Matteo Renzi attacca Marco Travaglio e l’Anpi

Attacco di Renzi a Travaglio ed all’Anpi. Analizziamoli!

Gianvito Pugliese

Matteo Renzi, intervenendo all’assemblea nazionale Iv, si pone una domanda sulla guerra Ucraina-Russia: “Il guru di tutte le trasmissioni tv de La7, l’uomo profumatamente pagato da Cairo per sbagliarle tutte: Marco Travaglio. Il 23 febbraio scrive che l’invasione è una fake news degli americani, la mattina dopo Putin ha invaso. Quotidianamente le nostre case sono sommerse da un’onda di bugie che pensavamo si limitassero solo al giustizialismo ma ora arrivano perfino alla geopolitica: noi siamo quelli che non devono cancellare i tweet del passato“.

Ma il leader di Italia Viva, non si limita ad attaccare Marco Travaglio, ha qualcosa da ridire anche sull’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia): “Tra i fan nostrani mi dispiace dover annoverare una delle associazioni a cui io tengo di più: le parole di ieri sera dell’Anpi sul conflitto ucraino sono vergognose. I partigiani di 70 anni fa avrebbero saputo da che parte stare tra invasori e invasi. Attaccare il filo imperialismo americano significa essere indietro con le lancette della storia”.

Nel caso Anpi Renzi ha solo parzialmente e formalmente ragione, ma sostanzialmente torto. L’Anpi, come afferma Renzi, effettivamente il 22 febbraio, cioè due giorni prima dell’inizio della invasione dell’Ucraina, “ha preso pubblicamente posizione definendo «il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass da parte della Russia» come «l’ultimo, drammatico atto di una sequenza di eventi innescata dal continuo allargamento della Nato a est vissuto legittimamente da Mosca come una crescente minaccia». Nel documento diffuso con le posizioni dell’Associazione dei partigiani, poi, si chiede che «Biden cessi immediatamente sia le clamorose ingerenze nella vita interna dell’Ucraina iniziate fin dai tempi di Maidan, quando nel governo ucraino entrò la statunitense Natalia Jaresco, sia le sue dichiarazioni belliciste e le sue ininterrotte minacce nei confronti della Russia». Così ricostruisce la posizione iniziale dell’Anpi il Corriere della Sera, che poi aggiunge: “La segreteria dell’Anpi era tuttavia intervenuta nel frattempo, con un altro comunicato, del 24 febbraio, in cui riportava di condannare «fermamente l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa. È un atto di guerra che nega il principio dell’autodeterminazione dei popoli, fa precipitare l’Europa sull’orlo di un conflitto globale, impone una logica imperiale che contrasta col nuovo mondo multipolare, porta lutti e devastazioni».

E dopo aver descritto la reazione di Renzi, il Corriere riporta anche le parole del Presidente Nazionale dei Partigiani Gianfranco Pagliarulo: “Noi siamo dalla parte del popolo ucraino senza se e senza ma, condanniamo l’invasione della Russia ma saremmo sciocchi se non vedessimo il contesto in cui tutto questo è avvenuto, quello che è successo negli ultimi decenni. Il testo fa parte di un documento che inizia con la fermissima condanna dell’invasione russa in Ucraina e la richiesta di cessate il fuoco e ritiro delle truppe. Non commettiamo però l’errore di vedere solo bianco e nero. Oggi Estonia e Lettonia hanno le basi Nato ai confini della Russia, sarebbe strano immaginare che Mosca non avrebbe reagito.……”

Dunque, il 24 febbraio, giorno dell’inizio dell’invasione russa l’Anpi modifica totalmente la propria posizione ed esprime ferma condanna della stessa. Vero che nell’analisi da atto che la Russia aveva ragioni di sentirsi minacciata dalle basi Nato in Estonia e Lettonia e poi propone soluzioni al conflitto che vedono la Russia annullare i riconoscimenti unilaterali e l’Ucraina, al contrario, porre fine ai 14 anni di conflitto interno con un riconoscimento che non alteri i suoi confini, ma la ferma condanna dell’invasione russa c’è tutta. Renzi, che ha stigmatizzato a ragione il giorno dopo il documento Anpi del 22 febbraio, ignora, volutamente o meno, il documento della stessa Anpi del 24 febbraio, e così facendo strumentalizza il pregresso errore, a cui l’associazione stessa aveva posto rimedio, e mantiene intatto l’attacco, senza alcuna giustificazione. A dirla tutta non è nel dna di Renzi attaccare qualcuno e qualcosa senza essere super-documentato, prima e dopo l’attacco. Allora come ci sta l’aver ignorato la precisazione del 24 febbraio? Si spiega solo come occasione ghiotta di togliersi qualche sassolino o peggio dalla scarpa. Francamente quale sia il sassolino non lo so, e Pagliarulo, che sembra saperlo quando dice, sempre dal Corriere: “Non è il momento …. di fare sciocche e strumentali polemiche“, non è entrato nel merito e, credo, non sia intenzionato, almeno per ora, a renderlo noto.

Qualche parola va spesa anche per la polemica nei confronti di Travaglio. Li i motivi di rancore di Renzi nei confronti del giornalista sono ben noti a tutti, superfluo enumerarli,

Comunque, trovo inopportuno, se non proprio sgradevole, quel “profumatamente pagato da Cairo per sbagliarle tutte: Marco Travaglio”. Cairo è un editore, ergo un imprenditore privato. Se utilizzare Marco Travaglio e quanto pagarlo, sono affari esclusivamente suoi e di nessun altro. Poi, Renzi, qui non è affatto discreto in merito ai massi negli stivali. Lo scrive anche: “bugie che pensavamo si limitassero solo al giustizialismo“. Che Marco Travaglio non sia certo un garantista. e più propenso al giustizialismo, che è poi una forma di sensazionalismo giornalistico, lo sappiamo tutti, come pure che non sia mai stato tenero nei confronti sia di Renzi, che dei suoi genitori e dei suoi amici politici, finiti nelle maglie delle indagini giudiziarie. Io, al contrario, sono garantista, credo nella presunzione d’innocenza, ma non credo nel decreto legislativo Cartabia sulla presunzione d’innocenza, che viola apertamente i diritti dell’informazione, tutelati dalla nostra costituzione, e crea -come ho più volte spiegato- pericoli sociali non indifferenti. Perciò do a Renzi e compagnia cantante tutta la presunzione d’innocenza del mondo, anche se continuo ad essere convinto che l’uomo pubblico per candidarsi debba essere “candido” ed un inquisito o un indagato non lo è. Non è colpevole fino a sentenza di condanna passata in giudicato, ma se gravemente sospettato è certamente inidoneo a rappresentare e amministrare la cosa pubblica.

Sono meridioniale, cittadino italiano (ed europeo) orgoglioso di esserli, ma parecchio meno orgoglioso quando vedo che a differenza del resto dei Paesi civili, dove la minima macchia induce il politico a cambiare mestiere e tornare a quello d’origine, da noi anche i condannati in via definitiva si candidano alla più alta carica dello Stato. C’è un referendum osceno per abrogare la Severino, che invece il parlamento dovrebbe integrare alla luce di quanto avvenuto il mese scorso. Per non parlare dei politici che portano il partito allo sfacelo elettorale. In tutta Europa, si dimettono di corsa, prima di essere ignominiosamente cacciati. Da noi per non cambiare il leader fallimentare, si cambia il nome del partito ed il gioco è fatto. Muoiono i partiti e sono eterni i politicanti. Siamo dinanzi all’assurto ed all’osceno. Ma, evviva!

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