L’avvocato del populismo
Dopo tante minacce, prevale la linea governista. Il Governo pone la fiducia al dl Aiuti, ma i 5S a che gioco stanno giocando?
Giovanna Sellaroli
Tutto nelle mani di Mario Draghi.
Il faccia a faccia tra il premier Mario Draghi e il leader del M5S Giuseppe Conte è durato un’ora circa e si è reso necessario dopo giorni di tensioni, di fibrillazioni e di ricatti continui del Movimento a governo e maggioranza. Prima dell’incontro, alle 9, è andato in scena il Consiglio nazionale dei M5S. Sul tavolo del confronto i nodi, tra gli altri, relativi al Superbonus, al Reddito di cittadinanza e al termovalorizzatore.
L’ex premier: “Restiamo al governo ma serve discontinuità, subito intervento per lavoratori e imprese, intervenire sul cuneo. … Abbiamo parlato con Draghi, gli abbiamo consegnato un documento a nome del M5s, abbiamo accumulato un forte disagio politico”, ha detto Conte a fine incontro. Il testo presentato si sviluppa in nove punti, dalle armi all’Ucraina alle misure anticrisi, tra questi spiccano il reddito di cittadinanza, il salario minimo, il decreto dignità, gli aiuti a famiglie e imprese, la transizione ecologica, il Superbonus, cashback fiscale, intervento riscossione, clausola legge di delegazione.
“Noi siamo disponibili a condividere una responsabilità di governo come abbiamo fatto fino a qui in modo leale e costruttivo, ma occorre un forte segno di discontinuità. Non permettiamo più che il reddito di cittadinanza sia messo quotidianamente in discussione. Dobbiamo intervenire a favore di famiglie e imprese con un intervento straordinario. 200 euro di bonus non servono. Va tagliato il cuneo fiscale. Dobbiamo intervenire per i lavoratori e sul salario minimo”.
Prima del vertice, in mattinata, il Consiglio nazionale dei pentastellati. In serata invece la riunione congiunta dei parlamentari del Movimento. Intanto tensioni sul dl Aiuti: i 5S insistono sul Superbonus al 110% e diventa difficile non porre la fiducia al decreto come il governo intendeva fare.
“Draghi si prenderà un po’ di tempo per valutare le nostre richieste, non mi aspettavo una risposta immediata, non sarebbe neanche stato serio”, ha ribadito Conte.
Sintesi giornalistica: in pratica l’avvocato del populismo ha chiesto al premier Draghi, stimato in tutto il mondo, di risolvere una volta per tutte i problemi dell’Italia, di Roma, ma anche del mondo, altrimenti escono dal governo!
Nulla di nuovo all’orizzonte politico del M5S. Restiamo al governo ma …
Conte non starà mica chiedendo un rimpasto?
Il M5S ha in realtà un solo grande problema, ossia, nelle intenzioni vuole affossare il governo, il migliore che l’Italia possa avere, ma i suoi parlamentari non intendono mollare le poltrone. Chi garantirà loro la rielezione nel momento in cui si dovesse tornare a votare?
Eccolo il dubbio amletico che li dilania. Non strappare, ma limitarsi ad avanzare una serie di richieste nell’incontro col premier Mario Draghi, e vigilare sull’azione di governo difendendo le battaglie ‘grilline’. Che tradotto vuol dire salvare capra e cavoli. E pensare solo ed esclusivamente alle elezioni.
Il Movimento tutto chiacchiere e invidia chiede che nel dl Aiuti, che prevede uno stanziamento di 23 miliardi di euro a sostegno di famiglie e imprese, venga confermato il Superbonus e vengano stralciati i fondi per la costruzione del termovalizzatore a Roma. Dl aiuti sul quale i Cinque stelle hanno da tempo sollevato una polemica strumentale; nelle ultime ore poi, tra i parlamentari, è stata sventolata la minaccia di non votare la fiducia, nonostante i vertici M5S si dicano convinti di non voler strappare. Un ostruzionismo che rischia di bloccare l’iter del decreto. Ed è una corsa contro il tempo visto che il testo deve essere convertito in legge entro il 16 luglio e manca ancora il via libera di palazzo Madama.
E così sul decreto Aiuti si va verso la fiducia al buio, mentre nel M5s crescono le pressioni su Conte per uno strappo, ossia per il no alla fiducia, e il passaggio all’appoggio esterno.
Dopo la fiducia posta nel primo pomeriggio di oggi dal Governo, la partita si sposta alla Camera, domani le dichiarazioni di voto. Dunque, nessuna modifica sarà apportata al decreto Aiuti.
Alle 13.00 circa Conte dice che Draghi si prenderà del tempo per valutare le loro richieste e la loro contrarietà nel porre la fiducia al dl Aiuti; alle 14.30 il Ministro grillino Federico D’Incà chiede la fiducia alla Camera!
Ancora 24 ore per scoprire a che giochetto sta giocando Conte e la sua banda. Il voto si svolgerà giovedì, come da regolamento, dopo 24 ore.
Ma torniamo alle parole di Conte e alla questione del disagio politico provato dal Movimento. Intanto direi che il disagio è tutto nostro, soprattutto nel ricordare, per fare solo un esempio, alcuni ‘Niet’ (ndr. no) dei grillini che elenco per chiarezza:
NO alla Tap (poi hanno votato a favore), NO all’Ilva (l’Ilva è aperta), NO alla Tav, NO all’Europa (oggi sono tutti europeisti), NO agli F35, NO ai tre mandati (il primo è mandato zero!), NO alle auto blu, NO immunità, NO vaccini, NO trivelle, NO salva banche.
E mi fermo qui, per tornare al braccio di ferro ingaggiato da Conte col Governo Draghi su alcuni punti del dl Aiuti. Primo fra tutti il Superbonus al 110%, l’incentivo sulle ristrutturazioni, introdotto nel 2020 dal secondo governo Conte, sostenuto dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle. Con questa misura il governo si è impegnato a rimborsare, e anzi a corrispondere un piccolo sovrapprezzo, per una fascia molto ampia di lavori di ristrutturazione degli edifici residenziali. Una misura che nelle intenzioni avrebbe dovuto rilanciare l’economia, favorendo la ripartenza del settore dell’edilizia. In realtà, la misura ha comportato molti problemi. Si è rivelato molto costoso per lo Stato, poco equo, ha causato un aumento dei prezzi dei materiali edili e incrementato notevolmente le frodi.
Proprio per l’aumento dei prezzi dei materiali edili e per il crescere delle frodi, nelle discussioni sulla legge di Bilancio, il governo aveva proposto di correggere l’agevolazione fiscale per gli interventi di ristrutturazione che migliorano l’efficienza energetica di case e condomini.
La proposta non è stata accettata., e, malgrado le storture gravi, i grillini rivendicano a gran voce l’applicazione del Superbonus.
E poi c’è il No al termovalizzatore di Roma nei progetti del Sindaco Roberto Gualtieri. Conte ha detto che “il termovalorizzatore non è nella tradizione dei 5 Stelle”; in effetti, da romana, devo dire che discariche, cassonetti che traboccano di spazzatura, cinghiali e fauna varia per le strade della capitale, è decisamente più in linea con la loro tradizione.
Raggi e i suoi sono da sempre contro il termovalorizzatore. Negli ultimi giorni, è saltata fuori un’alternativa, i grillini hanno proposto l’impianto di ossicombustione, senza dire, però, che fu proprio la giunta Raggi a rifiutarne la sperimentazione quando le venne proposta dall’ex cda di Ama guidato da Lorenzo Bagnacani.
Ricordo poi che Gualtieri era il numero due del Governo Conte, un governo piuttosto spigliato nell’elargire bonus a volontà, mascherine farlocche, banchi a rotelle, ventilatori meccanici per terapia intensiva giunti dalla Russia con amore.
E ancora, la ricetta M5S per contrastare l’inflazione sarebbe lo scostamento di bilancio: “… Un bonus da 200 euro non vale a risolvere i gravi problemi che i nostri concittadini stanno affrontando. Le abbiamo chiesto più volte uno scostamento di bilancio”, si legge nel documento presentato oggi dal leader M5S Conte al Presidente Draghi.
Ricapitolando: scostamento di bilancio per fare deficit per finanziare la spesa pubblica.
Epifania. Cosa non si fa e non si dice in campagna elettorale!
E poi c’è il cavallo di battaglia, il famosissimo reddito di cittadinanza. Ma il Movimento 5S non aveva abolito la povertà? Allora a che serve?
Infine, ma non ultima, la vergognosa presa di posizione sul NO all’invio di nuove armi all’ Ucraina, a dimostrazione di quanto sia chiaramente evidente l’insopportabile doppiezza dei grillini sulla guerra di Putin.
Eccoli quelli che dovevano rivoluzionare la politica, ecco come si accapigliano senza dignità per il terzo mandato.
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