Calenda al congresso di Azione

Sogna Azione al 20%. No a Fdi e M5s, invito a Pd-Fi-Iv:”Polo riformista è vostro campo”

Gianvito Pugliese

Io non sono un leader carismatico, siamo liberali”,non c’è problema se nascono le correnti”, “la mia leadership è contendibile e spero che al prossimo congresso ci sia una donna che mi cacci”. Carlo Calenda, nominato segretario di Azione, chiude con queste affermazioni il primo congresso del partito. E lo fa senza urlare, quasi a bassa voce. Non usa il crescendo rossiniano da leader carismatico. Ha chiarito di non esserlo.
Battute e slogan a parte, l’obiettivo è costruire “il terzo polo del riformismo e della cultura di governo” per arginare “populismo e sovranismo”. La voce si alza leggermente quando parla della questione meridionale (“Il meridione è ridotto come è ridotto perché abbiamo votato politici scadenti”), della democrazia rappresentativa (“Vorrei dire a Draghi che la sfida non è fare scelte popolari, ma far diventare popolari scelte giuste”), della giustizia, del sistema dell’informazione (“i media così come sono, sono una delle cause del crollo della democrazia italiana”).

E già qui qualche osservazione ci nasce spontanea. Mettiamo da parte gli slogan iniziali, sono slogan e come tali vanno considerati, ma non è accettabile “Il meridione è ridotto come è ridotto perché abbiamo votato politici scadenti”. Calenda, mi chiedo. a meno che non sia stato colpito da demenza senile molto precoce, come ha potuto dimenticare che i parlamentari se li sceglie il segretario del partito e che, il popolo sovrano, è sovrano solo di non andare alle urne, ed infatti alle suppletive a Roma l’assenteismo ha sfiorato il 90%? Se poi si riferisce agli amministratori locali, ma non è chiaro, sembra dimenticare che i criteri di ripartizione dei fabbisogni minimi suggeriti dall’Istat furono segretati dal tandem Berlusconi-Calderoli per sostituirli con la spesa storica, mai cambiata. Uno scippo miliardario al sud ad opera della locomotiva e dei vagoncini di testa del treno Italia. E se quando non hai asili, o altro, non puoi avere i soldi per costruirli, mentre chi ne ha a sufficienza può implementarli con fondi appositi, al sud, caro Calenda non ci vogliono buoni amministratori, ma Santi che compiano miracoli con qualche passaggio aggiuntivo di Gesù Cristo che oltre a moltiplicare pani e pesci, moltiplichi tutto quello che manca. D’accordo è più facile dire il poco che c’è.

Poi ci sono le alleanze. Il campo largo di Enrico Letta? Matteo Richetti, neo presidente di Azione, vuole, invece un “campo chiaro” dove “non cresca la gramigna” dialogando con forze “europeiste e democratico liberali”.
Impossibile farlo, risponde Calenda “con Fratelli d’Italia e Movimento Cinquestelle” realizzabile invece “con Pd e Forza Italia” ma “basta sceneggiate che prima del voto ci picchiamo e poi ci baciamo perchè la gente non lo capisce”.

Questo è il vostro campo, quello dove siamo noi” dice Calenda a Letta e agli azzurri, invitandoli a non ascoltare le sirene del grillismo e quelle della destra non europeista.

Lo avevamo già scritto, no per Calenda a Fratelli d”Italia e Movimento Cinque Stelle. Continuo a nutrire dubbi: è la Lega, antieuropeista e populista dove la colloca? Ma come i pentastellati, dove parecchi si salvano, no e leghisti si? O ha vistosamente dimenticato o a coerenza sta a zero.
Quanto a Renzi? Calenda da il “Benvenuto” anche a lui, ma deve chiarire: “A Matteo Renzi, che per me è stato il miglior presidente del Consiglio dopo De Gasperi, chiedo se vuol fare politica o vuole fare business, possiamo stare insieme se la smetti con comportamenti che negano i valori che hai portato avanti: non è possibile che un eletto al Parlamento italiano, pagato dai cittadini, sia pagato da uno stato estero”.

Capisco che Renzi premier fece ministro Calenda e lui lo guardi con un’occhio particolare, ma secondo solo a De Gasperi, l’uomo del #enricostaisereno? Non si può sentire.

Intende procedere per la via intrapresa, il polo riformista con la federazione con Più Europa. Con Emma Bonino, “non saranno tutte e rose e fiori ma ci possono essere anche cose bellissime”.

Chiuso il primo congresso del partito Calenda si avvia verso il suo tour per l’Italia di un anno in vista delle politiche 2023 col sogno di portare Azione “al 20% per poi lasciarla” a chi conquisterà la leaderhip. “Magari una donna (competente)”. E qui mi pare, ma forse sono assai maligno, voler blandire la Bonino. Dalle loro parti non ne vedo altre.

La federazione Azione e più Europa è al 4,2%. Decisamente in calo e da quando si sono uniti hanno perso oltre un punto e mezzo, praticamente -20%. Non è lo stesso 20 % che sogna Calenda, ma i sogni sono sogni e la dura realtà altra cosa.

Giusto che un politico viva il sogno di migliorare il Paese e sulla buona fede di Calenda non sono ammissibili dubbi, ma mezzi e uomini per farlo non li vedo nel progetto Calenda. Sono miope io? Lo spero per lui, ma di solito ci vedo anche troppo bene.

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