Un italiano su tre si ‘informa’ solo sui social

Una ricerca del Censis: “Il 55,1% è convinto che il digitale fomenti l’odio, il rancore, la conflittualità”

Gianvito Pugliese

Stamane ho letto e pubblicato un bell’articolo d’attualità, veramente ben scritto, della nostra Cinzia Montedoro, “Meno social ma più socievoli”, un tema delicato affrontato con la dolcezza che solo le donne posseggono e la decisa forza che è un’esclusiva delle mamme. Non è piaggeria, siamo sinceri signori maschi, se i figli li avessimo dovuti partorire noi, da millenni l’umanità si sarebbe estinta, all’homo sapiens di certo non saremmo arrivati. E quanto a delicatezza e dolcezza, avete notato con quale straordinaria abilità una mamma cambia un pannolino. Non so Voi, ma io, quando ho dovuto farlo, ho sudato sette camicie ed ero terrorizzato. Temevo con le mie mani rozze, da maschio, di poter far male alla mia creatura primogenita. Se l’avesse rifatta prima dell’arrivo dei soccorsi, mi sarei potuto anche gettare dal balcone, ed abitavo all’ottavo piano.

Avevo già in programma di trattare il tema dei social, anche se da un’altra angolatura, quella dell’informazione, come deducete facilmente dal titolo. Dopo qualche dato essenziale per introdurre il tema, ad essere sincero anche qualche dato in più torna utile, m’imbarcherò nella consueta chiacchierata che immagino di fare con Voi, care lettrici e lettori, infarcita di ragionamenti ed approfondimenti, quella cosa che trasforma un articolo di cronaca in un editoriale. Ed i ragionamenti di Cinzia Montedoro mi sono stati preziosi.

Passiamo, senza ulteriori indugi, ai dati:

  1. Quattordici milioni e mezzo di italiani utilizzano Facebook, ma non per scambiare saluti e racconti, ma principalmente per avere notizie. Quattro milioni e mezzo, invece, si informano solo attraverso i social network. Nonostante questi numeri o forse proprio in forza degli stessi per l’86,8% degli intervistati le notizie che viaggiano sul web dovrebbero essere sottoposte a regole e controlli “più stringenti”.
  2. Utilizza Facebook come fonte informativa il 30,1% dei 14-80enni, il 41,2% dei laureati, il 33% delle donne. Il 12,6% della popolazione acquisisce informazioni su YouTube (e tra i giovani la quota sale al 18%) e Twitter solo il 3% (5% tra i più giovani). In genere i social sono abbinati ad altre fonti d’informazione, ma -lo abbiamo appena scritto, ma giova sottolinearlo- in 4 milioni e mezzo si informano solo sui social network “e sono particolarmente esposti alle fake news, che finiscono per influenzare la loro visione del mondo e condizionarne le scelte”.
  3. “Se il web durante la pandemia ha consentito agli italiani di costruirsi una nuova quotidianità digitale – spiegano i responsabili dell’Osservatorio – non mancano però gli aspetti contraddittori dell’utilizzo della rete, alcuni dei quali hanno un impatto diretto su informazione e fake news”.
  4. Il 55,1% è convinto che il digitale fomenti l’odio, il rancore, la conflittualità, con quote che arrivano al 58,9% tra le donne e al 58,4% tra gli under 34; il 22,6% ha paura di cadere vittima degli hacker.
  5. Inaspettatamente la pandemia ha scatenato la domanda di informazione a livello globale. E questo è, almeno finora il dato molto positivo. Molti di noi hanno finalmente preso coscienza di vivere il un mondo globalizzato. Il colpo di Stato e la repressione in Myanmar, l’ex-Birmania. non sono solo fatti loro, sono anche fatti nostri, Non che questa cultura sia già largamente diffusa. Ma le lunghe strade si percorrono cominciando a camminare.
  6. Una recente indagine di Eurobarometro scopre che “il 61% dei cittadini europei ritiene che la più attendibile fonte di informazione sui vaccini siano virologi, medici e personale sanitario, ma tra i no vax la quota scende al 32%; il 44% dei cittadini della Ue fa affidamento su quanto comunica l’autorità sanitaria nazionale, mentre tra i no vax la quota è del 12%”. E va avanti: “il 10% di chi non è vaccinato attribuisce fiducia ai siti web per l’informazione sui vaccini e l’8% ai social network contro il 5% della popolazione vaccinata.  Significativo che il 41% di chi ha deciso di non vaccinarsi non giudichi affidabile nessuna fonte informativa“. 
  7. Il 54,2% degli italiani considera positiva la presenza mediatica degli esperti nei vari campi della medicina. Non concorda il restante 45,8%. Virologi, epidemiologi ed infettivologi avrebbero creato confusione per il 34,4% o considerati finanche dannosi, per aver provocato allarme per il residuo 11,4%.
  8.  Il 56,2% degli italiani chiede pene più severe per chi diffonde deliberatamente false notizie. Lo considera urgente per arginare il proliferare di fake news sul web.
  9. Il Covid-19 ha fatto scoprire a molti i vantaggi delle tecnologie digitali. ma anche “i rischi che si annidano in una comunicazione senza filtri, proliferante, disordinata, che ha nel web l’epicentro del pericolo di disinformazione e di circolazione di fake news. L’86,4% del campione sa che per un’informazione di qualità è meglio affidarsi ai quotidiani di carta e online, radio e televisione dove lavorano professionisti, piuttosto che ai social network, dove chiunque è libero di produrre e diffondere le notizie. Non è un caso che il 74,5% degli italiani pensa che la televisione sia molto o abbastanza affidabile, mentre solo il 34,3% giudica affidabili i social network”.  

Chiudiamo le informazioni preliminari con due autorevoli pareri. Per Massimiliano Valeri, direttore generale del Censis: “gli utenti devono essere liberi di navigare sul web, ma bisogna proteggerli da fake news e disinformazione, che impattano sui singoli e sulla collettività. La pandemia ha scatenato un’infodemia comunicativa che ha alimentato anche false informazioni sulla malattia e sui vaccini determinando comportamenti che hanno un impatto decisivo sull’andamento dei contagi. Quanto accaduto rivela che anche sul web sono necessari regole e professionisti per garantire buona comunicazione”. E Attilio Lombardi, founder di Ital Communications: “La pandemia ha plasticamente messo in luce tutti i vantaggi della tecnologia digitale, evidenziando al contempo il pericolo di informarsi sui social network. Il rischio è quello di rifugiarsi in una sorta di spazio chiuso in cui si apprendono notizie solo sulla base delle proprie tendenze e inclinazioni, a scapito della capacità di discernimento rispetto a quello che accade intorno a noi. È, quindi, fondamentale la funzione delle agenzie di comunicazione che svolgono un ruolo di garante della qualità e dell’attendibilità dei flussi informativi, poiché utilizzano canali di produzione e distribuzione delle notizie verificati e di alto profilo”

Ed è Attilio Lombardi, citato or ora a mettere sul piatto della nostra riflessione un fatto di grande importanza. La scelta individuale per cui si “apprendono notizie solo sulla base delle proprie tendenze e inclinazioni“. Sul web è esasperata, ma quanti compravano e comprano i soli giornali, anche più d’uno ma esclusivamente della propria tendenza politica. Vale per chi compra ad esempio La Verità ed il Giornale, ma anche per chi opta per la Repubblica ed IVG (Il Vostro Giornale di Sinistra Italiana), o chi non legge altro che il Fatto quotidiano. Piccola parentesi, una mattina di qualche anno fa, passeggiata fino all’edicola. Prima di me un signore aveva comprato il Fatto quotidiano. Arrivato il mio turno ho chiesto al giornalaio, se ben ricordo, il Corriere della Sera, La Repubblica, un quotidiano locale, il Foglio e il Sole 24 ore. L’acquisto di quest’ultimo “che diffonde tutte le menzogne della Confindustria e dei Poteri forti” fece incazzare a dismisura l’uomo del Fatto quotidiano. Inutile spiegargli che potevo anche non aver scelto il meglio, ma un’informazione, soprattutto per chi poi la trasferisce ai propri lettori, deve essere il più esaustiva possibile. Da un’orecchio entrava e dall’altra usciva, senza lasciar nulla durante il percorso. Il complottismo non è un male di oggi, è storia antica. Chiusa parentesi esplicativa,

L’allarme di Lombardi è suscettibile di estensione a tutto il fenomeno social. Se per errore t’imbatti, o lo fai volutamente per capire meglio, nell’account dei fanatici di questo o quel partito, di questo o quel leader, e li segui un attimo in più, magari tentando di obiettare garbatamente dinanzi ad affermazioni davvero folli, ti accorgi che i talebani, al confronto, sono dei campioni di democrazia e di civiltà. E man mano che allarghi la ricerca scopri che i social funzionano quasi esclusivamente per clan, e non solo i gruppi di appassionati di uno sport, un animale particolare, un genere di pittura o che so io, che legittimamente fanno sul web quello che gli inglesi, da tempo immemorabile facevano, nei loro pub, ma tutti o quasi indistintamente all’affannosa ricerca di tizi che la pensano esattamente come loro. In pratica di condividere con uno o più specchi di se stesso.

Non voglio farla lunga. E’ davvero grave. In mille parti del mondo si combatte per riconquistare libertà e democrazia, cominciando dal combattere il “pensiero unico” che i dittatori di qualsiasi latitudine e longitudine vuole imporre con la forza, la persecuzione, ma anche talvolta blandendo. E larga parte di noi cerca il non confronto, ha perso il piacere del dialogo, che può e deve essere confronto tra idee e uomini (o donne) diversi. Perdendo quel piacere, perdiamo l’umanità, mica due bruscolini.

Quanto alle fake news sono d’accordo con quanto sopra detto ma non del tutto. Certo fidarsi del post di pincopallino è assurdo come pure del blog. che chiunque può aprirsi. E se il privato non ha obbligo di verificare la notizia, il giornalista invece ce l’ha eccome. Ma, se è certamente più affidabile la notizia diffusa da un giornale online, rispetto ad un blog o un gruppo, una pagina o un account personale, poi dipende di chi è, perchè ce ne sono di soggetti affidabilissimi, per esperienza personale i giornali non sono affatto perfetti. Tanto per cambiare “piscis a capite fetet” il pesce puzza dalla testa e se il direttore è una mezza calzetta, il giornale rifletterà la sua personalità. Sarò stato il sfortunato, ma fatto salvo il mio Maestro, il mio primo direttore, ed altri due, una donna ed un uomo, io che di redazioni ne ho viste e frequentate diverse, non ho trovato in tutte le altre niente di che. Anzi, francamente, ho incontrato direttori che era molto meglio perderli che trovarli. Ed i giornali che partorivano erano esattamente come loro, meglio usarli per incartar le cozze e pulire i vetri, che leggerli.

Alla prossima.

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