Quando le persone serie giurano.

Editoriale di Paolo Marra. Un grazie ai medici (ed agli infermieri che non sono da meno) espresso a modo suo, Con un momento di sano orgoglio meridionalista ed il dubbio di chi ne ha viste tante: saremo grati seriamente e impareremo la lezione? La sanità non è solo nuovi palazzi, ma anche cura delle sue preziose donne ed uomini.

Paolo Marra


Potevate starvene pure voi con le mani in mano. A leggere tranquillamente quel che vi va. A godervi la vostra casa. A farvi crescere la barba per vedere come vi sta. A cucinar focacce. A scrivere puttanate, una dietro l’altra, su facebook. A far niente.
Chi avrebbe potuto dirvi nulla? Sarebbe stato, è, un obbligo, addirittura. Questa si, una pacchia per davvero. Ed invece no.
“È a me!” avete pensato quando avete colto, fra tante brutte notizie di morti che non sanno più dove metterli, un S.O.S., ineludibile per voi che dello stare fra i malati avete fatto professione e fede. Sapete bene che si tratta di buttarsi in mezzo alle mazzate. Forse, senza nemmeno protezioni adeguate. Al massimo lo stetoscopio, che per precauzione è meglio se ve lo portate da casa.
Nessuno vi costringe. Chissà se mai vi diranno grazie? Sapete bene che lì al nord, dove vi hanno chiamati, c’è gente che non scrive più “non si affitta ai meridionali” come voi, solo perché hanno trovato altri poveri cristi su cui riversare le proprie frustrazioni. Gente che vorrebbe comunque prendere le distanze.
Avete accantonato in un angolo del vostro cervello quella domanda che ve lo stava tormentando: “dove ha sbagliato il modello – sanità migliore al mondo?”
Niente e nessuno vi ha fermati: siete andati al fronte senza alcuna cartolina precetto.
Siete centinaia, migliaia. Medici vecchi o giovani. Pensionati o neo laureati. Sani come pesci o pure voi a rischio.
Siete, coi i vostri infermieri che rischiano come voi, un corteo senza bandiere, senza striscioni, senza slogan urlati. Il più bel corteo, inconsapevolmente politico, che si sia mai visto.
Quando tutto sarà finito, fate un favore anche a noi, che forse nemmeno ce lo meritiamo: tornate!
Potevate starvene pure voi con le mani in mano. A leggere tranquillamente quel che vi va o verere un film, un programma gradito alla tv. A godervi la vostra casa. A farvi crescere la barba per vedere come vi sta. A cucinar focacce. A scrivere puttanate, una dietro l’altra, su facebook. A far niente.
Chi avrebbe potuto dirvi nulla? Sarebbe stato, è, un obbligo, addirittura. Questa si, una pacchia per davvero. Ed invece no.
“È a me!” avete pensato quando avete colto, fra tante brutte notizie di morti che non sanno più dove metterli, un S.O.S., ineludibile per voi che dello stare fra i malati avete fatto professione. Sapete bene che si tratta di buttarsi in mezzo alle mazzate. Forse senza nemmeno protezioni adeguate. Al massimo lo stetoscopio che per precauzione è meglio se ve lo portate da casa.
Nessuno vi costringe. Chissà se mai vi diranno grazie. Sapete bene che lì al nord c’è gente che non scrive più “non si affitta ai meridionali” come voi, solo perché hanno trovato altri poveri cristi su cui riversare le proprie frustrazioni. Gente che vorrebbe comunque prendere le distanze.
Avete accantonato in un angolo del vostro cervello quella domanda che ve lo stava tormentando: “dove ha sbagliato il modello – sanità migliore al mondo?”
Niente e nessuno vi ha fermati: siete andati al fronte senza alcuna cartolina precetto.
Siete centinaia, migliaia. Medici vecchi o giovani. Pensionati o neo laureati. Sani come pesci o pure voi a rischio.
Siete un corteo senza bandiere, senza striscioni, senza slogan urlati. Il più bel corteo inconsapevolmente politico che si sia mai visto.
Quando tutto sarà finito, fate un favore anche a noi, che forse nemmeno ce lo meritiamo: tornate!