A Palazzo Chigi, ospiti di Giorgia Meloni, i familiari delle vittime di Cutro.
La premier dev’essere rimasta molto delusa della risposta alla sua domanda se le vittime conoscessero i rischi del viaggio in mare
Gianvito Pugliese
Oggi due i fatti salienti a Palazzo Chigi il Consiglio dei Ministri, che ha detto sì alla riforma fiscale ed al ponte sullo Stretto e l’incontro tra Presidente del Consiglio e parenti delle vittime di Steccato di Cutro.
Scelgo il secondo per due motivi.
Primo: pur essendo stata la legislazione fiscale la mia materia per molti anni, non voglio ripetere i titoli in materia, “chi si loda s’imbroda” ripeteva spesso mio padre, la riforma fiscale è un argomento che richiede un minimo di approfondimento per non lasciarsi andare a considerazioni superficiali e magari sbagliate. Il Ponte sullo Stretto, anche.
Secondo: per profondo rispetto alla memoria delle vittime, pur rifuggendo dall’abusata demagogia che ha caratterizzato la tragedia di Cutro, va data assoluta priorità all’incontro tra la Meloni ed i parenti della vittime..
Rai news 24 titola: Meloni riceve superstiti e parenti delle vittime di Cutro: “Conoscete i rischi delle traversate?” e nell’occhiello si legge: “I migranti sono stati ricevuti in forma riservata dalla premier che, durante l’incontro durato circa un’ora, ha assicurato che la ricerca delle salme proseguirà, incluse quelle presumibilmente imprigionate nel barcone, ancora incagliato”.
L’incontro tra Giorgia Meloni ed i parenti delle vittime si è svolto stamane intorno alle 10,30 a Palazzo Chigi. Presenti “i mediatori culturali” per tradurre da e verso le lingue parlate dai soggetti di etnie diverse. Per il governo presenti anche Antonio Tajani ed Alfredo Mantovano.
Un volo di un C-130 dell’Aeronautica militare atterrato a Ciampino ha portato una trentina di parenti (tanti erano stati selezionati) dalla Calabria a Roma. Di lì un pullman della Polizia (in copertina) ha provveduto al trasporto alla sede del governo. Dopo un’ora circa di colloquio, “in forma privata” a porte chiuse nella Sala verde, gli ospiti hanno intrapreso il percorso inverso per essere riportati in Calabria.
Dai resoconti di Palazzo Chigi si apprende che gli ospiti chiedono che si continuino a cercare i corpi non ancora restituiti dal mare, molti dei quali probabilmente incagliati nei resti dei caicco affondato in profondità. La Meloni assume l’impegno dopo aver ricordato loro di essere madre di una bimba di sei anni e, dunque, di comprendere e condividere appieno il loro dolore. I familiari chiedono poi che sia permesso ai superstiti di raggiungere i parenti disseminati in vari Paesi europei ricongiungendosi alle famiglie. La Meloni assicura il proprio interessamento, ma aggiunge che non può assumere impegni precisi: “Non posso farlo a nome di altri Paesi”.
Poi formula una domanda che, per evidenti ragioni, le sta particolarmente a cuore. Una risposta negativa, infatti, avrebbe in qualche misura avvallato le orrende frasi pronunciate dal ministro dell’interno Piantedosi, appena al cospetto delle prime vittime del naufragio, la cui responsabilità attribuisce ai genitori delle vittime, molti dei quali vittime a loro volta, “per aver esposto i propri figli ad un viaggio pieno di pericoli”.
Non deve esserle piaciuta la risposta. La risposta arriva, infatti, da un gruppo di afghani: “Loro sono stati abbandonati in un Paese dove non si può vivere, dal quale è naturale desiderare fuggire“.
Per quanto, manifestamente sfumata, la risposta è chiara. Piuttosto che restare a vivere dove la vita è inferno, meglio rischiare la morte tutto in una volta, che quella somministrata a piccole e grandi dosi con orrende crudeltà quotidiane inenarrabili.
Il clima viene descritto come disteso, tanto da dare luogo a qualche selfie.
Tocca alla magistratura ora dirci la sua verità sulla ricostruzione di quei tragici eventi e se vi furono colpe od omissioni. A tal proposito, per completezza d’informazione aggiungiamo che la Procura di Roma ha trasmesso “per competenza territoriale ai colleghi di Crotone l’incartamento relativo all’esposto presentato nei giorni scorsi dai parlamentari Ilaria Cucchi, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, in cui si chiedeva di valutare eventuali responsabilità ministeriali nella macchina dei soccorsi in relazione al naufragio di Cutro”.
Ma la verità giudiziale non è l’unica esistente. Le inchieste giornalistiche molto spesso sono quelle che mettono gli inquirenti sulla pista giusta. Ed in fatti gravi, come quelli di Cutro, che piaccia o no, alcune ombre non ha minimamente dipanato, non possono essere messe a tacere o svilite ad “attacchi partigiani”. Tanto senza togliere nulla a nessuno.
Resta preoccupante che si voglia far ricadere tutta la colpa di quel truce fenomeno delinquenziale dell’attività d’immigrazione clandestina sugli scafisti, spesso migranti che in cambio di stare al timone dell’imbarcazione ottengono un passaggio gratuito o solo scontato. E come ridurre lo spaccio di stupefacenti ai soliti pusher, delinquenti sia chiaro, ma mere pedine facilmente sostituibili e far finta di non vedere o non voler vedere chi tira le fila di quelle attività criminali.
Capisco tutte le difficoltà di incastrare certi personaggi, ma il Governo italiano ha appena stipulato accordi col governo libico e col loro ministro degli interni, notoriamente capo di una falange armata che gestisce dai lager libici, spacciati come centri di accoglienza, al traffico di clandestini dalla Libia all’Europa, a quegli equipaggi di pirati che vengono definiti Guardia costiera libica, nonché altre innumerevoli attività illegali. Il personaggio à stato appena fermato all’aeroporto internazionale Charles De Gaulle di Parigi con una valigia contenente mezzo milione di euro in contanti di cui non ha saputo o, meglio, voluto spiegare la provenienza. Ovviamente, rilasciato dopo l’intervento della diplomazia libica. Per una volta la colpa ricade su Macron e non su di noi italiani. Voglio vedere come farà quello sfortunato giudice francese, titolare dell’inchiesta, ad interrogare l’indagato. Per la rotta balcanica non è che siano ignoti i veri trafficanti turchi di esseri umani.
La domanda nasce spontanea, come si diceva in una nota trasmissione televisiva: ma l’Italia di Giorgia Meloni i capi dell’immigrazione clandestina vuole indagarli, condannarli e magari pure incarcerare (anche se ci vorrebbe una guerra per ottenerne l’estradizione) o vogliamo farci insieme solo affari, imitando le tre scimmie: non vedo, non sento e (di questo) non parlo? Non servono le risposte verbali, sono i fatti che contano e solo su quelli sarà giusto giudicare e, di conseguenza, lodare o condannare.
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