Piacenza: caserma degli orrori, sempre più in basso
Dalla Levante alla Diaz, ai mille casi Cucchi. Una catena che va spezzata, per tutelare le mele sane, che sono la maggioranza silenziosa.
Gianvito Pugliese.
Man mano che le indagini vanno avanti emerge un quadro sempre più inquietante.
Cari lettori, quando ho attaccato a scrivere questo articolo, ero intenzionato a limitarmi ad un mero aggiornamento di fatti, ma quello che ho letto e ascoltato in proposito mi spingono a provare a ragionare con Voi. Approfondire, analizzare un fenomeno particolarmente sgradevole e preoccupante per la nostra società e per la stessa tenuta delle istituzioni e dei principi democratici del nostro Paese.
“La stazione Levante di Piacenza fu premiata dal comandante della Legione Emilia-Romagna per i risultati conseguiti nel contrasto allo spaccio di stupefacenti”. Lo leggo su di un comunicato di un’autorevole agenzia. Poi scopro, leggendo di più, che gli encomi solenni fioccavano da quelle parti. Nessuno dei superiori, in una catena di comando predisposta per impedire fatti del genere, si è mai chiesto come mai ottenevano tante confessioni? Tanti sequestri di droga? Nessuno, ha avuto un sospetto ed ha cercato di capire come un’appuntato dell’Arma potesse permettersi una vita lussuosa, ostentata, dalla villa con piscina a tutto il resto? Come potesse trattare alla pari alti ufficiali.
Sono garantista, ma qui il garantismo non c’entra nulla: questa vicenda orribile travalica i confini di della Caserma Levante, di Piacenza, dell’Emilia e Romagna e arriva in alto. Ci sono grandi responsabilità omissive, in tutti coloro che dovevano e non hanno voluto controllare. Ed è legittimo ritenere, che non è che fossero tutti allocchi e non capivano. Non c’è miglior sordo di chi non vuol sentire, cieco di chi non vuol vedere.
Finiti gli accertamenti sul gruppo circoscritto e su questo che dovrà concentrarsi l’attenzione degli inquirenti. Non è un’episodio isolato, è la punta di un iceberg, e non solo per i tanti casi Cucchi. Una catena che parte da lontano, in cui i misfatti della caserma Diaz nel luglio del 2001, sono solo un passaggio di una brutta storia concatenata che viene da molto lontano e prosegue, e nella caserma degli orrori trova oggi l’ultima manifestazione estrema.
La severità è spesso mancata da parte delle gerarchie militari e della magistratura. Devo ricordare che alcuni responsabili della Diaz sono stati recentemente candidati a posti di assoluto prestigio e responsabilità dello Stato? Gente che meritava la galera e le chiavi buttate via e che, come tanti farabutti del nostro Paese, ce li ritroviamo nella varie tv ad interpretare la parte dei grandi saggi o, nelle piazze ad arringare e seminare solo l’odio di cui si nutrono.
Torno alla Levante: chiedono, anzi urlano giustizia non solo le vittime di quelle violenze bestiali e gratuite, e cari lettori, non pensiate che in fondo erano solo degli spacciatori, dei pusher, dei criminali, dei neri, che le subivano. Possono toccare a me, come a Voi o ai Vostri cari, il sopruso e la violenza prima o poi colpisce a raggio sempre maggiore. Gridano vendetta soprattutto quei ragazzi di pattuglia che hanno uno stipendio da fame -e non è giusto-, ma non “si arrangiano”, stringono la cinghia e vanno avanti con coraggio ed abnegazione. I Carabinieri, che conosco bene, non foss’altro che per aver avuto uno zio Generale dell’Arma, fra gli ufficiali più decorati, sono quelli che hanno rappresentato lo Stato in tante parti d’Italia abbandonata a se stessa. Era la stazione dei Carabinieri il punto di riferimento, il luogo dove l’analfabeta, l’indigente abbandonato trovava aiuto e confronto. E quella infinità di uomini, che quotidianamente rischiano la pelle per difendere noi cittadini e, finanche, i nostri beni, che quando la terra trema o un’incendio devasta un territorio, un fiume straripa, o avviene qualcosa di drammatico, mentre gli altri fuggono lontano, vanno incontro al pericolo per vedere se possono salvare qualcuno e non ci pensano due volte: è il loro dna. E quel dna non può subire l’umiliazione di essere associati a certe figure criminali.
E’ a nome loro prima che di ogni cittadino onesto, che vi chiedo di far giustizia, ma non solo nella Levante, di continuare a cercare le mele marce, per salvare quelle buone, che meritano ogni considerazione.
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