Maggioranza spaccata sul contributo di solidarietà
Ma continua la discussione accesa tra favorevoli e contrari
Gianvito Pugliese
La proposta l’aveva avanzata il Presidente del Consiglio, Mario Draghi. Era quella di rinviare di un anno gli sgravi fiscali per i redditi superiori ai settantacinquemila euro, finalizzando il provento, ad un contributo di solidarietà a carico dei redditi over settantacinquemila in favore di quelli sotto i quindicimila per far fronte al caro bollette.
Gli sgravi fiscali nella legge di bilancio sono sorretti dall’intervento dello Stato per otto miliardi.
Si sono messi di traverso, dapprima in cabina di regia e poi in consiglio dei ministri, Lega, Forza Italia e Italia Viva compatti, ed una minoranza pentastellata (il Ministro Patuanelli ad esempio era a favore) e Draghi è stato costretto a cassare la proposta dall’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri per evitare pericolose lacerazioni della maggioranza che sostiene il suo governo. Alla vicenda abbiamo dedicato un editoriale il 3 dicembre.
Draghi ha aumentato di trecento milioni l’intervento diretto dello Stato sul caro bollette portando lo stanziamento ad ottocento milioni di euro, somma cospicua ma non congrua a sostenere i rincari a carico di chi già prima aveva difficoltà a pagarle.
Canta vittoria Matteo Salvini, che da quando la Lega è passata da primo a terzo partito del Paese nelle intenzioni di voto degli italiani è all’affannosa continua ricerca di bracci di ferro di cui vantare i risultati. Per essere obiettivi va detto che, la logica trampiana del “un nemico al giorno”, non so se sia nel dna del leader della Lega o una sua scelta di strategia politico-comunicativa, sta di fatto che era la sua impronta anche nei tempi d’oro del consenso, il cui ricordo si è perso per strada. Si erge, quindi, a salvatore della Patria per aver impedito “un nuovo prelievo mascherato” a danno dei poveri percettori di più di settantacinquemila euro l’hanno.
Gongola Matteo Renzi, sempre più orientato a smarcarsi da un centrosinistra, che gli ha ormai sbattuto le porte in faccia, ed è anche lui all’affannosa ricerca di alleanze al centro, che facilitino il suo dialogo con la destra sovranista e nazionalista, dal momento che con quella cosiddetta liberale ha sancito l’unico patto politico rispettato, quello del Nazareno concluso con Silvio Berlusconi.
Silvio Berlusconi, che ha difeso il suo elettorato (Forza Italia non ha mai tutelato, neanche per sbaglio, le fasce meno abbienti) tace sornione. Si è candidato al Colle per il Centrodestra, tirando fuori il suo “sogno nel cassetto”. La parola d’ordine, in attesa degli eventi, è “prudenza”. Staremo a vedere alla fine se la destra gli confermerà la candidatura. La Meloni a giorni alterni la boccia e la riprende, Salvini ha accolto la decisione di Berlusconi con malcelata freddezza. Ed i sondaggi, non solo non lo danno vincente, ma parecchio sgradito agli italiani, Vero che votano all’elezione del Presidente della Repubblica il Parlamento in seduta comune dei suoi membri e tre delegati per ogni Regione, altrettanto vero che il popolo sovrano (?) è stato finanche privato della possibilità di esprimere preferenze nel voto alla politiche, il che la dice lunga sulla considerazione che i partiti hanno dell’elettorato, ma a tutto c’è un limite. La corda si può tirare fino ad un certo punto, poi si spezza.
A difendere la proposta Draghi erano rimasti Pd, Leu, ed una parte consistente dei pentastellati. Un raggruppamento che non ha gettato la spugna ed il responsabile Economia dei dem Antonio Misiani, dopo la critica: “È stato un errore respingere in maniera pregiudiziale una proposta del tutto ragionevole del presidente Draghi. Rimane il tema delle bollette a fronte di un forte aumento dei prezzi”, passa alla proposta, o meglio al piano B: “I proventi delle aste delle emissioni di Co2 (Ets) siano destinati interamente a calmierare i prezzi delle bollette. Torneremo su questo tema, perché aver respinto la proposta di Draghi lascia aperto il tema dell’impatto del cari energia sulle famiglie e le imprese”. Poi passa all’analisi tecnica: “Spiace che sia stata respinta (ndr la proposta Draghi) in questo modo anche perché non si trattava di un prelievo, ma del mero rinvio di un anno dell’applicazione della riforma fiscale al 2 per cento dei contribuenti con i redditi più elevati. Si trattava del congelamento temporaneo dello sgravio fiscale per una piccola parte dei contribuenti: il 2 per cento del totale, quelli con imponibile Irpef più alto”,
Ed Italia Viva? Tace Renzi, in tutt’altre faccende affaccendato, cioè grandi – piccole manovre per il Colle, e resuscita dal temporaneo oblio Luigi Marattin, che rispondendo al perché Italia Viva ha ritenuto sbagliato il contributo di solidarietà contro il caro bollette, ha risposto: “Secondo molti di noi sì. In un anno in cui dedichi 8 miliardi annui ad abbassare le tasse (lo sforzo più importante dagli ’80 euro’ di Renzi nel 2014, che impiegarono circa 10 miliardi annui), sarebbe stato veramente curioso dire ‘tutti avranno vantaggi tranne un milione di persone, che non meritano neanche un euro”. Un contributo alla chiarezza dell’orientamento dei fedelissimi di Matteo Renzi. Preoccuparsi dei ricchi, tanto dei poveri, “chi se ne frega”.
Ho sempre sostenuto che la maggioranza a sostegno del governo Draghi, non avendo un orientamento politico ben definito, alla prova delle misure con valenza politica, ovvero di bandiera per i partiti, avrebbe mostrato tutta la sua fragilità ed inconcludenza. Non mi piace fare la Cassandra, ma non occorreva il Divino Otelma per prevederlo.
Quando ho definito questa maggioranza “arlecchino”, che veste di mille toppe di colori differenti, sono stato anche troppo generoso. A fronte, infatti di un Presidente del Consiglio, di estrema caratura anche per la sua autorevolezza in Europa (è stato il Presidente della Bce), la sua maggioranza più che la maschera di Arlecchino, tra l’altro servo di due padroni, mi rammenta quella più prosaica e tragicamente comica di Pulcinella, con la differenza che la simpatica maschera partenopea non sarebbe mai arrivata a tanto.
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