antica riserva naturale d’Europa, Belovezhskaya Pushcha, tra Bielorussa e Polonia. E’ la stessa foresta in cui nel 1991 furono firmati gli accordi di Belovezh, meglio moti noti come “Accordo di Minsk“. In quella circostanza fu scritta la parola fine dell’Unione Sovietica. Una data da ricordare l’8 dicembre 1991, così come i firmatari dell’accordo: il presidente russo Boris Eltsin, quello ucraino Leonid Kravchuk e il presidente del Soviet Supremo della Bielorussia Stanislav Shushkevich.
L’accordo di Minsk, che sancì la fine dell’Urss, e del sogno imperiale di una Grande Russia, fu sottoscritto in una dacia appena fuori Brest, in territorio bielorusso al confine con la Polonia e non lontano dal confine ucraino. A un “tiro di schioppo” da dove si è svolto il secondo round. “Una ambientazione ideale -sostiene l’Avvenire- per siglare quella che Putin vive come una rivincita dell’ideale di una Grande Russia”. E non c’è dubbio alcuno che l’invasione dell’Ucraina sia solo il primo passo della riconquista di tutti territori di un mix tra la Russia zarina e l’URSS. Putin in un rarissimo attimo di sincerità, nel discorso alla nazione, non ne ha fatto mistero, dichiarando il suo obiettivo.
Continua l’analisi storica e fa scoprire similitudini estremamente interessanti. da pochi ricordate e, quindi, accostate tra loro. L’armistizio con la Germania, che segnò la fine della prima guerra mondiale, fu siglato l’11 novembre 1918 nei boschi di Compiègne. Le firme, che misero fine alla Prima guerra mondiale, ma al contempo riconobbero la sconfitta tedesca, furono apposte all’interno di un vagone ferroviario, posto di comando mobile dei francesi. Poi il vagone fu trasportato a Parigi e, quale simbolo della vittoria, fu collocato all’Hotel des Invalides. La Germania, all’opposto, la lesse come una «pugnalata alla schiena»
Una sconfitta che il nazionalismo tedesco non mandò giù, tant’è che sulla “Clarière de l’Armistice” (Carrozza dell’Armistizio) si prese la rivincita. “Adolf Hitler fece trasportare nella stessa radura di Rethondes -ci ricorda l’Avanti – il famoso vagone dove il 22 novembre 1940 il Terzo Reich firmò la resa della Francia che finì in buona parte sotto il diretto controllo tedesco”.
Non credo che l’Avanti ci racconti di quelle pagine storiche solo per erudirci in proposito. Anche magari, ma l’accostamento tra Hitler e Putin non è casuale. L’ho scritto diverse volte, se Hitler creò il suo feeling con i tedeschi, solleticando il desiderio di rialzarsi dalla macerie della I guerra mondiale, Putin si erge a riparatore dei torti subiti dai russi con la caduta del muro di Berlino e lo sfaldamento dell’URSS. Ed il sogno di Putin è arrivare a riedificare il novello Muro di Berlino.
Per inciso ne ho un pezzetto, conservato come una reliquie in una piccola bacheca di vetro. Me lo portò da Berlino e me ne fece dono Roberto Fabbriciani, uno dei più grandi flautisti del mondo a cavallo tre il ‘900 ed l terzo millennio, editorialista -come ben sapete- di questa testata. Chiusa parentesi.
Dicevamo che Putin ha spento subito qualsiasi speranza di una tregua, confermando così il giudizio che ne ha dato Macron dopo l’ultimo colloquio telefonico. Secondo il leader francese: “Il leader del Cremlino, mira a prendere il controllo di tutta l’Ucraina”.
Ed il leader ucraino Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj, se da un lato avverte l’occidente che, se Putin conquisterà l’Ucraina, poi sarà la volta di tutti i Paesi dell’ex Patto di Varsavia, a cominciare da Lituania, Lestonia e Lettonia, e non è un caso che la Moldavia in questi giorni chieda l’ammissione nell’Unione europea, dall’altro invita Putin ad incontrarlo per definire seri accordi tra Russia ed Ucraina.
Il leader ucraino invita Putin: “Siediti con me per negoziare, ma non a 30 metri“, evocando, col guizzo provocatorio dell’ex comico, gli incontri di Putin con Macron e Scholz. “Io non mordo. Di cosa hai paura?” Ma difficilmente Putin lo vorrà incontrare. Non rientra nei suoi piani. Ma tutto si gioca sulle sanzioni, che stanno intaccando la fedeltà monolitica dell’oligarchia russa a Putin,
Nord Stream 2, fallita, il colosso petrolifero russo Lukoil che chiede di fermare la guerra, la taglia di Konanykhin, l’avvio dell’indagine con l’accusa di criminale di guerra che mette fifa ai suoi “fedelissimi”, finanche l’esclusione degli atleti russi, che avviene a Pechino, nella patria dell’unico alleato che conta, ma sul quale è meglio non contare, stanno minando alla base Putin, e quando ad un’albero di seccano o si tagliano le radici, prima o poi viene giù in maniera rumorosa e devastante.
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