Scompare il grande giornalista Gianni Minà
Ricordare Minà è narrare le sue pietre miliari, dai documentari, alle interviste, ai programmi televisivi che la sua fervida ed eclettica fantasia ci ha donato.
Annamaria Totagiancaspro
L’Italia intera e non solo piange la perdita del grande giornalista professionista Gianni Minà. Morto ieri all’età di 84 anni, l’annuncio è apparso sulla sua pagina ufficiale di Facebook.
“Gianni Minà ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al Prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità.“
Gianni Minà era nato il 17 maggio 1938 e iniziò la sua carriera da giornalista presso “Tuttosport” nel 1959. A solo un anno di distanza debuttò in Rai collaborando a diversi servizi sportivi sui Giochi Olimpici di Roma.
Successivamente si dedicò a diversi documentari e inchieste per molti programmi televisivi e fu assunto al Tg2 nel 1976.
Come giornalista sportivo Minà seguì otto mondiali di calcio, sette olimpiadi e diversi campionati mondiali di pugilato (si ricordino quelli con Muhammad Ali).
Da non dimenticare la vittoria del Premio Saint Vincent come miglior giornalista televisivo dell’anno nel 1981. Inoltre, vinse anche il premio Kamera della Berlinale, un premio prestigioso per i documentaristi.
Nel corso del tempo ha collaborato con diverse testate giornalistiche come il Corriere della sera, La Repubblica, l’Unità e il Manifesto.
Un punto chiave della sua prolifica carriera fu l’intervista con il presidente cubano Fidel Castro della durata di sedici ore. Un reportage che diventò un successo mondiale e che passò alla storia con il titolo “Fidel racconta il Che”.
Nel corso della sua vita Minà ha intervistato personalità importanti, da Muhammad Ali a Massimo Troisi, Maradona e come si è ricordato lo stesso Fidel Castro. Allo stesso tempo, si è dedicato anche ai conflitti sociali delle minoranze, si pensi ai grandi reportage sull’America Latina.
Ci si potrebbe chiedere come sia possibile che un uomo solo sia riuscito a fare tutto questo. Lui, prima di essere un giornalista, era un uomo appassionato di cultura e conoscenza. La passione è ciò che muove tutti gli uomini, essa spinge chiunque a fare sempre di più, non solo per gli altri ma anche per sé stessi.
In ogni sua intervista, docu-film e servizio è possibile notare come gli occhi di Minà brillino ad ogni domanda posta e ad ogni risposta ricevuta. La passione e l’umanità nel suo modo di essere e di intervistare lo hanno portato ad essere uno dei più grandi giornalisti del nstro tempo.
Sicuramente Minà ha lasciato in eredità molto al mondo del giornalismo, ma, in primis, lui ha donato la sua passione per il suo lavoro. Una passione che sicuramente ha acceso un fuoco nel cuore di tanti giornalisti del passato e del presente.
R.i.p. Gianni, ci mancherai, anche se tanto di te rimarrà sempre, come un dono del tuo generoso cuore, quello che alla fine ti ha tradito.
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