Il caffè con il lettore
Conte o Meloni, chi dei due si è infilato in un cul de sac?
Gianvito Pugliese
Carissimi/e graditissimi/e ospiti del caffè, oggi ci sarebbe da parlare dell’argomento, secondo me del giorno, e cioè di un piano di Putin per attaccare a breve l’Unione europea, ed in tal modo la Nato. Un argomento che mi chiama in ballo in prima persona. Fu il nostro giornale, ovviamente ignorato dai salomoni della grande stampa nazionale, ad anticipare diverso tempo fa sia le mire di Putin, svelate da Medvedev. che il legame di subalternità di Trump a Putin, svelato dall’ex agente Kgb, Yuri Shvets..
Io la tratterei. urgenza di altre notizie permettendo, domattina ed oggi mi concentrerei sulla vicenda che parte dalle affermazione in Aula della Meloni su Conte e Di Maio in merito al Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Di Maio si sfila elegantemente, ma la Meloni e Conte, fino a poco fa alleati occulti, si scannano reciprocamente dandosi dell’ “infame bugiardo/a” l’una con l’altro. Sbaglierò ma non mi sembra una faccenda destinata al silenzio e l’oblio. Chi dei due rimane nella rete è destinato a finire fritto in padella come i pesciolini appena pescati, freschi di paranza.
Ripetendo una vecchia battuta, invero trita e ritrita, e la frittura di paranza, più il trito e ritrito (aglio e prezzemolo) mi fanno venire una voglia matta, “si sono infilati in un cul de sac e, per uscirne di vorrà un sac de cul”.
Il Giornale si scatena nell’articolo di Marco Leardi: “Hanno telefonato a Di Maio”. L’indiscrezione sui 5s imbarazza Conte.
L’imbarazzo non l’ho capito, sono io poco dotato evidentemente. Di Maio, che ha ricevuto una telefonata da un alto dirigente pentastellato, si è elegantemente tirato fuori, con “io ora mi occupo di altro e non entro nelle beghe nazionali da bassa politica” questo, parafrasato, il succo del suo niet.
Conte afferma, e chi può smentirlo, di non essere a conoscenza di quella telefonata. E se pure invece l’avesse saputo cosa cambia?
Il Giornale, se non fa il giustizialista nei confronti di chiunque non sia al governo di destra, evidentemente sta male. Non c’è altra spiegazione. Da per scontata e provata l’accusa, rivolta in Aula dalla Meloni a Conte e Di Maio, “di aver autorizzato la ratifica delle modifiche al Trattato –ndr. il Mes- senza averci messo la faccia”. Aggiugendo “Capisco il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce“. Ed a supporto dell’accusa sventolava la copia di un fax non meglio precisato. Prova principe, sostiene chi come me non l’ha visto e non ne sa in proposito nulla di più.
Conte è drastico, lo descrive lo stesso Giornale: “Vorrei però chiarire che il Movimento non cerca nessuna sponda e non ha bisogno di nessuna prova testimoniale per la semplice ragione che gli atti compiuti, a partire dal confronto parlamentare, sono tutti corredati da puntuali prove documentali. E questi documenti inchiodano Meloni dimostrando che ha mentito al Paese“.
Poi parte la difesa di ufficio, come tale di solito scadente, dell’inqulina di Palazzo Chigi. Conte, “infervorandosi in modo plateale – aveva persino avanzato la delirante richiesta di istituire un giurì d’onore per “accertare le menzogne denigratorie del presidente del Consiglio Giorgia Meloni” in Aula sul Mes“. Delirante. e perché? E’ stato accusato di qualcosa che ritiene falsa e pensa di avvalersi dei mezzi previsti dai regolamenti parlamentari per risolvere una controversia che lo vede accusato di cose che ritiene inesistenti o non commesse.
Io francamente nel discorso di Conte noto e avrei evidenziato una nota stonata. Quel “non cerca nessuna sponda” se lo poteva evitare. Da un lato mostra apertamente livore nei confronti di Di Maio, un capitolo che sarebbe meglio chiudere perché il duo Conte-Grillo non ne esce bene. Ci riposta, infatti, allo sgambetto dell’avvocato del popolo a Mario Draghi, che molti sostengono essere stato ordinato all’avvocato dauno dall’ambasciatore russo, quello che poi ha dovuto lasciare Roma alla chetichella, mentre girava voce di un’accusa di spionaggio nei suoi confronti.
E poi Conte, visto che Di Maio ha riconosciuto di aver ricevuto la telefonata e di aver risposto di non essere disponibile ad essere coinvolto in beghe da cortile, dichiarando di esserne all’oscuro, ha confessato di non controllare le iniziative del movimento il che non è certo gratificante per un vero leader. Ma, in fondo, Conte non lo è mai stato.
Se fossimo in un Paese serio ed avessimo una stampa degna di quel nome, mi riferisco alla stampa inglese o a quella, anche più dura col potere politico, dei Paesi scandinavi, sarebbero i media a chiedere e spingere per un giurì d’onore, affinché il perdente, “cioè il bugiardo” sia costretto ad andare a casa. Ma da noi “il super bugiardo” di turno ottiene il top di voti, grazie al un popolo sovrano che si fa impernacchiare da promesse elettorali e non bada minimamente alla realizzabilità delle stesse. E votando così, vincono sempre i ciarlatani e poi il debito pubblico cresce ed il Paese cala di credibilità fino a toccare il fondo.
E se qualcuno crede che io sia contento di dover fare queste affermazioni non ha capito nulla. A modo mio sono un Patriota e come tale ritengo che denunziare le cose che non vanno sia essenziale per il Paese. Nascondere l’immondizia sotto il tappeto non ha mai fatto bene ad alcuno, alla lunga anche all’occultatore dei rifiuti.
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Il Giornale
“Hanno telefonato a Di Maio”. L’indiscrezione sui 5s imbarazza Conte
“Onestamente non mi risulta nessuna telefonata“. Giuseppe Conte fa lo gnorri. Intercettato dall’Ansa, l’ex premier ha fatto il vago sull’indiscrezione – riportata da Repubblica – di una telefonata dei Cinque Stelle a Luigi Di Maio per sondare un possibile gioco di sponda sul Mes dopo l’affondo di Giorgia Meloni al presidente del Movimento. Secondo il quotidiano, infatti, i grillini avrebbero nei giorni scorsi cercato Giggino per capire come replicare alle bacchettate che il premier aveva rivolto ai 5s e allo stesso Di Maio proprio sul Meccanismo europeo di stabilità.
Mostrando in Aula un fax, Meloni aveva accusato Conte e Di Maio di aver autorizzato la ratifica delle modifiche al Trattato senza averci messo la faccia. “Capisco il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce“, aveva scandito. Ebbene, secondo Repubblica un altissimo dirigente del partito grillino si darebbe messo in contatto proprio con Di Maio per capire come uscire da quell’impasse contando sulla sua eventuale disponibilità per un ipotetico gioco di sponda. Interpellato sulla circostanza, tuttavia, Conte ha di fatto affermato di non saperne nulla.
“Vorrei però chiarire che il Movimento non cerca nessuna sponda e non ha bisogno di nessuna prova testimoniale per la semplice ragione che gli atti compiuti, a partire dal confronto parlamentare, sono tutti corredati da puntuali prove documentali. E questi documenti inchiodano Meloni dimostrando che ha mentito al Paese“, ha replicato stizzito il leader del Movimento, che nei giorni scorsi – infervorandosi in modo plateale – aveva persino avanzato la delirante richiesta di istituire un giurì d’onore per “accertare le menzogne denigratorie del presidente del Consiglio Giorgia Meloni” in Aula sul Mes.
Eppure, raggiunto telefonicamente sempre dall’Ansa, Luigi Di Maio non ha affatto smentito di essere stato cercato dai pentastellati. E questo alla faccia delle più indeterminate dichiarazioni di Conte. Piuttosto, l’ex esponente 5s si è premurato di defilarsi dalla questione. “Se mi cercano ex colleghi del M5S? Non è una polemica che mi riguarda. Chi mi ha chiamato nei giorni delle dichiarazioni in aula del premier Meloni, è libero di dirlo se vuole“, ha commentato Di Maio, oggi inviato dell’Ue per il Golfo Persico. Ribadendo la sua posizione a favore del Mes, l’ex capo politico del Movimento ha aggiunto: “Non ho nessuna intenzione di farmi trascinare in giochetti politici. Voglio precisare che ho saputo della richiesta di un giurì d’onore dalla stampa come ogni altro cittadino italiano“
Senza scomodare i retroscena, Conte aveva mostrato un chiaro fastidio per quelle bordate e non a caso nel periodo pre-natalizio il leader pentastellato aveva avviato una comunicazione aggressiva e irriverente nei confronti del premier. Nonostante quei tentativi di smarcarsi dalle critiche, proprio nelle ultime ore l’ex avvocato del popolo è tornato a far discutere per una piccatissima lettera a Repubblica scritta in risposta a un articolo del giornalista Stefano Cappellini proprio in riferimento alla posizione pentastellata sul Mes. Quella reazione ha però scatenato reazioni contrariate anche all’interno della stessa sinistra.