La coesione granitica della maggioranza
La Guardia Costiera polverizza l’unità d’intenti tra Lega e Fratelli d’Italia. Tra Salvini e Meloni (in copertina) guerra aperta sulle deleghe dei ministeri.
Gianvito Pugliese
La luna di miele è durata pochissimo, neanche un terzo dei classici 100 giorni, quelli entro cui tutti i governi, appena insediati, promettono all’elettorato che riusciranno a cambiare il mondo. Salvini ha incartato per la Lega dalla Meloni, unica vera vincitrice delle elezioni, un aiuto prezioso per ottenere un numero congruo ed esponenziale di parlamentari. In fondo la Lega e Forza Italia avevano ottenuto percentuali molto vicine, con uno scarto minimo tra loro, ma grazie al gioco di rinunzie da parte di chi aveva vinto in più collegi. la Lega si è ritrovata con 66 deputati, mentre Forza Italia con 44 (esattamente un terzo in meno) ed al Senato la Lega con 29 seggi contro i 18 di Forza Italia (più di un terzo in meno). In entrambi i rami del parlamento con 118 deputati e 63 senatori da soli Fratelli d’Italia pesano parecchio più del 50% della coalizione.
Dopo un momento iniziale di cinguettii amorosi tra Meloni e Salvini, in senso ovviamente politico, la corda si è tesa improvvisamente. La Meloni mal aveva digerito il trattamento riservato da Silvio Berlusconi al suo candidato Presidente del Senato La Russa, che aveva provato a stemperare la stizza del leader di Forza Italia per la mancata nomina di Licia Ronzulli a Ministro di qualcosa. Quel vaffa… del Cavaliere in Senato all’indirizzo di La Russa, seguito da un appunto autografo di invettive nei confronti della Meloni, mostrato volutamente a teleobiettivi e telecamere, rimarranno nella storia ed i rapporti si sono rasserenati tra i due solo in apparenza. Ora la Meloni dimostra di mal sopportare l’eccessivo attivismo, al limite dello sfrenato, di Salvini. che peraltro non è scevro da gaffe pesanti.
Ora però lo scontro è divenuto aperto e non più sotterraneo e concerne, le competenze del Salvini in quanto ministro dei Trasporti e Infrastrutture.
Il casus belli, sostiene a ragione Il Foglio, è la Guardia Costiera che il segretario della Lega rivendica come sua competenza, per rafforzare l’asse col Viminale dove opera l’ormai ‘suo’ ministro Matteo Piantedosi. Un modo chiaro per gestire in esclusiva la materia degli degli sbarchi e dell’immigrazione, cavallo di battaglia del Capitano (ancora non ho capito di cosa?), per la quale è sotto processo in primo grado a Palermo, imputato di sequestro di persona ed omissione di atti d’ufficio.
Il Vicepremier Salvini ha dichiarato apertamente in audizione al Senato a proposito del suo Dicastero: “Il corpo delle capitanerie di Porto-Guardia Costiera è alle dipendenze del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture”.
Opinione non condivisa in Consiglio dei Ministri. Fratelli d’Italia osserva che la competenza sulla Guardia Costiera spetta a Guido Crosetto, in quanto ministro della Difesa. L’articolo 132 del Codice Civile Militare, aggiungono, recita: “Il Corpo delle capitanerie di porto dipende dalla Marina militare, concorre alla difesa marittima e costiera, ai servizi ausiliari e logistici della Forza armata”.
C’è chi scrive, ironizzando, che nel Cdm si gioca alla ‘battaglia navale’ mentre le scadenze del Pnrr incombono e tutto sembra, appunto, in alto mare. Per la Meloni, al momento di formare il governo, la competenza sulla Guardia Costiera era da attribuire al ministro per la Protezione civile e per le Politiche del mare Nello Musumeci.
Tutto faceva pensare che al Dicastero dell’ex governatore siciliano sarebbe spettata la competenza sulla Guardia Costiera, ma Salvini con azioni di forza lo ha di fatto esautorato.
Ma ora la battaglia si fa dura e con Crosetto, Salvini trova ben altro ostacolo che non Musumeci, indebolito dalla mancata ricandidatura a Governatore siculo. Ed ora la Meloni, dopo aver molto dato in termini di seggi parlamentari, sta richiudendo le porte della stalla per contenere la classica fuga dei buoi.
La gestione del Pnrr è andata al suo fedelissimo e capacissimo Raffaele Fitto, senza dubbio uno dei pochi cavalli di razza in Fratelli d’Italia, ridimensionando di fatto le competenze del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Sull’energia scontro in atto tra Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ed forzista Gilberto Pichetto Fratin, che tra gaffe e uscite fuori luogo, di questa settimana appare chiaramente perdente.
Così mentre nel centrosinistra sembra di assistere alla scena dei capponi di Renzo (ndr. Tramaglino) che si beccavano furiosamente tra loro, non sapendo che presto sarebbero finiti tutti e due in pentola, con Calenda che dall’opposizione non propone emendamenti in Parlamento, ma li espone alla Meloni nel suo studio privato, e -guarda la combinazione- lo stesso giorno il Guardasigilli Nordio manda gli ispettori del ministero ad indagare sui Pm che stanno processando Renzi per i fondi di Open, con Conte che da quando sembra abbia avuto un incontro riservato a Roma con l’Ambasciatore russo, ha scoperto che maggioranza e opposizione parlamentare italiana è fatta solo di guerrafondai, con i partitini di sinistra, che vanno dallo zero virgola qualcosa al due per cento scarso, che sentenziano su tutto e tutti pretendendo ascolto, e con le disastrose e fameliche correnti piddine che si preparano all’operazione “mimetismo camaleontico” per rispuntare più forti e allupate di prima, appena eletto il nuovo segretario. Distrutto Letta, che non è stato capace di domarle, ora si apprestano a celebrare il sacrificio umano della prossima vittima sacrificale. Tutti contro tutti nell’opposizione, che rappresenta la maggioranza del Paese, ma divisa conta quanto il due di picche, e questo è il vero unico motivo di consolazione della Meloni, che in realtà governerebbe senza opposizione se non ci fossero il gatto e la volpe e proprio dentro casa.
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