Taglia russa su Guido Crosetto

Secondo il Foglio, “15 milioni di dollari” sono stati stanziati dalla brigata Wagner.

Gianvito Pugliese

L’esistenza di una taglia messa dal gruppo di mercenari russi Wagner, prima dell’invasione dell’Ucraina, normalmente di stanza il Africa. sulla testa del nostro Ministro della Difesa, l’aveva resa nota lo stesso politico italiano, tra i fondatori di Fratelli d’Italia, dopo averne avuto conferma dai servizi segreti italiani.

Ora “Il Foglio” rende noto che la taglia ammonterebbe a 15 milioni di dollari. Le misure di sicurezza per Crosetto (in copertina) non sarebbero variate né incrementata la scorta.

Ad inizio settimana lo stesso Crosetto aveva dichiarato: “L’aumento esponenziale del fenomeno migratorio che parte dalle coste africane è anche, in misura non indifferente, parte di una strategia chiara di guerra ibrida che la divisione Wagner (mercenari al soldo della Russia) sta attuando, utilizzando il suo peso rilevante in alcuni paesi Africani”.

Non si è fatta attendere la risposta di Yevgeny Prigozhin, meglio noto come “il cuoco di Putin”, oligarca russo imprenditore nel campo dell’alimentazione, che da San Pietroburgo gestisce nel mondo la propaganda del Cremlimo ed è capo dei mercenari della Wagner.

A riprova che i soldi ed il potere non fanno un signore, Prigozhin ha anzitutto indirizzato a Crosetto il pesante insulto russo “Mudak” (ndr. Stronzo). Ha poi dichiarato, affidando le sue parole alla rete russa di bot e minions, diffusa particolarmente in Italia: “Crosetto dovrebbe guardare meno in altre direzioni e occuparsi dei suoi problemi, che probabilmente non è riuscito a risolvere. Noi non siamo al corrente di ciò che sta succedendo con la crisi migratoria, non ce ne occupiamo, abbiamo un sacco di problemi nostri di cui occuparci”.

Yevgeny Prigozhin

Il gruppo Wagner, di stanza in Africa, ora impegnato anzitutto nell’invasione ucraina e nel tentativo di conquista di Bakhmut, nel continente nero ha il compito di destabilizzare a ripetizione Paesi e fomentarne o guerre tribali fratricide o con i Paesi confinanti. Lo scopo ultimo è quello di ottenere che il Paese nel mirino chieda il sostegno militare della Russia nel conflitto scoppiato, che Putin concede, per prima cosa a condizione d’insediarvi un contingente militare russo, corposo e permanente, e poi stringendo accordi commerciali che consentano alla Russia di sfruttare le ricchezze naturali del Paese. Una forma di neocolonialismo basato su alleanze militari forzate, che si scontra in Africa con quello cinese, basato invece su accordi economici e consistenti prestiti a lunga scadenza.

Yevgeny Prigozhin, fondatore della compagnia militare privata al servizio di Putin, non più tardi di domenica scorsa, aveva dichiarato in merito all’invasione in Ucraina che il Cremlino definisce operazione militare speciale che: “Se la Wagner si ritira ora da Bakhmut, l’intero fronte (ndr. russo) crollerà“. Si è poi dichiarato preoccupato che Mosca voglia usarlo come capro espiatorio di una eventuale sconfitta: “Se ci ritiriamo, passeremo per sempre alla storia come persone che hanno fatto il passo principale verso la perdita della guerra”. Per poi lamentarsi delle munizioni insufficienti fornite da Mosca e tornare ad attaccare i vertici delle forze armate russe, accusando il Ministro della Difesa Sergei Shoigu e altri generali di “tradimento” per aver ritardato forniture di munizioni alla sua milizia.

Tutto questo è parte della strategia di Putin del “divide et impera”. Gli odi all’interno dei potenti oligarchi e delle più alte gerarchie militari russe lo rassicurano del saldo mantenimento del potere nel suo Cremlino. E mentre annuncia un nuovo reclutamento di “quattrocentomila nuovi morituri russi” da utilizzare nella sua campagna d’invasione e nella guerra ibrida all’occidente, non perde occasione di preoccuparsi ossessivamente che non possa nascere un suo successore.

Intanto un report dell’Aie (Agenzia internazionale dell’Energia) segnala che le sanzioni occidentali alla Russia hanno ridotto le entrate russe per esportazione di greggio a febbraio del 42%. Con buona pace della propaganda russa in Italia operata anche attraverso testate largamente diffuse che negano ad oltranza l’efficacia delle sanzioni occidentali che “avrebbero arricchito la Russia di Putin”.

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