Manovra ancora ferma in Senato alla commissione

Stallo, forse superabile, in Commissione bilancio del Senato

Gianvito Pugliese

Alle due di notte è cominciata la votazione in Commissione bilancio del Senato sugli emendamenti alla manovra.

Per superare lo stallo che bloccava la manovra è stata necessaria una riunione fra capigruppo, relatori e governo.

I problemi non sono però finiti, anzi. I senatori sono ancora in attesa di esaminate l’emendamento sul superbonus, anche se non è l’unico nodo ancora da sciogliere. Ed a proposito di superbonus, è arrivato poco prima delle 6 del mattino in commissione Bilancio del Senato un intero fascicolo di emendamenti, comprendente anche la riformulazione del Superbonus al 110%. Il pomo della discordia, quello più grande, non l’unico, è stato accantonato su richiesta della maggioranza “per valutazioni da approfondire”. Fonti parlamentari riferiscono che fra i commissari serpeggia il sospetto che la riformulazione del Superbonus non sia quella concordata fra governo e maggioranza.

Occorre altro per far comprendere al lettore quale sia il clima che si respira tra potere esecutivo e legislativo, che altro non è che la concretizzazione della discrasia tra il governo e la maggioranza? Forse, sarebbe più corretto dire tra governo ed i partiti che compongono questa maggioranza arlecchino.

Uso spesso questo aggettivo che ho coniato per il governo Draghi. Arlecchino, maschera bergamasca della commedia dell’arte, ha un costume composto da rombi ed altre figure geometriche, un assemblaggio di toppe, comunque multicolore. E come il vestito di Arlecchino, il governo in carica cuce insieme, al posto delle toppe, partiti estremamente eterogenei, con obiettivi dichiarati, più che diversi, diametralmente opposti. Certo, siamo in una fase transitoria, che richiede maggioranze il più estese possibile, con una diffusione del Covid sempre oscillante, con una economia da far ripartire e con una programmazione e gestione del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), che nei prossimi anni spenderà i 191,5 miliardi di euro, assegnatici dall’Unione europea. E proprio dalla gestione di questa imponente massa di denaro pubblico verrà fuori in larga misura l’Italia del futuro.

Col Covid-19 siamo divenuti nostalgici della vita e delle abitudini prepandemiche. Ma non deve essere quella l’Italia da ricostruire, ma una nuova, tecnologicamente avanzata, che colmi il divario nord-sud, si cresce tutti insieme armonicamente o non c’è futuro, che sia realmente competitiva in Europa e nel mondo intero, grazie a rinnovate infrastrutture da terzo millennio. Nel mondo globale se non si è competitivi, finanche con colossi come la Cina, gli Stati Uniti e l’India, non c’è storia. Per questo, una maggiore coesione e maggiori poteri all’Unione europea, perché possa difendere i Paesi membri (confini e mercati) parlando un’unica lingua, è essenziale.

Se siamo troppo piccoli per competere, non solo noi, ma tutti i Paesi dell’Ue, ci viene in soccorso la straordinaria capacità degli italiani, “santi, poeti e navigatori” si diceva, in realtà grandi lavoratori e con un cervello sviluppato esponenzialmente dalla fame atavica, capace di far le nozze coi fichi secchi, e trasformare pietraie in terreni produttivi. D’altra parte i ricercatori italiani, sono contesi all’estero come nessun altro, perché se gli dai i mezzi per lavorare serenamente e proficuamente, non hanno eguali al mondo. La fuga dei cervelli, che ci perseguita da sempre, si ferma solo offrendo a quei giovani ricercatori le stesse opportunità che trovano all’estero.

Chiudiamo la parentesi, che spero non sia impropria, e torniamo alla Commissione. Non è il Superbonus del 110% l’unico nodo, abbiamo affermato. Infatti, l’innalzamento a 10mila euro del bonus mobili, i fondi per la cura dell’autismo e per il contrasto ai disturbi alimentari, lo sgravio contributivo al 100% per i contratti di apprendistato, il fondo di solidarietà da 10 milioni di euro per il 2022 a favore dei proprietari di immobili residenziali non utilizzabili perché occupati abusivamente, costituiscono altrettanti nodi da sciogliere e da sciogliere in fretta per permettere al Senato di ricevere il testo della manovra aggiornato, esaminarlo, discuterlo e votarlo. Ormai è una corsa contro il tempo con il Governo che vorrebbe i rami del Parlamento alla velocità delle Ferrari (ma le Mercedes e le Red Bull, vanno più forti, riconosciamolo) e che, in omaggio alla tradizione corrono alla velocità degli asinelli, quando va meglio dei ronzini. Ribot non è di casa, pardon di stalla, da quelle parti. Qualcuno, mi suggerisce, che il termine di paragone più appropriato per la velocità dei nostri rami del Parlamento è il passo del granchio, uno avanti e due indietro. La proposta Draghi sul contributo di solidarietà docet.

Una situazione non proprio disperata, intendiamoci, ma certamente non rosea.

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