Conte: “Chi rinnega il Movimento vada via ma non rompa le scatole”
Post su Facebook dell’ex premier. Con due domandine in aggiunta.
La redazione
Questo il titolo che askanews, l’ottima agenzia di stampa italiana, dedica ad un post di Conte, che così sintetizza: “Quando persone che hanno avuto tutto dal Movimento e sono arrivate dove sono grazie ai principi e alle regole del Movimento – diventando ministri, capigruppo, sottosegretari – decidono di rinnegare tutto questo, potrebbero agire quantomeno con discrezione. Ci risparmino i tentativi di nobilitare questi loro mutamenti di rotta. Ci risparmino le lacrime di coccodrillo, le giustificazioni ipocrite, le prediche farisaiche. Possibile che non si accorgano del sentimento di tristezza che suscitano quando – strana coincidenza – per giustificare il loro tradimento con gli elettori ci riversano addosso i medesimi veleni e le medesime accuse che i nostri avversari ci rivolgono da tempo, i luoghi comuni che il mainstream utilizza per depotenziare la nostra azione politica? Che vadano liberi, in pace, a cercarsi una nuova collocazione. Ma non ci rompano le scatole”. Così su Facebook il leader M5S Giuseppe Conte.
Una sintesi molto abbreviata, senza commenti, su un post di un Conte irriconoscibile, che improvvisamente sembra aver scoperto l’efficacia del linguaggio del garante, misto a quello del leader della Lega, come segno distintivo del rinnovato partito, pardon Movimento. Per chi fosse interessato ad approfondire la filippica dell’avvocato del popolo (se italiano o russo non lo abbiamo capito) ecco qui il post:
e qui di seguito la trascrizione integrale, buona lettura:
“Oggi vi annoio con una riflessione un po’ lunga, ma necessaria. Una riflessione dedicata a coloro che, avuta conferma della regola dei due mandati, come da impegni presi con gli elettori, si stanno industriando per trovare nuove collocazioni politiche. Ma soprattutto a coloro che, al contrario, hanno deciso di restare al nostro fianco per continuare a difendere i nostri principi, i nostri valori. Il Movimento 5 Stelle ha regole che sfidano la natura umana. Prendiamo la regola dei due mandati. Nasce da una grande intuizione: chi entra in politica rischia, con il trascorrere del tempo, di perdere di vista la ragione del suo impegno, che è quello di essere “portavoce” dei cittadini e di difendere i loro interessi. Si succedono le legislature e finisce che ti senti a tuo agio nelle istituzioni, inizi a muoverti sicuro tra regolamenti e commessi che ti sorridono solerti, coltivi rapporti di amicizia anche con esponenti di altri partiti. Inizi a convincerti che quello è il tuo mondo e che sarebbe una vera ingiustizia se ti costringessero a lasciarlo. Quando scatta questo convincimento la politica degenera: il concetto di “rappresentanza” sparisce sullo sfondo, il tornaconto personale viene scambiato per bene comune, la garanzia della propria permanenza diventa più importante della difesa degli interessi degli elettori.La regola dei due mandati è un monito e un impegno. Un “monito” perché chi lavora con il Movimento è costantemente invitato a tenere presente che l’incarico che ha avuto non può diventare mestiere di vita. Un “impegno” perché il Movimento, attraverso la rotazione delle cariche elettive, offre ai propri elettori maggiori garanzie – rispetto alle altre forze politiche – che i portavoce intenderanno la politica come un servizio per i cittadini piuttosto che un’assicurazione per il proprio futuro professionale. La regola ha qualche controindicazione. Perché privarsi delle esperienze e delle competenze maturate da portavoce che si sono particolarmente distinti e hanno operato, come nel nostro caso, in modo particolarmente efficace, realizzando riforme che il nostro Paese non si è mai neppure sognato nei decenni scorsi? Che senso ha mandare a casa gli onorevoli, anzi “onorevolissimi” portavoce del Movimento che: a) hanno contribuito, con il Superbonus 110%, a “un risultato fantasmagorico” che consente all’Italia di marciare “come pil al di sopra della Germania”, b) che con il PNRR sono riusciti a ottenere per la prima volta nella storia europea la “mutualizzazione del debito a Bruxelles” ricavando “la fetta maggiore per l’Italia”; c) che “hanno ridotto di un terzo il numero dei parlamentari, facendosi confermare l’unica vera riforma costituzionale andata in porto in decenni e decenni da un referendum plebiscitario”; d) che con il Rdc hanno realizzato una “riforma efficace dell’assistenza pubblica in tempi calamitosi, riducendo un tasso di povertà che pare sia davvero troppo alto, nonostante la fuga generalizzata dal lavoro” (così Giuliano Ferrara sul “Foglio” del 30.7.2022, che certo non può essere accusato di tenerezze nei confronti del Movimento).E potremmo aggiungere, ancora, tante altre misure epocali, quali la legge anticorruzione, il blocco dei licenziamenti che ha consentito la tenuta del sistema economico e ha favorito la subitanea ripresa al 6.6 del Pil nel 2021.Se dovessimo graduare l’operato dei parlamentari sulla base dell’efficacia dell’azione politica, della corrispondenza tra gli impegni assunti in campagna elettorale e risultati ottenuti, i parlamentari che sono rimasti nel Movimento dovrebbero essere confermati tutti, in blocco. Ma purtroppo la democrazia rappresentativa non conosce questo metro di giudizio. La libertà di voto dei cittadini che è sacra, comporta che forze politiche che hanno realizzato i loro impegni riformando il Paese partecipino alla competizione elettorale sullo stesso piano di forze politiche che hanno mantenuto poco o nulla degli impegni presi e che, se mai, continuano a fare da anni promesse mirabolanti senza mai averle realizzate. A questo inconveniente, però, ovvieremo trovando le forme e i modi per valorizzare il patrimonio di competenze ed esperienze dei portavoce che durante questa legislatura hanno contribuito a fare del Movimento una “vera, notevole forza riformatrice” (è sempre Giuliano Ferrara che parla).Un’ultima considerazione. Non è facile accettare questa regola che va contro la natura umana. È difficile mantenere la parola data e seguire un percorso di coerenza. Bisogna essere spiriti forti, nutrirsi costantemente dei propri ideali, avere una visione che si mantenga alta sui principi e non scada nella bassa corte degli affari personali. E, tuttavia, quando persone che hanno avuto tutto dal Movimento e sono arrivate dove sono grazie ai principi e alle regole del Movimento – diventando ministri, capigruppo, sottosegretari – decidono di rinnegare tutto questo, potrebbero agire quantomeno con discrezione.Ci risparmino i tentativi di nobilitare questi loro mutamenti di rotta.Ci risparmino le lacrime di coccodrillo, le giustificazioni ipocrite, le prediche farisaiche. Possibile che non si accorgano del sentimento di tristezza che suscitano quando – strana coincidenza – per giustificare il loro tradimento con gli elettori ci riversano addosso i medesimi veleni e le medesime accuse che i nostri avversari ci rivolgono da tempo, i luoghi comuni che il mainstream utilizza per depotenziare la nostra azione politica? Che vadano liberi, in pace, a cercarsi una nuova collocazione. Ma non ci rompano le scatole.”
Noi però una domanda a Lei e, suo tramite a Beppe Grillo dobbiamo farla, anche se scommettiamo che non avrà risposta, per motivi evidenti: “Ma come mai i “cittadini”, cioè gli iscritti al movimento non sono stati consultati attraverso la nuova piattaforma del M5s, né quando avete deciso di sfiduciare il governo Draghi (non ci racconti, per cortesia, che non votare la fiducia è diverso dallo “sfiduciare”), né quando avete deciso di confermare la regola dei due mandati. Per gli atti fondamentali per la vita del Movimento, niente consultazione. Qualche dubbio sulla democraticità della sua gestione ci consentirà di nutrirlo. E temiamo che la base del movimento, al quale assai spesso abbiamo dato fiducia, la pensi come noi. Scanzo equivoci, componenti della nostra redazione iscritti al Movimento confermano; “Consultazioni zero”,
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